Rinascita-Scott: il procacciamento dei voti a Vibo e le preferenze dei clan
La Dda ed i carabinieri dedicano un capitolo agli interessi per la politica da parte di Orazio Lo Bianco e Mommo Macrì. Diversi i politici citati: da Alfredo Lo Bianco a Vincenzo De Filippis e Giuseppe Lo Bianco, passando per Bruno Censore, Vito Pitaro e Stefano Luciano
Accende i riflettori anche sulle preferenze politiche di diversi soggetti ritenuti di spicco nell’ambito della criminalità organizzata di Vibo Valentia, la monumentale inchiesta “Rinascita-Scott” condotta sul “campo” dai carabinieri con il coordinamento della Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri.
Secondo gli inquirenti, interi pacchetti di voti sarebbero stati spostati da un candidato ad un altro a seconda del periodo storico e di altri rapporti o simpatie che molti degli arrestati si vantavano di avere. Gli investigatori prendono in particolare in esame la città di Vibo Valentia e due dei principali arrestati: Orazio Lo Bianco, 46 anni, ritenuto organico alla ‘ndrina dei Pugliese (alias “Cassarola”), e Domenico Macrì, detto Mommo, 36 anni, ritenuto esponente di spicco prima del gruppo guidato da Andrea Mantella e poi della ‘ndrina dei Pardea (alias “Ranisi”). [Continua]
“Le risultanze investigative – scrivono gli inquirenti – hanno evidenziato come Orazio Lo Bianco, esponente di rilievo della consorteria di Vibo Valentia, sia in grado di costituire un considerevole bacino elettorale in favore di politici candidati a Vibo Valentia alle varie elezioni, sia locali che nazionali. Di tale bacino elettorale ne usufruiscono innanzitutto i propri congiunti attivi in politica, ovvero il fratello Alfredo Lo Bianco – ex vicepresidente dell’amministrazione provinciale e consigliere in carica del Comune di Vibo Valentia – ed il nipote Giuseppe Lo Bianco, consigliere al Comune di Ionadi”.
Tale capacità di procacciamento di voti sarebbe stata sfruttata da Orazio Lo Bianco “anche per ottenere in cambio agevolazioni e favori. E’ il caso di Vincenzo De Filippis il quale, dopo essersi candidato alla Camera dei Deputati alle elezioni politiche del marzo 2018 , stringeva un accordo con Lo Bianco facendosi promettere da quest’ultimo il procacciamento di voti in suo favore e ricambiando tale interessamento da parte del sodale vibonese promettendo la futura promozione scolastica del figlio di quest’ultimo, frequentante la classe nella quale insegnava De Filippis ove era stato iscritto mediante l’interessamento di quest’ultimo”. Vincenzo De Filippis, ex assessore del Comune di Vibo Valentia con il centrodestra (giunta guidata dal sindaco Elio Costa), candidato alla Camera dei deputati nelle politiche del 2018 con la lista “Civica popolare” ispirata dall’ex ministro Lorenzin (lista schierata con il centrosinistra) è indagato per tale motivo per il reato di scambio elettorale politico mafioso.
I manifesti elettorali. L’inchiesta Rinascita-Scott ha quindi aggiunto un altro aspetto importante. Orazio Lo Bianco, in occasione delle elezioni politiche del 2018, “veniva incaricato – sottolineano gli inquirenti – anche dell’affissione dei manifesti elettorali e ciò grazie soprattutto all’interessamento del fratello Alfredo Lo Bianco”, anche quest’ultimo accusato del reato di scambio elettorale politico mafioso e di recente reintegrato dal prefetto di Vibo Valentia, Francesco Zito, in Consiglio comunale dopo la modifica delle misure cautelari a suo carico da parte del gip (prima arresti domiciliari e poi obbligo di dimora).
Chiare le conclusioni della Dda di Catanzaro: “Da ciò deriva che Orazio Lo Bianco, e pertanto il sodalizio vibonese, ha una considerevole capacità di infiltrazione nella politica locale e nelle istituzioni, comportando dei benefici personali e per l’intera organizzazione criminale che portano ad accrescere il prestigio ed il potere di quest’ultima”.
Mommo Macrì e la politica. E’ a questo punto che gli inquirenti sottolineano che però agli atti dell’inchiesta vi è un’altra importante “risultanza captativa dalla quale emerge come Orazio Lo Bianco non sia l’unico componente del Locale dì ‘ndrangheta di Vibo Valentia a mantenere rapporti con i locali esponenti politici, interessandosi alle elezioni ed alla formazione delle locali amministrazioni”.
In data 8 gennaio 2018 veniva infatti “registrata una conversazione ambientale intercorsa tra l’indagato Domenico Macrì, detto Mommo, ed un soggetto in via di identificazione chiamato “avvocato”.
Nella circostanza veniva trattato “l’andazzo della politica locale – rimarca la Dda – con i due interlocutori che discutevano delle capacità elettorali di alcuni esponenti politici locali nonché delle future prospettive politiche.
