Politica e mafia al Comune di Vibo, ecco i consiglieri agli atti delle inchieste
Pur non indagati, la Dda di Catanzaro ha acceso i riflettori anche sul loro conto. Fra chi è accusato dai collaboratori, chi è parente di soggetti arrestati e chi è finito nelle intercettazioni
Ed alla fine, dopo un “tira e molla” stucchevole, il Consiglio comunale di Vibo Valentia ha evitato di votare sulla reintegra – imposta dalla legge e sollecitata da una nota del prefetto dopo la sostituzione della misura cautelare da arresti domiciliari ad obbligo di dimora – del consigliere comunale del Pd, Alfredo Lo Bianco, che sabato scorso – passata neanche un’ora da un corsivo pubblicato proprio da Il Vibonese – ha scelto di rinunciare al nuovo ingresso in Consiglio invitando il primo cittadino Maria Limardo a dimettersi. [Continua]
Alfredo Lo Bianco è indagato nell’inchiesta “Rinascita-Scott” per il reato di corruzione elettorale aggravata dalle finalità mafiose in concorso con il fratello Orazio (quest’ultimo in carcere anche per associazione mafiosa e altri reati) e rinunciando al reintegro in Consiglio ha lanciato dure accuse nei confronti di alcuni consiglieri (pur non facendo nomi), richiamando una serie di inchieste della nostra testata.
Alfredo Lo Bianco non fa nomi, ma siccome nelle inchieste antimafia (e non solo) tali nominativi ci sono, ecco cosa emerge leggendo gli atti giudiziari.
Leoluca Curello. E’ l’attuale vice capogruppo di Fratelli d’Italia, eletto nel maggio dello scorso anno. Ex consigliere comunale e provinciale del Pd sino al 2014, dal 2005 al 2010 è stato consigliere comunale con la lista Socialismo e Libertà. Poi lo scorso anno ha svoltato a destra ed è stato accolto fra le fila di Fratelli d’Italia. Leoluca Curello nell’ottobre del 1993 è rimasto coinvolto nell’operazione della Procura di Vibo Valentia denominata “Malebolge” che mirava a colpire un vasto giro di usura. L’operazione è nata anche grazie alle denunce di un dipendente del Comune di Vibo. Un’inchiesta condotta dagli allora pm Coletta e Di Dedda che aveva portato a numerosi arresti (poi scarcerati in attesa del processo). Fra gli indagati, unitamente a Leoluca Curello, figuravano anche personaggi come Rosario Pugliese (alias “Saro Cassarola”, attualmente latitante per Rinascita-Scott), Ferruccio Bevilacqua, il boss di Portosalvo Nicola Tripodi, Salvatore Tulosai (pure lui coinvolto nell’inchiesta Rinascita), Giuseppe Scriva (anche lui indagato in Rinascita), Gregorio Giofrè di San Gregorio (arrestato nelle scorse settimane dopo un periodo di latitanza per l’inchiesta Rinascita e genero del boss Rosario Fiarè), Nicola Barba (attualmente coinvolto nell’inchiesta “Rimpiazzo”), Bruno Barba e Raffaele Giuseppe Barba, detto “Pino Presa” (anche quest’ultimo coinvolto per associazione mafiosa nell’inchiesta Rinascita). Il processo nato dall’operazione “Malebolge”, fra i soliti ritardi della giustizia vibonese, è poi naufragato con una serie di proscioglimenti. Leoluca Curello è direttamente imparentato con la famiglia Barba. In particolare è nipote acquisito di Vincenzo Barba, alias “Il Musichiere” (condannato per associazione mafiosa nell’operazione “Nuova Alba”, attualmente arrestato nell’operazione Rinascita, nonché fratello di Bruno Barba) ed anche cognato di Raffaele Giuseppe Barba, detto “Pino Presa”.
