Fondazione di Natuzza: ecco tutti i particolari eclatanti della decisione del vescovo
La revoca del decreto di religione ed i risvolti dell’assemblea dei soci fondatori che hanno bocciato le richieste di monsignor Luigi Renzo. Il ruolo dell’ufficio giuridico della Cei
Nell’analizzare la revoca del decreto di religione e di culto alla Fondazione “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime” di Paravati, balzano agli occhi particolari eclatanti che hanno contraddistinto la vicenda, compresi risvolti dell’assemblea dei soci fondatori che ha bocciato le riforme dello statuto richieste da monsignor Luigi Renzo. Soprattutto se si punta lo sguardo alle premesse. Dopo aver considerato “che nel corso degli anni si è reso necessario un aggiornamento di alcune parti dello statuto”, il presule nel documento constatata l’assoluta indisponibilità manifestata dal Cda in quasi due anni di trattative, “restando nella convinzione che lo Statuto è “intoccabile”, pur dopo aver costituito “ad hoc” una Commissione paritetica di studio che ha lavorato per diversi mesi senza esito”.
Nemmeno i pareri autorevoli sulla nuova bozza di Statuto, espressi dall’ufficio giuridico della Cei, dal nunzio apostolico in Italia, dalla segnatura apostolica, dalla segreteria di stato del Vaticano, “pareri tutti fatti pervenire al presidente del Cda”, hanno sortito alcun effetto di “alleggerimento della posizione pregiudizalmente negativa della Fondazione”. Il prelato punta anche il dito sul fatto che “senza giustificati motivi perfino la bozza dello Statuto concordata e sottoscritta” con lo stesso vescovo “dal presidente e sacerdote Pasquale Barone è stata rigettata”, per poi mettere in evidenza alcuni aspetti dell’ultima assemblea dei soci fondatori.
Nello specifico, “il rifiuto totale, quasi irriverente, della stessa autorità del vescovo che, a norma dei cann. 305§1 e 323§1, aveva inviato due suoi delegati all’assemblea del sodalizio”, e poi la circostanza che a questi “non è stato riconosciuto diritto di parola nemmeno per porgere il saluto del vescovo, con la motivazione pretestuosa che essendo la Fondazione di diritto privato non dipendeva dalla giurisdizione vescovile”. Quindi soprattutto la constatazione che durante l’assemblea, pubblicamente, “la quasi totalità dei soci presenti, ivi compresa la componente clericale, ha affermato e ritenuto che lo Statuto ed in specie “Il testamento spirituale” di Natuzza riportato nell’articolo 2 erano “intoccabili” perché Natuzza è ritenuta “messaggera” diretta della Madonna”, che in una apparizione “l’avrebbe costituita esecutrice di un mandato divino anche a prescindere dall’autorità ecclesiastica”.
Per il vescovo, tale affermazione “in verità mai è stata fatta dall’interessata e per di più è in netto contrasto con il suo normale atteggiamento di obbedienza alla Chiesa”. Secondo monsignor Luigi Renzo, il riconoscimento di queste asserite apparizioni non è stato inoltre “mai concesso dall’Ordinario diocesano e si configura come ereticale e come insubordinazione anche ai disposti della Lettera Apostolica “Norme per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni” (25 febbraio 1978), norme poi riconfermate il 14 dicembre 2011”.
In aggiunta a tutto ciò viene infine puntualizzato “che da esplicite dichiarazioni di molti soci durante la predetta assemblea, anche qui in stridente contrasto con gli insegnamenti di umiltà e di obbedienza alla Chiesa di Natuzza, è apparso chiaro il rifiuto di ogni rapporto con la diocesi, quasi che la Fondazione fosse un ente privato a sé stante e, pertanto, autonomo da ogni ingerenza estranea, ignorando peraltro che essendo un ente approvato con decreto vescovile è sottoposto di conseguenza alla vigilanza dell’Ordinario diocesano (cf. citato can. 305 ed altri)”.
Una serie di premesse significative, incardinate nella sottolineatura finale secondo la quale “la decisione di revoca del decreto viene presa con l’autorevole parere dell’ufficio giuridico della Cei espresso in data 31 luglio 2017, al fine di arginare lo scandalo che ne sta venendo ai fedeli tutti”.
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