Rinascita-Scott: lascia il carcere 79enne ritenuto fra i boss di Vibo
Passa agli arresti domiciliari per motivi di salute e per l’emergenza coronavirus. E’ accusato di essere fra i promotori di un nuovo “locale” di ‘ndrangheta in città
Passa dal carcere agli arresti domiciliari Domenico Camillò, 79 anni, di Vibo Valentia, arrestato a dicembre nell’operazione antimafia “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro. Il gip distrettuale ha infatti accolto un’istanza degli avvocati Francesco Sabatino e Walter Franzè disponendo la scarcerazione di Domenico Camillò detenuto a Caltanissetta. Gli arresti domiciliari sono stati concessi per motivi di salute e per l’emergenza del coronavirus che hanno reso incompatibile con il regime carcerario Domenico Camillò, ritenuto uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta di Vibo Valentia, ritenuto dagli inquirenti il reggente della ‘ndrina dei Pardea, detti “Ranisi”.
Ad accusarlo, anche il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena (nipote dello stesso Camillò) che ha indicato lo zio fra i promotori (insieme al defunto Raffaele Franzè, detto “Lo Svizzero”) del nuovo “locale” di ‘ndrangheta aperto nel 2012 a Vibo Valentia ed in rapporti sia con i Bellocco di Rosarno che con Domenico Oppedisano, pure quest’ultimo di Rosarno e ritenuto il “custode” delle regole dell’intera ‘ndrangheta.
Stando al capo di imputazione, Domenico Camillò avrebbe ricoperto nella ‘ndrina dei Pardea di Vibo, detti “Ranisi”, un ruolo rappresentativo e decisionale, con il compito di mantenere l’ordine interno al sodalizio e coordinarne le attività, partecipando alle riunioni del sodalizio in cui venivano assunte le decisioni più importanti per la vita dell’organizzazione criminale. E’ poi accusato di detenzione illegale di armi in concorso con il figlio Michele Camillò e con Domenico (Mommo) Macrì.
Domenico Camillò è inoltre accusato del reato di concorso in estorsione aggravata dal metodo mafioso (con Salvatore Morelli, Bartolomeo Arena, Domenico Camillò cl. ’94, Luigi Federici e Giuseppe Suriano) ai danni di Filippo e Pasquale La Scala, titolari del pub “Tribeca Bistrot”. Sarebbe stato proprio Domenico Camillò – secondo l’accusa – a presiedere una riunione al cimitero di Vibo Valentia in cui avrebbe stabilito che sarebbe toccato a Bartolomeo Arena, mediante intercessione con Filippo La Scala, ottenere un trattamento di favore (sconto sulle consumazioni) per tutti i sodali della ‘ndrina dei Pardea che si recavano nel pub di Vibo.
Sempre Domenico Camillò sarebbe stato infine il soggetto che avrebbe garantito il conferimento delle “doti” di ‘ndrangheta (Vangelo e Trequartino) conferite a Bartolomeo Arena.
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