Agguato a Mileto: 16enne ucciso, si indaga su un possibile complice
Al vaglio degli inquirenti i profili social della vittima e del 15enne che avrebbe aperto il fuoco. Una terza persona potrebbe aver “giocato” un ruolo importante nella vicenda
E’ da poco terminato a Catanzaro dinanzi al pm della Procura per i minori l’interrogatorio di Alex Pititto, il 15enne di San Giovanni di Mileto accusato di aver aperto il fuoco con una pistola uccidendo il 16enne Francesco Prestia Lamberti. Il ragazzo resta a disposizione della Procura e nelle prossime ore si attendono ulteriori sviluppi e la fissazione da parte del giudice dell’udienza di convalida del fermo.
Il 15enne, dopo aver ucciso l’amico 16enne, si è consegnato ai carabinieri indicando il posto dove ritrovare il cadavere, un uliveto alle porte di Calabrò, frazione di Mileto. I due ragazzi, frequentanti classi diverse del medesimo istituto scolastico, diverse volte sarebbero usciti insieme in compagnia di altri coetanei. In molti li indicano come amici. Ancora da capire come il 15enne sia entrato in possesso della pistola e perché si sia presentato armato ad un appuntamento in campagna con la vittima. Da chiarire pure se il luogo dove è stato ritrovato il cadavere del ragazzo sia lo stesso dove si è consumato il fatto di sangue.
I profili social. Al vaglio degli inquirenti diverse ipotesi per tentare di capire la causa scatenante la furia omicida. Tante le piste, ma una appare al momento più battute delle altre. Gli investigatori si stanno infatti concentrando in queste ore ad esaminare i profili social (Facebook) della vittima e del presunto autore del fatto di sangue. Fra le ipotesi al vaglio anche quella secondo la quale all’origine dell’omicidio vi sarebbe un commento, un “mi piace” o una condivisione di troppo sul social network Facebook.
Il ruolo di una terza persona. Gli inquirenti, anche alla luce dell’interrogatorio reso da Alex Pititto, non scartano fra l’altro un’ipotesi di non poco conto, vale a dire che il 15enne possa non aver agito da solo. Si cerca di capire, in particolare, se una terza persona abbia condotto Francesco Prestia dinanzi a Pititto che si sarebbe presentato armato di pistola.
Il capitano. Francesco Prestia Lamberti era il capitano della locale squadra giovanile di calcio del Mileto, estremamente popolare, quindi, fra i giovanissimi del paese. In tanti, fin da ieri notte, hanno iniziato ad inondare la sua bacheca Facebook di rassegnati messaggi di cordoglio. “Non servono le solite parole per dire che sarai sempre nel mio cuore, ma serve dimostrarlo e dal mio cuore non uscirai più. Non ti dimenticherò mai. Riposa in pace amico mio” scrive un coetaneo. “Addio mio capitano” scrive invece un compagno di squadra.
I Pititto. Quando la sua famiglia era in “guerra” con i Galati, Alex non era neppure nato. E’ qui, nella Mileto che ancora oggi fa i conti con le ferite lasciate dalla faida degli anni ’80 e ‘90, che lui – il quindicenne – è cresciuto. Alex è infatti figlio figlio di Salvatore Pititto, il presunto narcos finito in arresto lo scorso gennaio nella maxioperazione “Stammer”. E’ la stessa operazione nella quale sono rimasti coinvolti pure la madre e il fratello di Alex. E’ una famiglia il cui nome è indissolubilmente legato a quello del cugino, Pasquale Pititto, il boss in carrozzina, condannato all’ergastolo ma libero di comandare dagli arresti domiciliari, almeno secondo la collaboratrice di giustizia Oksana Verman. Lo stesso Pasquale Pititto cognato di Michele Iannello, quest’ultimo condannato per l’omicidio nel settembre del 1994 del piccolo Nicolas Green, freddato sull’autostrada durante un fallito tentativo di rapina ai danni dell’auto del padre Reginald scambiata per quella di un gioielliere.
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