“Rinascita”: i clan operanti fra Tropea e Capo Vaticano, ruoli e gerarchie
Il legame fra Luigi Mancuso ed Agostino Papaianni, la ‘ndrina dei La Rosa e le dichiarazioni dei collaboratori
Colpisce anche le ‘ndrine operanti su Tropea e Ricadi l’operazione “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro e dei carabinieri. Fra gli indagati, infatti, vi sono personaggi ritenuti di peso nella “geografia” mafiosa dei due centri della costa vibonese, con ruoli e compiti ben delineati dall’inchiesta. [Continua dopo la pubblicità]
Con il ruolo di organizzatori del clan di Tropea vengono indicati i fratelli Antonio e Francesco La Rosa i quali opererebbero in “costante collegamento con la consorteria di Limbadi, anche grazie al raccordo posto in essere con Domenico Polito”, altro soggetto ritenuto di peso nella “geografia” criminale della zona. Tali tre soggetti, secondo gli inquirenti, avrebbero individuato gli obiettivi da colpire, anche attraverso la selezione delle attività commerciali da sottoporre ad estorsione, nonché disponendo dei propri affiliati ai quali indicare le azioni da compiere e dirimendo i contrasti coinvolgenti i propri sodali, all’interno ed all’esterno della consorteria.
Domenico Polito, in particolare, è accusato di aver svolto il ruolo di collegamento fra il clan La Rosa di Tropea, il clan Mancuso di Limbadi e la figura di Agostino Papaianni, quest’ultimo – attualmente latitante – attivo e “competente” su tutta l’area di Capo Vaticano e sino a Coccorino e Joppolo da un lato e Tropea dall’altro. Sarebbe stato Domenico Polito a veicolare le diverse informazioni tra le varie consorterie, ricevendo e consegnando imbasciate e direttive, oltre ad essere “attivo nell’acquisto e reperimento di armi e munizioni nell’interesse della cosca La Rosa, ed nel recupero di crediti degli associati”. Con il ruolo di partecipi al clan guidato da Agostino Papaianni sono indagati invece Salvatore Accorinti di Tropea e Giuseppe Papaianni, quest’ultimo figlio di Agostino. Nel mirino di Agostino Papaianni e dei La Rosa sarebbero finiti diversi villaggi turistici fra Capo Vaticano e Tropea, con l’imposizione del rifornimento di generi alimentari (frutta, principalmente) e l’assunzione di personale. [Continua dopo la pubblicità]
Sul conto di Agostino Papaianni, anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella: “Conosco Agostino Papaianni dal 1993. In quella occasione nel carcere di Catanzaro Siano Luigi Mancuso, che era in compagnia di mio cognato Pasquale Giampà, in un incontro al passeggio, mi ha riferito se potevo fare il rimpiazzo di Giuseppe Rizzo, figlio di Romana Mancuso, mettendo in copiata come capo società Agostino Papaianni. Sapevo che Papaianni era affiliato ai Mancuso ed era in ottimi rapporti con Luigi Mancuso, so anche che Papaianni aveva un distributore di carburante”.
Agostino Papaianni e Luigi Mancuso. A riscontro dell’attualità dei rapporti tra Agostino Papaianni e il boss Luigi Mancuso, il gip distrettuale spiega quindi che nel corso di un servizio di osservazione svolto in data 12 novembre 2019 in Corte d’Appello a Catanzaro in occasione della sentenza del processo “Black Money” sul clan Mancuso, in cui era imputato Agostino Papaianni (che è stato condannato a 7 anni e 8 mesi), ma non Luigi Mancuso, è stato documentata la presenza dello stesso Luigi Mancuso, giunto in compagnia di Pasquale Gallone e di Papaianni.
Bartolomeo Arena su Papaianni. A rendere da ultimo dichiarazioni su Agostino Papaianni è infine il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena. “Agostino Papaianni, tuttora – ha dichiarato Arena – è un referente importantissimo dei Mancuso. Per quanto a mia conoscenza, nel corso dei battesimi in carcere, vengono messi in copiata, molto spesso, Luigi Mancuso come capo società e Agostino Papaianni come contabile. Anche questo mi conferma l’importanza ed il rilievo di Papaianni, in quanto una tale posizione non può che essere riservata a soggetti di primo piano.
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