‘Ndrangheta: il profilo e l’escalation del boss Luigi Mancuso
Il più piccolo della c.d. “generazione degli 11”, che ha ereditato il bastone del comando dal defunto fratello Ciccio, è ritenuto fra i principali capi dell’intera criminalità organizzata calabrese. Era irreperibile dal 2014
E’ una delle principali figure dell’intera ‘ndrangheta calabrese, Luigi Mancuso, 63 anni, di Limbadi, il fratello più piccolo della c.d. “generazione degli 11”, vale a dire degli undici fra fratelli e sorelle nati dal capostipite Giuseppe Mancuso (cl. 1901). Arrestato oggi dai carabinieri a Nicotera dopo quasi tre anni di irreperibilità, il boss era stato scarcerato il 21 luglio del 2012 dopo 19 anni di ininterrotta detenzione. La decisione arrivava dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina, chiamata a rideterminare la pena complessiva per Mancuso dopo un annullamento con rinvio della Cassazione. La competenza di Messina – al posto di Reggio Calabria – si era radicata in seguito ad altri annullamenti con rinvii per altri imputati del processo nato dall’operazione denominata “Tirreno”. Proprio in “Tirreno”, il boss di Limbadi era stato definitivamente condannato a 21 anni di reclusione per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, mentre altri 19 anni gli erano stati comminati, sempre per reati legati agli stupefacenti, nell’ambito del processo celebrato a Milano sul finire degli anni ’90 e nato dall’operazione “Count down”.
Nel richiedere gli avvocati difensori la “continuazione” per Mancuso fra la pena rimediata in “Tirreno” e quella di “Count down”, la Corte d’Assise d’Appello di Messina aveva determinato la pena complessiva in 28 anni di reclusione. Ricorso quindi in Cassazione da parte degli avvocati Francesco Lojacono ed Aldo Ferraro, annullamento con rinvio e poi la decisione della Corte d’Assise d’Appello di Messina che ha disposto una pena base di 18 anni per “Tirreno” con un aumento complessivo di 5 anni (2 per l’associazione mafiosa e 3 per la condanna di Milano). Quattro anni gli sono stati infine scalati a titolo di liberazione anticipata.
Luigi Mancuso, detenuto dal 3 giugno 1993 e sino al 18 novembre 2010 in regime di carcere duro, avendo scontato interamente la pena, il 21 luglio 2012 ha così lasciato il carcere di Secondigliano (Na) per far rientro da uomo libero a Limbadi.
L’assoluzione nel processo “Genesi”. Nel maggio del 2013 il Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente Antonino Di Marco, giudici a latere Alessandro Piscitelli e Manuela Gallo) l’ha assolto dall’accusa di associazione mafiosa e traffico di stupefacenti, ritenendo che per gli stessi fatti e reati fosse stato già giudicato e condannato nei processi “Tirreno” e “Count down”. Al termine di due giorni di requisitoria, nel processo “Genesi” l’allora procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, ed il pm Simona Rossi avevano chiesto per Luigi Mancuso la condanna a 27 anni di reclusione. La Procura distrettuale non ha poi proposto appello avverso la decisione del Tribunale di Vibo e l’assoluzione di Luigi Mancuso (al pari di quelle, fra gli altri, di Giuseppe Mancuso e Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”) è divenuta definitiva.
Il profilo. Luigi Mancuso – pur essendo il fratello più piccolo dell’omonimo clan fondato dal patriarca Francesco Mancuso (cl. ’29), deceduto nel 1997 – è da sempre ritenuto il leader incontrastato del “casato” di famiglia. Il boss (in basso in una foto dei primi anni ’90) in precedenza era uscito indenne sia dall’operazione “Dinasty”, sia da altri processi per gli omicidi dei fratelli Evolo di Paravati, uccisi nei primi anni ’90 e per i quali era stato accusato dal collaboratore gi giustizia Michele Iannello di San Giovanni di Mileto, quest’ultimo condannato per l’omicidio del piccolo Nicolas Green. In “Tirreno” Mancuso era stato invece assolto in Appello per l’omicidio di Vincenzo Chindamo – 11 gennaio 1991 – ed il ferimento del fratello Antonio, dell’omonima “famiglia” di Laureana. Altra assoluzione in “Tirreno”, Luigi Mancuso l’aveva incassata per le eliminazioni dei fratelli Antonio e Michele Versace ed il ferimento di Biagio Versace e Biagio Rao, avvenuti a Polistena il 17 settembre 1991. Luigi Mancuso viene soprannominato anche come “U Signurinu” per la ricercatezza, sin dalla giovane età, nel vestire.
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