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Processo alluvione a Vibo: 14 assoluzioni, non paga nessuno

Il Tribunale non accoglie la ricostruzione accusatoria e manda assolti gli imputati dal reato di disastro colposo. L’omicidio colposo era già caduto in prescrizione nel 2016. Il processo mirava ad accertare le responsabilità per il disastro del 3 luglio 2006 che ha provocato tre morti e danni per milioni di euro

Processo alluvione a Vibo: 14 assoluzioni, non paga nessuno

Tutti assolti perché il fatto non sussiste. Questa la decisione del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, presieduto da Giulio De Gregorio, nel processo sull’alluvione che il 3 luglio 2006 ha sconvolto Vibo e le Marinate provocando tre morti e danni per milioni di euro. Dieci erano state le richieste di condanna del pm, Concettina Iannazzo, e quattro le richieste di assoluzione. [Continua]

Ugo Bellantoni

In particolare incassano l’assoluzione: Domenico Corigliano, ex comandante della Polizia Municipale di Vibo (avvocati Antonio Pagliaro ed Elvira Domanico), nei cui confronti erano stati chiesti 3 anni di reclusione; Giacomo Consoli, ex dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Vibo (avvocato Antonello Fuscà), chiesti 3 anni; Pietro La Rosa, responsabile della sorveglianza idraulica dei bacini idrografici nella provincia di Vibo (avvocato Giosuè Megna), chiesti 2 anni e 6 mesi; Raffaella, Alessandra, Maria Antonietta e Fabrizio Marzano, proprietari di alcuni immobili in contrada Sughero (chiesti 2 anni a testa), difesi dall’avvocato Tony Crudo; Filippo Valotta (Consorzio industriale), assistito dagli avvocati Vecchio e D’Agostino (chiesti 2 anni); Giovanni Ricca, responsabile pro tempore dell’Abr (avvocato Vincenzo Adamo), chiesti 2 anni;

L'ex presidente della Provincia Gaetano Bruni
Gaetano Ottavio Bruni

Ottavio Amaro, responsabile pro tempore dell’Abr (avvocato Guido Contestabile), chiesti 2 anni; Ugo Bellantoni, ex dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Vincenzo Belvedere (anche il pm aveva chiesto l’assoluzione); Silvana De Carolis, ex dirigente del settore Lavori pubblici e Urbanistica del Comune di Vibo (avvocato Giuseppe Di Renzo), chiesta l’assoluzione anche da parte del pm; Gaetano Ottavio Bruni, ex presidente della Provincia di Vibo (avvocati Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino), con assoluzione chiesta pure dal pm; Paolo Barbieri, ex assessore provinciale ai Lavori pubblici (avvocato Giuseppe Altieri), con assoluzione chiesta dal pm.

Ben 19 le parti civili del processo, mentre tre sono gli enti chiamati a rispondere quali responsabili civili: il Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Nicola Lo Torto, la Provincia di Vibo, assistita dagli avvocati Emilio Stagliano e Francesco Maione, la Regione Calabria, difesa dagli avvocati Michele Rausei e Antonio Montagnese. 

Fra le parti civili, oltre ai familiari delle vittime e 17 privati cittadini, ci sono anche il Wwf con l’avvocato Angelo Calzone e Legambiente con l’avvocato Rodolfo Ambrosio. Altre sei parti civili sono invece assistite dall’avvocato Antonio Porcelli, una a testa dagli avvocati Maria Repice e Antonio Ludovico e due dall’avvocato Giuseppe Costabile. Parte civile anche Bruno Virdò, l’uomo che riportò gravi ferite tentando di salvare il piccolo Salvatore Gaglioti. 

L'alluvione del 2006 a Vibo Marina

Il reato contestato agli imputati era quello di disastro colposo. Da ricordare che il 25 ottobre 2016 il Tribunale di Vibo aveva dichiarato la prescrizione (atteso che nessuno degli imputati aveva inteso rinunciarvi per avere un’eventuale assoluzione nel merito) per i reati di omicidio colposo ed omissione d’atti d’ufficio. Gli imputati dovevano tutti rispondere di aver cagionato con condotte colpose, ognuno per i rispettivi ruoli, la morte del piccolo Salvatore Gaglioti (di soli 16 mesi) e dello zio Ulisse Gaglioti sommersi, unitamente a Nicola De Pascale (altra vittima dell’alluvione), da una colata di fango e detriti sulla Statale 18 nei pressi della non lontana contrada “Sughero”. La famiglia Gaglioti si era costituita parte civile nel processo con l’avvocato Giuseppe Pasquino. Fra 90 giorni le motivazioni di un verdetto che potrebbe essere impugnato dall’ufficio di Procura. In aula al momento della lettura del dispositivo, accanto al pm Concettina Iannazzo, a sottolineare l’importanza del processo (istruito all’epoca dal procuratore Mario Spagnuolo) era presente anche il procuratore Camillo Falvo.  

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