Giuseppe Cutrullà. Consigliere comunale eletto nella lista “Città Futura” a sostegno dell’attuale primo cittadino, Maria Limardo, dopo aver militato nella scorsa consiliatura fra le fila del Pd. E’ il compagno della figlia del consigliere Leoluca Curello. E’ stato intercettato al telefono il 25 novembre 2014 con Benito La Bella, quest’ultimo imputato nell’operazione “Rimpiazzo” con l’accusa di associazione mafiosa (clan dei Piscopisani) in qualità di persona di fiducia di Rosario Fiorillo, alias “Pulcino”. A La Bella (figlio di Domenico La Bella, detto “Micu Revolver”, personaggio noto alle forze dell’ordine) viene contestata anche l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico (oltre a singoli episodi di spaccio di stupefacenti) e il concorso in estorsione aggravata dalle finalità mafiose. La conversazione – intercettata dalla polizia – è durata in totale 21 minuti e fa riferimento a questioni finanziarie ed all’acquisto di quote di una banca. Da qualche settimana, Giuseppe Cutrullà fa parte – quale “collaboratore esperto” – della Struttura speciale che assiste il consigliere regionale Vito Pitaro, quest’ultimo a sua volta intercettato diverse volte dalla Squadra Mobile di Vibo mentre conversava amichevolmente con Rosario Fiorillo, fra i principali imputati del clan dei Piscopisani, attualmente in carcere e condannato in primo grado all’ergastolo (omicidio di Fortunato Patania) ed all’epoca delle conversazioni sorvegliato speciale di pubblica sicurezza. [Continua dopo la pubblicità]
Raffaele Iorfida. E’ l’attuale capogruppo della lista “Rinasci Vibo”, compagine politica che sostiene il sindaco Limardo. Agli atti dell’inchiesta “Nuova Alba” (scattata nel febbraio del 2007) contro il clan Lo Bianco ed anche nell’inchiesta “Rinascita-Scott”, gli inquirenti riportano una conversazione intercettata il 12 giugno del 2006 fra lo stesso Iorfida ed il boss Carmelo lo Bianco, detto “Sicarro”, all’epoca uscito da qualche anno di galera dopo aver scontato una condanna per riciclaggio di denaro proveniente da due sequestri di persona compiuti negli anni ’80 nel Reggino. Iorfida e Carmelo Lo Bianco commentano il matrimonio di uno dei figli di Franco Barba (altro esponente del clan condannato in “Nuova Alba” ed arrestato in Rinascita) al quale sono stati entrambi invitati. Carmelo Lo Bianco porta quindi a conoscenza Iorfida circa gli invitati al matrimonio di sua figlia (di Lo Bianco), spiegando che erano presenti i “più grandi uomini del crimine della Calabria”, dagli Alvaro ai Mazzaferro sino ai Piromalli. Commentano poi la presenza al matrimonio del figlio di Franco Barba del boss di Tropea, Antonio La Rosa, finendo per parlare della figura di Gianfranco Ferrante (arrestato anche lui in Rinascita), della stretta vicinanza di quest’ultimo a Carmelo Lo Bianco (“l’ho cresciuto a mia immagine e somiglianza”, afferma Lo Bianco) e della sparizione per “lupara bianca” di Nicola Lo Bianco, figlio di Carmelo.
Domenico Console. Consigliere comunale di maggioranza e capogruppo della lista “Con Vibo per Vibo”. “A partire dal mese di dicembre dell’anno 2016 fino al mese di agosto 2017 – sottolinea la Dda negli atti dell’inchiesta “Rinascita” – sono state intercettate delle conversazioni telefoniche tra Antonio Vacatello e Domenico Console, assessore al Comune di Vibo Valentia con delega al Commercio, Attività produttive e Sport, dal 24.06.2015 fino al 28.07.2017. Dalle conversazioni si è appreso come Antonio Vacatello mantiene i contatti con Console in merito a vari festeggiamenti, sagre, sfilate del carnevale che si sono tenuti a Vibo e a Vibo Marina. Tra l’altro nelle varie conversazioni – hanno evidenziato gli inquirenti – i due interlocutori si sono dati appuntamento per vedersi personalmente e parlare di persona”. Antonio Vacatello è stato arrestato nell’inchiesta “Rinascita – Scott” con l’accusa di associazione mafiosa ed in particolare di essere un capo ‘ndrina a Vibo Marina. All’epoca delle conversazioni con l’allora assessore Domenico Console, Antonio Vacatello era già ben noto alle cronache.
