sabato,Novembre 23 2024

Paravati, polemiche Fondazione-Diocesi: il Consiglio Episcopale difende l’operato del vescovo

Intervento a sostegno del corretto operato del presule in relazione alla proprietà del patrimonio e alla consacrazione della chiesa. E sulla causa di beatificazione di Natuzza: «In questo momento tutti farebbero bene a stare calmi ed a saper attendere»

Paravati, polemiche Fondazione-Diocesi: il Consiglio Episcopale difende l’operato del vescovo

Il Consiglio episcopale ed il Collegio dei consultori della Diocesi di Mileto, Nicotera, Tropea, riuniti in seduta congiunta, hanno manifestato piena solidarietà e vicinanza al vescovo Luigi Renzo «per gli attacchi subiti a mezzo stampa in merito ai rapporti tra la diocesi e la Fondazione “Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime”».

Sono sempre i due organismi diocesani a fare presente che «il vescovo, nei singoli passaggi, si sta muovendo non a titolo personale, ma col conforto del Consiglio presbiterale diocesano e soprattutto col supporto e la consulenza dell’Ufficio giuridico della Conferenza episcopale italiana, della Nunziatura apostolica in Italia, della Segnatura apostolica (tribunale supremo della Chiesa universale), della Segreteria di Stato vaticana. I suoi passi, pertanto, hanno avuto l’avallo e l’approvazione di tutti i predetti organismi centrali».

Quindi le precisazioni circa le accuse che, suo malgrado, hanno coinvolto il presule: «Non risulta essere vero che il vescovo o la diocesi, vogliano in qualche modo appropriarsi del patrimonio della Fondazione, che mantiene a pieno titolo la sua personalità giuridica privata e quindi la proprietà dei suoi beni patrimoniali, compresa la chiesa. Chiaramente, però, non può essere di pertinenza e di competenza della Fondazione la cura e la gestione della pastorale e del culto, che sono sotto l’esclusiva e canonica giurisdizione del vescovo della Diocesi».

A prova di ciò si citano gli accordi contenuti nel nuovo Statuto «in attesa di approvazione dell’assemblea, concordato e sottoscritto di comune accordo lo scorso 7 marzo dal Vescovo e dal Presidente don Pasquale Barone, davanti a testimoni di entrambe le parti».

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Ancora, a riguardo della consacrazione della chiesa, si chiarisce che «è stata sempre chiara la posizione del Vescovo nei confronti della Fondazione. Il 25 gennaio 2017, per esempio, al presidente della Fondazione che lo informava dell’avvenuto rilascio delle certificazioni dell’agibilità della chiesa da parte della competente autorità e che quindi si poteva passare all’eventuale consacrazione del sacro edificio, così il Vescovo rispondeva, “Apprendo con soddisfazione che sono state rilasciate le certificazioni di agibilità da parte delle competenti autorità. A riguardo vorrei ricordarLe, comunque, quanto Le scrissi il 3 dicembre 2015 (Prot. N. 62/15/V), che riporto testualmente: ‘Faccio presente che l’utilizzazione della Chiesa è senz’altro subordinata alla certificazione dell’agibilità delle competenti autorità civili, come viene giustamente rilevato, ma questa è insufficiente senza la consacrazione e dedicazione dell’altare (can. 1237), di competenza esclusiva del Vescovo diocesano (can. 1206)’. Trattandosi qui di una chiesa di proprietà privata, ‘non sarà possibile consacrare la chiesa senza gli accordi preliminari anche di natura canonica’ con la diocesi, regolamentando in maniera più puntuale i rapporti di collaborazione tra Diocesi e Fondazione su base statutaria e non con un semplice ‘regolamento’ aleatorio».

Nella stessa lettera, aggiungono Consiglio episcopale ed il Collegio dei consultori della Diocesi «il Vescovo ribadiva che era anche sua ferma intenzione di consacrare la chiesa non appena fosse stato approvato il nuovo Statuto “per renderlo più consono alle esigenze di un’opera che, pur nella sua autonomia amministrativa, nasce dentro la Chiesa e cammina con essa unitamente al Vescovo ed al resto della comunità ecclesiale”. Da allora e finora non è successo nulla. Nemmeno dopo l’accordo del 7 marzo, prima ricordato. Più che al Vescovo, pertanto, bisognerebbe chiedere alla Fondazione perché non si adegua alle esigenze previste dalle norme canoniche al fine di arrivare prima possibile alla consacrazione della chiesa, fermo restando che non può sussistere una chiesa parallela ed autonoma dalla giurisdizione piena del Vescovo diocesano».

Vi è poi la “grande” questione della causa di beatificazione di Natuzza, che «è altra cosa. In questo momento tutti farebbero bene a stare calmi ed a saper attendere, come ha chiesto monsignor Renzo. Un solo chiarimento procedurale, comunque, appare necessario a riguardo del ruolo della Congregazione della Dottrina della Fede nei processi di beatificazione. A chi è informato, è noto che la Congregazione della Causa dei Santi non dà il “nulla osta” per costituire il Tribunale diocesano per l’avvio di una Causa se prima non c’è il “placet” della Congregazione della Fede, che si pronuncia alla luce dell’eventuale documentazione in giacenza nel proprio archivio. Qualora detta Congregazione dovesse tardare o negare il placet, la Congregazione dei Santi non può accogliere alcuna istanza di apertura di cause. Ciò precisato, dopo quanto successo nei giorni scorsi, per onestà intellettuale, andrebbero doverosamente presentate pubbliche scuse da parte di tutti al vescovo, ingiustamente fatto passare per un millantatore e profittatore della buona fede dei fedeli».

Infine, la considerazione che «l’opera voluta da Mamma Natuzza è così articolata e straordinaria, che non può partire col piede sbagliato e fuori da un alveo giuridico-pastorale preciso, determinato e senza zone d’ombra, in modo che siano facilitati e senza equivoci i rapporti presenti e futuri di collaborazione e di intesa tra la Diocesi e la Fondazione. Senza nulla togliere o misconoscere ai meriti della Fondazione, Natuzza e la sua Opera non possono essere considerati di natura privatistica. Esse costituiscono patrimonio spirituale della Chiesa che, nella sua interezza, va tutelato e soprattutto vissuto con spirito di fede e di obbedienza come ha sempre fatto ed insegnato con la sua vita Mamma Natuzza».

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