Rinascita-Scott, chiusa l’epocale inchiesta resta il nodo aula-bunker
Ormai è certa la celebrazione del maxi-processo in Calabria, ma dopo l’udienza preliminare che verrà ospitata da una tensostruttura servirà una soluzione definitiva. Varie le ipotesi sul tavolo mentre Vibo resta alla finestra
Il processo Rinascita-Scott si farà in Calabria. È questa la ferma convinzione del procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, rafforzata ancor di più all’indomani della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ad un totale di 479 persone. Un’indagine epocale che necessita ora di misure straordinarie per la celebrazione della fase dibattimentale. «Speriamo che l’inizio possa avvenire per la fine di luglio» ha affermato proprio nella giornata di ieri lo stesso procuratore. Resta però ancora aperto il nodo della struttura che dovrà ospitare un procedimento che vedrà coinvolti, oltre ai quasi 500 imputati, anche 230 avvocati, decine tra magistrati, personale amministrativo e forze dell’ordine. Il tutto complicato dalle precauzioni necessarie ad assicurare il distanziamento sociale dovuto alla pandemia Covid-19.
Tramontata, definitivamente, la possibilità che il maxi-processo si possa celebrare a Vibo Valentia (dove pure era stato preso in considerazione un adeguamento del Palasport provinciale di località Maiata), le opzioni sul tavolo portano a Catanzaro. Nella città capoluogo di regione si valuta la realizzazione di una tensostruttura da mille posti che possa ospitare l’udienza preliminare nel cortile del carcere di Siano. Espediente temporaneo nelle more di una soluzione definitiva per la quale si pensa ad un’area adiacente il carcere minorile o al palazzetto dello sport di via Paglia, mentre da Lamezia si avanza la proposta della Fondazione Terina e la Camera penale di Vibo Valentia spero in un ritorno in città proponendo l’adeguamento del Tribunale “nuovo” di via Lacquari.
Sul punto è sempre lo stesso Gratteri ad ammettere: «Il processo sarà fatto in Calabria anche se ancora non sappiamo di preciso dove. Si sta ragionando su una tensostruttura da installare nel cortile del carcere catanzarese di Siano quale soluzione provvisoria e poi su un altro luogo stabile». Scongiurata in ogni caso l’ipotesi che il processo possa celebrarsi fuori regione, così come si era pure ipotizzato in un primo momento, guardando alle aule bunker delle carceri di Roma, Napoli e Palermo. Opzioni definitivamente fugate dopo l’audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia del procuratore che ha ricostruito tutto l’iter della vicenda, dichiarando che già il 29 marzo 2019, dunque esattamente 9 mesi prima del maxi-blitz, il presidente della Corte d’appello di Catanzaro Domenico Introcaso, aveva scritto al ministero della Giustizia rappresentando la necessità di una nuova aula bunker della capienza di almeno 500 persone a servizio del distretto. Richiesta rimasta lettera morta. Ma i numeri dell’epocale inchiesta costringeranno ora anche il ministero a darsi da fare attivamente trovando una soluzione in tempi rapidi.