Lorenzo Lombardo. Vice capogruppo della lista “Forza Porto Santa Venere” a sostegno del sindaco. E’ il 14 gennaio del 2017 ed i carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia intercettano in auto Antonio Vacatello ed il boss di Zungri Giuseppe Accorinti. E’ Vacatello a riferire ad Accorinti di “lavori imminenti che dovranno eseguirsi a Vibo Marina. Continuando nel discorso – annotano gli investigatori nell’inchiesta Rinascita-Scott – Vacatello riferisce che gliel’avrebbe detto a Lorenzo, “l’assessore che lo ha preso!”. Inoltre fa verosimilmente riferimento al fatto che i lavori del campo sarebbero stati assegnati a tale Turi e allo zio Ciccio. In relazione agli interessi gravitanti sull’affare dell’appalto, Antonio Vacatello riferisce al boss Accorinti: “Io lo so che è gente informata… Che dice che gli ha detto Peppe allo Zio Luni… no!. ed ancora: “Allo zio Luigi… che ne so! E al genero di Michelino”. Per gli inquirenti, “Turi” si identifica per Salvatore Vita, soggetto già condannato per associazione mafiosa nell’operazione “Lybra”, “Michelino” nel boss di Limbadi Cosmo Michele Mancuso, “Luigi” nel boss Luigi Mancuso, mentre il genero di Michelino viene individuato in Giuseppe Raguseo. “Lorenzo, l’assessore che lo ha preso”, viene invece identificato dagli inquirenti in Lorenzo Lombardo, “nominato assessore al Comune di Vibo Valentia con decreto sindacale n.4 del 05/05/2016, nello specifico con delega – annotano i carabinieri – nel settore dei Lavori Pubblici, Servizi tecnici, Impianti, Finanza di Progetto, Protezione Civile”.
Rino Putrino. Eletto nella lista di Forza Italia, dal febbraio scorso è presidente del Consiglio comunale dopo le dimissioni del precedente presidente del Consiglio Giuseppe Muratore (anche lui di Forza Italia). Agli atti dell’inchiesta “Rinascita-Scott” viene riportata un’intercettazione telefonica fra l’imprenditore Mario Lo Riggio (arrestato a dicembre per associazione mafiosa nell’inchiesta Rinascita-Scott) e Nazzareno Putrino, detto Rino, del 25 novembre 2014. I due – secondo l’informativa dei carabinieri richiamata dalla Dda – dimostrano grande confidenza (tanto che Lo Riggio si rivolge a Putrino chiamandolo “Rino caro….” e “fratello”, con quest’ultimo che si rivolge a sua volta nei confronti dell’imprenditore chiamandolo “Mario mio…”). Al centro della telefonata, l’organizzazione di un evento al 501 Hotel che interessava la scuola calcio e Rino Putrino.
Pietro Comito. Capogruppo della lista “Concretezza”. Sul suo conto il collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato (clan dei Piscopisani) ha dichiarato: “I politici vicini ai Piscopisani sono Comito, credo si chiami Pietro che non conosco, e soprattutto Pietro Giamborino che io conosco ed è di Piscopio”.
Maria Carmonsina Corrado. Vice capogruppo di Forza Italia, nonché presidente della seconda commissione consiliare (Urbanistica) di “palazzo Luigi Razza”. Dal maggio scorso nell’inchiesta della Guardia di finanza – coordinata dalla Dda di Reggio Calabria – denominata “Waterfront” è indagato il marito, l’ingegnere Walter Cosenza. Nei suoi confronti vengono ipotizzati i reati di frode nelle pubbliche forniture, abuso d’ufficio e truffa quale legale rappresentante della “Ase Engeneering consulting srl”. L’appalto contestato è quello per i lavori del Centro polisportivo di Rosarno e fra i soci della “Ase Engeneering consulting srl” c’è anche la consigliera comunale Maria Carmonsina Corrado.
