Caso Maria Chindamo: se ne occupa il legale dell’associazione Penelope (VIDEO)
Intanto il nuovo collaboratore di giustizia di Laureana di Borrello, Giuseppe Dimasi, parla anche della scomparsa della donna dinanzi alla sua tenuta agricola di Limbadi
Sarà il legale dell’associazione Penelope, Nicodemo Gentile, ad occuparsi per conto della famiglia Chindamo della scomparsa di Maria Chindamo, la donna di 44 anni, di Laureana di Borrello, scomparsa nel nulla il 6 maggio dello scorso anno dopo essere stata aggredita a Limbadi dinanzi al cancello della sua tenuta agricola. Un legale importante, dunque, per un caso sul quale la Procura di Vibo Valentia è impegnata a fare piena luce. «Vogliamo essere di supporto alla famiglia, questo è il dramma di un’intera comunità. La società civile deve essere accanto alla famiglia, Maria deve avere una risposta. La comunità non deve dimenticare Maria. Questi criminali devono essere portati alla luce e puniti e la magistratura lo farà – ha dichiarato ai microfoni di LaC News24 Nicodemo Gentile -. Chi sa parli e si unisca alla famiglia Chindamo che è la faccia della Calabria pulita e onesta».
Il collaboratore Giuseppe Dimasi. Sulla scomparsa di Maria Chindamo arrivano intanto le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia di Lureana di Borrello, Giuseppe Dimasi, coinvolto nell’operazione antimafia denominata “Lex” e ritenuto legato al clan Ferrentino di Laureana. Interrogato dal pm della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano, il 2 agosto scorso (ma i verbali sono stati depositato solo ora nell’ambito del procedimento “Lex) ha infatti dichiarato: «Con riferimento alla scomparsa di Maria Chindamo, Marco Ferrentino diceva “secondo me gliel’hanno fatta pagare“ e alludeva al fatto che la donna aveva avuto una relazione extraconiugale e il marito non accettando la separazione si era suicidato». Poche parole che però aprono una pista ben precisa, quella della vendetta per una presunta relazione intrapresa da Maria Chindamo.
La lettera anonima a don De Masi. In tal senso, del resto, si era già mossa la Procura di Vibo Valentia, alle prese dal mese di maggio con una lettera anonima inviata al sacerdote don Pino De Masi, referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro e parroco della comunità “S. Marina Vergine” di Polistena. La missiva, contenuta in una busta, è stata infilata nella cassetta delle lettere della parrocchia. Su un foglio bianco qualcuno ha fornito in forma anonima delle indicazioni precise che don Pino De Masi – nel corso di un’intervista a Chi l’ha visto – non ha esitato a definire come “super attendibili”.
La missiva è stata consegnata dal sacerdote al capitano dei carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro per poi essere trasmessa al pm della Procura di Vibo Valentia, Concettina Iannazzo, che si occupa del caso.
Il rapimento, il sangue e la telecamera manomessa. Gli inquirenti hanno da subito escluso il coinvolgimento della ‘ndrangheta nel rapimento di Maria Chindamo e alcuni elementi portano a ritenere quasi certa la presenza di testimoni che hanno assistito all’aggressione ed al successivo sequestro della donna.
Si indaga da tempo anche su un particolare di non poco conto: i sequestratori hanno manomesso l’unica telecamera della zona, quella che avrebbe potuto filmare la presenza e i movimenti di chi ha deciso di prelevare con la forza Maria Chindamo e portarla con sè per farla sparire. Sul luogo del rapimento, ovvero nei pressi del cancello della tenuta agricola della donna, gli investigatori hanno trovato diverse tracce di sangue di Maria Chindamo. Nulla trapela però dagli inquirenti sulla possibilità che alcune tracce di sangue, rinvenute sulla Dacia Duster di Maria, possano appartenere anche ad altre persone ovvero ai suoi sequestratori. Appare certo che la donna ha opposto resistenza prima di essere portata via.
Il suicidio del marito ed il messaggio su facebook. Altro particolare non trascurato dagli inquirenti è quello relativo all’inquietante coincidenza temporale fra la scomparsa di Maria ed il suicidio del marito Ferdinando Punturiero, avvenuto esattamente un anno prima, cioè il 6 maggio 2015. La relazione fra i due era finita da tempo. La Procura di Vibo, con il pm Concettina Iannazzo, è quindi impegnata ad esplorare anche l’ambito strettamente privato e familiare di Maria Chindamo che, una settimana prima del rapimento, sulla sua pagina facebook personale aveva riportato una frase di Oriana Fallaci: “Il coraggio è fatto di paura…”. Che Maria Chindamo temesse qualcosa o qualcuno è uno degli interrogativi principali a cui gli inquirenti sono chiamati a dare risposte.