Il pentito Moscato, le bische, l’usura ed il traffico di cocaina
La deposizione a Vibo del collaboratore nel processo “Pinocchio”, il ruolo dei Piscopisani nel narcotraffico ed i milioni di euro lasciati dal broker Vincenzo Barbieri
Assenti ancora una volta due testi che dovevano essere messi a confronto in aula a Vibo con il testimone di giustizia, Michele Tramontana (assistito dall’avvocato Giovanna Fronte), il falegname di Rombiolo che, grazie alle sue dichiarazioni, ha fatto scattare nel marzo 2009 l’operazione denominata “Pinocchio” con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Il confronto dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia è stato così rinviato al 6 novembre prossimo.
Sotto processo per il reato di usura sono imputati: Roberto Cuturello, 52 anni, di Limbadi; Raffaele Gallizzi, 45 anni, di Motta Filocastro, frazione di Limbadi; Pantaleone Rizzo, 41 anni, residente a Novara; Giorgio Galiano, 43 anni, di Vibo Valentia; Raffaele Lentini, 62 anni, di Vena di Ionadi; Michele Marturano, 44 anni, residente a Roma. [Continua]
La deposizione di Raffaele Moscato. Il collaboratore di giustizia, assistito dall’avvocato Annalisa Pisano ed ascoltato nel corso dell’udienza, ha invece chiamato in causa gli imputati Raffaele Lentini e Giorgio Galiano. Il primo avrebbe preso parte, da giocatore, alle bische gestite da Rosario Battaglia, uno dei vertici del clan dei Piscopisani. In pratica Lentini – ad avviso di Moscato – cambiando assegni ai giocatori avrebbe prestato denaro ad usura a coloro che perdevano nelle bische. Moscato ha quindi indicato Lentini come vicino al clan Mancuso.
Giorgio Galiano, invece – ex genero del broker della cocaina, Vincenzo Barbieri, ucciso in un agguato nel marzo 2011 – avrebbe intrattenuto contatti e rapporti con il clan dei Piscopisani per il traffico di cocaina e, secondo Moscato, avrebbe anche lui praticato usura.
I verbali di Raffaele Moscato. E’ tuttavia dai verbali di Raffaele Moscato resi nel 2015 all’allora pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo (oggi procuratore di Vibo) e solo in minima parte sinora conosciuti (più di 500 pagine di dichiarazioni), che si ricavano i particolari più interessanti. Verbali depositati proprio nel processo per usura in corso a Vibo. Un vero e proprio asse avrebbe infatti legato per anni il clan dei Piscopisani al gruppo del broker internazionale della cocaina, Vincenzo Barbieri, uno dei massimi importatori in Europa di polvere bianca dal Sudamerica. Ucciso nel marzo del 2011 (omicidio rimasto ad oggi impunito nonostante gli ottimi spunti investigativi contenuti nell’inchiesta “Golden Jail” della Squadra Mobile di Bologna) nella “sua” San Calogero a colpi d’arma da fuoco, Vincenzo Barbieri avrebbe lasciato un patrimonio milionario, soldi in contanti frutto dei traffici di cocaina che, solo in minima parte, sono stati intercettati e sequestrati dagli inquirenti a San Marino in quanto depositati nella banca “Credito Sammarinese”, poi travolta dallo scandalo. Il resto dei soldi – in parte nascosti sotto terra, per come emerso nell’inchiesta “Decollo money” – non sono mai stati trovati e varie sono state sinora le ipotesi investigative formulate dagli inquirenti.
Moscato e i soldi investiti nella cocaina. “Con il gruppo dei Piscopisani – dichiara a verbale il collaboratore di giustizia – partecipavamo agli acquisti di sostanza stupefacente che veniva importata da Vincenzo Barbieri. Ricordo che in più occasioni abbiamo perso i soldi perché si perdevano i carichi. Ultimamente su 100mila euro che avevamo messo, ne abbiamo recuperati 80mila che ci sono stati dati da Giorgio Galiano. Gli altri 20mila euro ancora ce li dovevano dare”.
I soldi di Barbieri. Il clan dei Piscopisani, quindi, sino al 2010-2011 avrebbe investito i propri guadagni nel traffico di cocaina, affidandosi a Vincenzo Barbieri ed al genero Giorgio Galiano. “Mi hanno riferito – spiega Moscato – che Vincenzo Barbieri aveva messo da parte 7, 8 milioni di euro di cui quattro, cinque milioni di euro sono rimasti a Giorgio Galiano perché lui sapeva tutti gli investimenti. Una piccola parte di soldi l’avrebbe data al figlio Francesco e alla figlia, l’ex moglie di Giorgio Galiano stesso. Negli affari della droga sotto Barbieri c’erano Giuseppe Topia e Antonio Franzè. Sotto di loro c’era Giorgio Galiano”.Nei verbali di Moscato, infine, anche il racconto sul “battesimo” nel carcere di Lanciano di Giorgio Galiano ad opera di Angelo Maiolo, quest’ultimo rappresentante della famiglia Maiolo di Acquaro “vicina ai Piscopisani”.