In tale contesto, Domenico Macrì si mostrava abbastanza interessato ed addentrato nell’argomento manifestando le proprie conoscenze vantate tra gli esponenti politici vibonesi. L’interlocutore del monitorato introduceva la figura politica di Bruno Censore – già deputato e candidato alla Camera dei Deputati alle elezioni tenutesi in data 04.03.2018, a seguito delle quali non veniva rieletto – asserendo: “Ma perché poi stare ancora con Censore, con tutto il rispetto per Censore, che fa Censore? Puoi stare con Censore…, oggi mi diceva Vito: “eh ma stiamo al Governo”, ma che cazzo racconti! Siamo nel…più totale gli ho detto io!”. Secondo gli inquirenti, quindi, l’interlocutore di Mommo Macrì (chiamato “avvocato”) manifestava la propria “contrarietà sull’attuale spessore politico di Censore, accennando di averne discusso in giornata con tale Vito, soggetto riconducibile – scrivono i carabinieri e la Dda – a Pitaro Vito, già assessore del Comune di Vibo Valentia ed esponente del Partito Democratico così come Censore”.
“Vito mi rispetta…”. Dopo tali considerazioni dell’interlocutore, era Mommo Macrì a riferire: “Vito si può ritirare a casa pure lui… Luciano è adesso, Vito si può ritirare a casa”, aggiungendo: “Vito a me mi rispetta”. Scrive la Dda al riguardo: “Appare evidente come il monitorato Macrì associasse a Pitaro, con il quale vanterebbe stretti rapporti, le medesime critiche avanzate dal proprio interlocutore nei confronti di Censore, ritenendo che questi ultimi stessero ormai vivendo una decadenza politica e considerando il futuro esponente di spessore della politica vibonese il citato Stefano Luciano, attuale presidente del consiglio comunale cittadino”. All’epoca – gennaio 2018 – Stefano Luciano era presidente del Consiglio comunale di Vibo con sindaco Elio Costa.
“Stefano un amico…”. L’intercettato Mommo Macrì aggiungeva quindi: “Io glielo avevo detto…, avvertito che pure a livello di votazioni, a livello di cose.., io onestamente perché… a parte che vuole crescere… vuole crescere e uno quando vuole cresce fa qualcosa”. Per Dda e carabinieri del Ros e del Nucleo Investigativo di Vibo, con tale frase Mommo Macrì voleva “verosimilmente intendere di aver garantito il proprio appoggio elettorale al predetto Luciano, in quanto lo riteneva un esponente politico in fase di esponenziale crescita”.
Dopo aver precisato che stava parlando di Stefano Luciano, Mommo Macrì ribadiva il precedente concetto: specificando che lo considerava un “amico” (“Stefano! Si ma vuole crescere pure… che è un amico poi… nel senso che…sa come.. Poi perché vuole crescere, quando uno vuole crescere qualcosa la combina”). L’interlocutore di Mommo Macrì riprendeva a questo punto “la figura di Vito Pitaro, sostenendo che quest’ultimo era ormai consapevole di aver perso consenso elettorale e pertanto aveva deciso di non candidarsi personalmente, continuando tuttavia a rimanere “dietro le quinte”.
Infine, Domenico Macrì commentava: “No… lui vorrebbe secondo me… perché gli ho buttato una battuta un giorno gli ho detto: mi pare a me che sindaco votiamo…, no no…Stefano Luciano…”.
Mommo Macrì ed il suo interlocutore concludevano la conversazione con giudizi pure sull’allora sindaco Elio Costa. Mommo Macrì nelle intercettazioni: “Costa se ne fotte! Adesso è vecchio…si vede la Vibo bene…si è mangiato le cose di…”. A tali considerazioni, l’interlocutore di Mommo Macrì (definito “avvocato”) rispondeva su Elio Costa: “Ha pensato solo a fargli un teatro perché il figlio recita, guarda tu che cosa… con tante cose che ci sono da fare a Vibo tu mi fai il teatro per tuo figlio!”
Per la cronaca: Bruno Censore, Vito Pitaro e Stefano Luciano, oltre che Elio Costa e Giuseppe Lo Bianco, non sono indagati nell’inchiesta Rinascita-Scott. Vito Pitaro (all’epoca esponente del Pd), che Mommo Macrì ed il suo interlocutore davano per politicamente finito, nelle elezioni amministrative del maggio dello scorso anno è stato l’ispiratore della lista “Città Futura” che è riuscita a far eleggere alcuni consiglieri comunali a sostegno dell’attuale sindaco Maria Limardo. Dal gennaio scorso Vito Pitaro è consigliere regionale, eletto nella coalizione di centrodestra con la lista “Jole Santelli presidente”.
Stefano Luciano, invece, dopo l’iniziale sostegno al sindaco Elio Costa e poi il sostegno alle politiche del 2018 alla lista dell’ex ministro Lorenzin che candidava alla Camera dei Deputati l’ex assessore Vincenzo De Filippis, nel maggio dello scorso anno è stato candidato a sindaco (sostenuto dal Pd e da uno schieramento che andava da Censore e Mirabello sino alla destra dell’ex senatore Bevilacqua e dell’ex sindaco Nicola D’Agostino) venendo sconfitto da Maria Limardo. Stefano Luciano è attualmente consigliere comunale di minoranza (capogruppo del Pd) ed è anche l’avvocato in sede penale dell’indagato (e consigliere comunale anche lui del Pd) Alfredo Lo Bianco.
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