Operazione “Perseo”: annullata con rinvio la condanna per il vibonese Ascone
La Cassazione si è pronunciata anche per il 51enne di Limbadi accusato di aver fornito ingenti quantitativi di cocaina ai clan Giampà e Cappello di Lamezia Terme
C’è anche Salvatore Ascone, 51 anni, di Limbadi, detto “U Pinnularu” o “U Capraru”, fra gli imputati dell’operazione antimafia “Perseo” contro i clan di Lamezia Terme che venerdì sera hanno ottenuto dalla Cassazione l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Catanzaro il 18 luglio dello scorso a anno. In particolare, Ascone si è visto annullare con rinvio per un nuovo processo di secondo grado la condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione rimediata per reati legati agli stupefacenti ed alle armi.
Salvatore Ascone è infatti accusato di aver rifornito per anni chili di stupefacenti alle cosche Giampà e Cappello di Lamezia Terme, vendendo dall’estate del 2005 a tutto il 2010, ben 25 chili di cocaina a Giuseppe Giampà di Lamezia Terme, dal 2012 collaboratore di giustizia ed all’epoca dei fatti ritenuto al vertice del “gruppo armato” dell’omonimo clan lametino guidato dal padre Francesco, detto “Il Professore”, detenuto da anni.
Nel periodo di detenzione a Bologna di Giuseppe Giampà, un altro chilo di cocaina sarebbe stato ceduto, fra il febbraio del 2007 ed il marzo del 2008, dal vibonese Salvatore Ascone (ritenuto vicino ai Mancuso di Limbadi) a Saverio Cappello, attuale collaboratore di giustizia insieme al padre Rosario. I Cappello, detti “I Montagnari”, all’epoca erano ritenuti i boss della frazione Bella di Lamezia Terme, zona collinare a Nord della città, divenuti in seguito alleati del clan Giampà che “controllava” invece la zona di Nicastro. Lo stupefacente sarebbe stato poi ceduto dai Giampà e dai Cappello a singoli spacciatori alle loro dipendenze che l’avrebbero venduto sulla “piazza” lametina.
Salvatore Ascone, sfuggito all’ordinanza di custodia cautelare all’atto del blitz relativo all’operazione “Perseo”, era stato poi catturato a Limbadi, in casa del fratello defunto, il 4 febbraio 2014 dopo oltre 6 mesi di latitanza dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia. E’ difeso dagli avvocati Salvatore Staiano, Valerio Spigarelli e Francesco Sabatino.