Stefano Luciano. E’ il capogruppo del Pd. Il suo nome viene fatto nelle intercettazioni (gennaio 2018) dell’inchiesta “Rinascita-Scott” dal pregiudicato (ora di nuovo arrestato quale esponente di spicco del clan dei “Ranisi”) Mommo Macrì di Vibo Valentia. “Vito si può ritirare a casa pure lui… Luciano è adesso, Vito si può ritirare a casa”, aggiungendo: “Vito a me mi rispetta”. Scrive la Dda riguardo le affermazioni di Mommo Macrì: “Appare evidente come il monitorato Macrì associasse a Pitaro, con il quale vanterebbe stretti rapporti, le medesime critiche avanzate dal proprio interlocutore nei confronti di Censore, ritenendo che questi ultimi stessero ormai vivendo una decadenza politica e considerando il futuro esponente di spessore della politica vibonese il citato Stefano Luciano, attuale presidente del consiglio comunale cittadino”. All’epoca – gennaio 2018 – Stefano Luciano era presidente del Consiglio comunale di Vibo con sindaco Elio Costa. L’intercettato Mommo Macrì aggiungeva quindi: “Io glielo avevo detto…, avvertito che pure a livello di votazioni, a livello di cose.., io onestamente perché… a parte che vuole crescere… vuole crescere e uno quando vuole cresce fa qualcosa”. Per Dda e carabinieri del Ros e del Nucleo Investigativo di Vibo, con tale frase Mommo Macrì voleva “verosimilmente intendere di aver garantito il proprio appoggio elettorale al predetto Luciano, in quanto lo riteneva un esponente politico in fase di esponenziale crescita”. Dopo aver precisato che stava parlando di Stefano Luciano, Mommo Macrì ribadiva il precedente concetto specificando che lo considerava un “amico”.
Stefano Soriano. Consigliere comunale del Pd. Sul conto del padre, Michele Soriano, già consigliere comunale ed assessore negli anni ’80 con i socialisti, figura di spicco della politica cittadina (già candidato a sindaco nel 2010), hanno reso dichiarazioni i collaboratori di giustizia Michele Iannello di Mileto e Andrea Mantella di Vibo. “Il dott. Soriano – racconta Mantella in un interrogatorio agli atti dell’inchiesta Rinascita – mi favorì personalmente in occasione della finta caduta da cavallo, quando fece un’operazione finta. Anche lui è a disposizione di Paolino Lo Bianco, che comanda in ospedale più del direttore sanitario. Il dott. Soriano, inoltre, rilascia molte certificazioni false per truffare le assicurazioni, a volte incaricando i medici che dipendono da lui quale primario, con diagnosi quali colpo di frusta o slogature, lussature etc., facendo prendere “botte di 10.000 euro per volta. Lo ha fatto anche con mia sorella Mantella Raffaella, portata da Scrugli, con l’altra mia sorella Mantella Annunziata, moglie di Franzè Antonio, e molti altri non li ricordo. I fratelli Pugliese, Carmelo e Rosario, nonché Orazio Lo Bianco quello del cimitero, si sono arricchiti con le truffe perpetrate – conclude Mantella – grazie alle false certificazioni del dott. Soriano”. In ordine alla finta caduta dal cavallo, il nuovo collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena ha confermato il racconto di Andrea Mantella. Negli atti dell’inchiesta “Nuova Alba” contro il clan Lo Bianco è invece presente un interrogatorio del collaboratore di giustizia Michele Iannello che fa il nome del dott. Michele Soriano, all’epoca primario di Ortopedia all’ospedale di Vibo. Il collaboratore racconta all’allora pm Marisa Manzini dell’interesse di Pasquale Pititto di Mileto – attraverso Ferruccio Bevilacqua e il boss Saverio Razionale – a peggiorare la propria cartella medica attraverso false attestazioni mediche al fine di ottenere gli arresti domiciliari. Michele Soriano – è bene sottolineare – non è indagato né nell’inchiesta “Rinascita-Scott” e neppure lo è stato nell’inchiesta “Nuova Alba”.
