sabato,Novembre 23 2024

Rinascita: i sangregoresi, il centro commerciale ed i negozi cinesi

Il collaboratore Bartolomeo Arena svela i ruoli di Gregorio Giofrè e Rosario Fiarè nei rapporti con i Mancuso ed i Lo Bianco, dalle estorsioni al controllo delle attività commerciali

Rinascita: i sangregoresi, il centro commerciale ed i negozi cinesi

Sarebbero finiti anche i negozi gestiti dai cinesi nel “mirino” della ‘ndrangheta vibonese. A svelarlo è il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, in uno dei tanti verbali resi agli inquirenti ed agli atti dell’operazione “Rinascita-Scott”. Il racconto del collaboratore è anche significativo per capire gli equilibri criminali sul territorio sino all’attualità ed il ruolo di primo piano giocato dal clan di San Gregorio d’Ippona.  

Giofrè e le estorsioni. “Gregorio Giofrè di San Gregorio d’Ippona – ha raccontato Arena – era l’unico di tutto l’hinterland che si interfacciava con Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”, per le estorsioni. [Continua]

Pantaleone Mancuso

Era lui che prendeva le estorsioni dagli imprenditori e poi le ripartiva, a seconda della zona in cui avvenivano i lavori, con le famiglie vibonesi, lasciando “il fiore” alla famiglia di quella zona. Dopo che lasciava il fiore, il resto lo ripartiva direttamente con Pantaleone Mancuso “Scarpuni”. Gregorio Giofrè – ha aggiunto il collaboratore – è  molto influente al Vibo Center perché lì hanno fatto tutto “loro”, cioè lui e suo suocero Rosario Fiarè perché hanno imposto il cemento che è stato utilizzato per il centro commerciale, il materiale utilizzato per la costruzione, le ditte che dovevano lavorare, decidevano chi doveva aprire i negozi. Che io sappia “avevano” sotto l’imprenditore Gatto, ma di fatto decidevano tutto loro. Questi dati – aggiunge Bartolomeo Arena – li ho appresi da Luigi Vitrò che era legatissimo a loro. Luigi Vitrò ha parte in due negozi di telefonia di cui è titolare”. Gregorio Giofrè, 57 anni, fra i principali indagati dell’inchiesta Rinascita- Scott, è stato arrestato il 4 maggio scorso dopo oltre quattro mesi di latitanza ed è accusato di associazione mafiosa ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Luigi Vitrò, 46 anni, di Vibo Valentia (dal 18 marzo agli arresti domiciliari), è invece indagato per la detenzione illegale di un fucile calibro 12. Reato aggravato dalle finalità mafiose. Secondo l’accusa, l’arma sarebbe stata ceduta da Lugi Vitrò a Giuseppe Camillò e Francesco Antonio Pardea per il prezzo di 1.200,00 euro. Alle trattative per la cessione del fucile avrebbero preso parte anche Domenico Macrì, Bartolomeo Arena e Michele Pugliese Carchedi, tutti di Vibo Valentia.

Gregorio Giofrè

Giofrè ha “più soldi dello Stato”. Bartolomeo Arena rivela quindi sia le proprie fonti, sia le sue conoscenze sugli affari gestiti negli anni dal clan guidato da Rosario Fiarè e dal genero Gregorio Giofrè.Posso anche dire che negli anni ‘90 Gregorio Giofrè e Rosario Fiarè gestivano e distribuivano droga in tutta Vibo e provincia: cocaina ed eroina e questo me lo disse Antonio Grillo, detto “Totò Mazzeo”, che era molto legato al boss Rosario Fiarè.

Giofrè era compare di Francesco Scrugli, quest’ultimo braccio desto di Mantella. Gregorio Giofrè – ha dichiarato il collaboratore – ha più soldi dello Stato, ma i sangregoresi sono furbissimi, utilizzano molti prestanome e sono più avanti dei vibonesi anni luce.

Salvatore Morelli

I negozi cinesi, l’imposizione del “pizzo” e la mafia dalla Cina. E’ a questo punto del racconto che Bartolomeo Arena svela che a Vibo Valentia “pure i negozi dei cinesi si rivolgono tutti a Gregorio Giofrè per mettersi a posto e ad interloquire arriva direttamente uno della mafia cinese. Lo so perché una volta, io – aggiunge il collaboratore –, Salvatore Morelli, Francesco Antonio Pardea e tutti quelli del mio gruppo volevamo chiedere l’estorsione al negozio di cinesi di via S.Aloe, nei pressi di Viale della Pace, dietro le giostre a Vibo. Morelli mi chiese sequesta situazione me la potevo vedere io ed in effetti io andai in quel negozio. In quell’occasione vidi Filippo Catania e Domenico Franzone, detto “Chianozzo”, nel negozio e mi sembrò moltostrano. Andai a trovare Luigi Vitrò perché mi ricordai che mi aveva detto che i cinesi del Vibo Center “erano a posto”con lui e fu lo stesso Vitrò a dirmi: “Toccateli che appena chiedete i soldi vanno da Gregorio Giofrè e appena lo sa sono io che vi vengo trovare e ve l’aggiusto”.

Filippo Catania

Gli incendi dai cinesi ed il tentativo di indebolire i Lo Bianco. Filippo Catania – ricorda Bartolomeo Arena – è lo zio di Paolino Lo Bianco ed entrambi sono molto legati a Gregorio Giofrè. Franzone è un sodale dei Lo Bianco-Barba. Quindi nel vederli lì dentro ho pensato che volessero anticiparci. La conferma – ricorda Bartolomeo Arena – l’ho avuta il giorno successivo, quando Marco Ferraro, che aveva la cognata che lavorava dai cinesi, mi venne a raccontare che avevano trovato dei proiettili al cancello del negozio.

A quel punto, poiché noi non eravamo stati gli autori di quel gesto, pensai – ricostruisce Bartolomeo Arena – che il fatto fosse riferibile a Catania ed a Franzone. Quindi per farli venire allo scoperto decisi di far incendiare un furgone dei cinesi in via Alcide De Gasperi, per vedere chi si sarebbe fatto avanti per la protezione. Ho immaginato che loro due – Catania e Franzone – si sarebbero potuti avvantaggiare di questo incendio e circa dieci giorni dopo, immaginando che si erano già accordati con il titolare del negozio – ho pensato di far incendiare da Filippo Di Miceli una Ford dei cinesi per fargli fare brutta figura.

Paolino Lo Bianco

Solo che i vigili del fuoco in quel caso hanno pensato che si fosse trattato di corto circuito perchè avevamo utilizzato la tecnica della diavolina. Alla fine i Lo Bianco avevano tentato di avviare un’estorsione “senza rumore”, ma quando hanno visto gli incendi dei veicoli hanno capito che c’eravamo noi di mezzo ed hanno fatto retromarcia. Nel frattempo – conclude Bartolomeo Arena – Salvatore Morelli aveva deciso che dovevamo incendiare il negozio per chiudere l’estorsione perché fino a quel momento i cinesi erano rimasti inerti e non si erano andati d informare da nessuna parte”.

Salvatore Morelli, Filippo Catania, Domenico Franzone, Marco Ferraro, Filippo Di Miceli e Salvatore Morelli sono tutti  nell’operazione Rinascita-Scott. Salvatore Morelli è tuttora latitante.

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