Vincenzo Bruni. Attuale assessore comunale all’Ambiente. E’ cognato di Paolo Lopreiato, 38 anni, di Sant’Onofrio, detto “Bambolo”, indagato nell’inchiesta “Rinascita” per associazione mafiosa (clan Bonavota). Lo stesso Paolo Lopreiato è quindi anche genero dell’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia, ed attuale leader dell’Udc vibonese, Gaetano Ottavio Bruni (padre dell’assessore Vincenzo Bruni) sul cui conto ha reso dichiarazioni il collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, che ha affermato di averlo personalmente incontrato. “Quanto agli amministratori pubblici coinvolti negli illeciti relativi alla realizzazione della Tangenziale Est – ha dichiarato Mantella – posso riferire di essere andato personalmente a parlarne con Bruni Ottavio, ossia il presidente della Provincia di Vibo Valentia, anche se non ricordo se a quel tempo già rivestisse questo incarico”. Da segnalare che Francesca Bruni (non indagata e sorella dell’attuale assessore comunale Vincenzo Bruni) nel 2008 è stata sorpresa dalla polizia in compagnia dell’allora latitante Francesco Fortuna (nel covo la polizia trovò anche un borsone con numerose armi), anche quest’ultimo ora arrestato nell’operazione “Rinascita-Scott” con l’accusa di essere fra i vertici del clan Bonavota.
Domenico Santoro. Capogruppo del Movimento Cinquestelle e già candidato a sindaco nel maggio del 2019. E’ il suocero di Raffaele Lo Schiavo (commerciante nel settore dell’abbigliamento sposato con la figlia di Domenico Santoro). Raffaele Lo Schiavo è indagato nell’inchiesta Rinascita-Scott per il reato di turbata libertà degli incanti insieme ai fratelli Mario e Umberto Artusa. Nel luglio del 2016 al fine di impedire la vendita a terzi di uno stock di abbigliamento uomo/donna, di proprietà della società “A s.r.l.” degli Artusa – dichiarata fallita – nel corso della procedura di vendita di tale stock sarebbe stata presentata a nome di Raffaele Lo Schiavo (ritenuto in realtà dagli inquirenti un mero prestanome dei fratelli Artusa) un’offerta d’acquisto pari a tremila euro, “senza avere realmente intenzione di provvedere al saldo del prezzo, ma solo al fine di evitare che altri si aggiudicassero il bene e di consentire che, successivamente, si procedesse nelle forme della trattativa privata”.
Questo ciò che si trova nelle carte delle inchieste (e non sono escluse altre possibili parentele “scomode”). E’ bene sottolineare che nessuno dei consiglieri – Leoluca Curello, Giuseppe Cutrullà, Raffaele Iorfida, Domenico Console, Lorenzo Lombardo, Nazzareno Putrino, Pietro Comito, Stefano Luciano, Stefano Soriano, Maria Carmonsina Corrado, Domenico Santoro e l’assessore Vincenzo Bruni – risulta indagato in alcuna inchiesta antimafia così come Gaetano Bruni o Michele Soriano. Ed è bene anche sottolineare che le eventuali “colpe” dei congiunti non possono ricadere sui figli o sui consiglieri comunali. Il problema è tuttavia di natura ben diversa.
Bisogna infatti tener conto che molti sono i Consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose anche per parentele e rapporti “diretti e indiretti” fra gli eletti e soggetti vicini alla criminalità organizzata. Da ricordare, inoltre, che il Comune di Vibo Valentia – attraverso una delibera di giunta – dovrà costituirsi parte civile nel processo “Rinascita-Scott”. Dovrà cioè affiancare la pubblica accusa attraverso un proprio legale. Quella stessa pubblica accusa – Dda di Catanzaro – che ritiene credibili anche quei collaboratori che parlano dei consiglieri comunali o dei loro congiunti arrestati in Rinascita-Scott. Tralasciando, ovviamente, ogni considerazione su parentele e intercettazioni che spetterà alla politica valutare (ed in sede penale alla magistratura), si resta in attesa che lo faccia anche la Prefettura di Vibo Valentia e che la Dda concluda l’inchiesta condotta sul campo dalla Guardia di finanza. Ad ottobre, infatti, le Fiamme Gialle del comando provinciale hanno acquisito una mole enorme di documenti al Comune di Vibo ipotizzando (l’inchiesta è del pm antimafia Antonio De Bernardo) i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose.
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