Operazione “Chopin”: le motivazioni della prescrizione per cinque imputati
Nel procedimento sulle ville di Coccorino, frazione di Joppolo, per il Tribunale di Vibo non emergono elementi per un proscioglimento nel merito
Sono state depositate dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto da Vincenza Papagno, a latere i giudici Graziamaria Monaco e Adriano Cantilena, le motivazioni della sentenza di “non luogo a procedere per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione” emessa il 22 novembre scorso in relazione al processo nato dall’operazione “Chopin” scattata il 25 gennaio 2010 con il sequestro preventivo di dieci ville (valore complessivo di quasi 15 milioni di euro) in contrada Judice di Coccorino, frazione del comune di Joppolo.
A beneficiare della prescrizione sono stati: Salvatore Vecchio, 85 anni, ex sindaco di Joppolo e che si trovava imputato quale responsabile del servizio Urbanistica del Comune (avvocati Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino); Giuliano Sterza, 61 anni, geometra residente a Coccorino e redattore dei progetti “incriminati” (avvocato Giuseppe Renda); Sisto Albino, 63 anni, di Joppolo, ingegnere redattore dei progetti contestati dalla Procura (avvocato Patrizio Cuppari); Renata Gasinowicz, 54 anni, di nazionalità polacca (avvocati Antonello Fuscà e Aldo Labate); Pasquale Ferrazzo, 56 anni, di Joppolo, responsabile del procedimento per la concessione edilizia rilasciata alla Gasinowicz (avvocati Giovanni Vecchio e Sandro D’Agostino).
Concorso in abuso d’ufficio il reato caduto in prescrizione, mentre nel medesimo procedimento altri capi d’imputazione erano già stati dichiarati prescritti in precedenza anche nei confronti di altri imputati, undici dei quali stranieri. Fra le contestazioni, anche la contravvenzione edilizia contestata ai cinque imputati in due capi d’imputazione.
Parti civili nel processo il Comune di Joppolo, assistito dall’avvocato Giuseppe Arcuri, e l’associazione ambientalista Wwf Italia, in persona del legale rappresentante Stefano Leoni, difesa e assistita dall’avvocato Angelo Calzone. [Continua in basso]
Il Tribunale nelle motivazioni della sentenza evidenzia che il reato di abuso d’ufficio, secondo quanto risulta dal capo d’imputazione, “sarebbe stato commesso, da ultimo, il 12 gennaio 2009, data di emissione dell’ultimo provvedimento di cui si contesta la legittimità, mentre la contravvenzione edilizia veniva accertata il 7 luglio 2009”. I giudici sottolineano quindi che “l’articolo 157 del codice penale stabilisce che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione. L’articolo 161 del codice penale – sottolinea ancora il Tribunale – statuisce inoltre che in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere”.
Alla stregua di tali rilievi, per i giudici “il termine massimo di prescrizione per il delitto di abuso d’ufficio ascritto agli imputati è di sette anni e sei mesi, mentre quello per la contravvenzione edilizia è pari a cinque anni. Entrambi i termini risultano ampiamente decorsi” e da qui la sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione.
Il Tribunale ha ritenuto altresì di non poter accogliere “la richiesta di proscioglimento nel merito avanzata dalla difesa di Salvatore Vecchio”, in quanto “il proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze”.
Non avendo nel caso di specie l’imputato Salvatore Vecchio rinunciato alla prescrizione, per il Tribunale di Vibo “non emergono elementi che consentono di ritenere infondata nei predetti termini la prospettazione accusatoria, né certamente può valere – sottolineano ancora i giudici – a tal fine la memoria depositata dalla difesa, con la quale si vuole sostenere l’assenza di consapevolezza in capo all’imputato di quanto contenuto nei documenti dallo stesso sottoscritti”.
Alla stregua di tali principi il Tribunale ha dichiarato l’improcedibilità dell’azione penale per estinzione dei reati nei confronti di tutti gli imputati, nessuno dei quali ha inteso rinunciare alla prescrizione. [Continua in basso]
L’accusa caduta in prescrizione
Secondo la Procura di Vibo Valentia ed il Corpo Forestale dello Stato, Salvatore Vecchio e Pasquale Ferrazzo, nelle rispettive qualità, avrebbero “rilasciato a Renata Gasinowicz la concessione edilizia del 2 novembre 2006 per la costruzione di una residenza rurale” in contrada Judice di Coccorino. Il 20 dicembre del 2007 seguiva la Dia per la realizzazione di un campo da tennis ed infine altra concessione (datata 12 gennaio 2009) per la costruzione di una piscina “in zona indicata come a vocazione agricola nel Piano Regolatore generale del Comune di Joppolo”. La contestazione di concorso in abuso d’ufficio nei confronti di Sisto Albino e Giuliano Sterza è relativa al fatto che l’ingegnere ed il geometra sono stati i redattori dei progetti in favore della Gasinowicz, le cui “concessioni ed assensi – ad avviso della Procura – sono da considerarsi illegitimi” in quanto in contrasto con la Legge Urbanistica regionale e poichè il permesso per la realizzazione di una residenza rurale sarebbe stato rilasciato “sulla base di un non consentito asservimento di lotti non contigui per raggiungere l’unità aziendale minima, costituente il presupposto per il rilascio in zona agricola di un permesso a costruire un fabbricato da destinare allo svolgimento di attività agricola, essendo nel caso in questione ciò vietato per la mancata definizione nello strumento urbanistico vigente dell’Unità aziendale minima”.
Assentendo quindi un progetto relativo ad un fabbricato che, per superfici e caratteristiche, non era destinato “allo svolgimento di un’attività agricola, ma aveva chiaramente vocazione residenziale”, gli imputati Salvatore Vecchio, Pasquale Ferrazzo, Sisto Albino e Giuliano Sterza avrebbero “intenzionalmente procurato al concessionario Gasinowicz Renata un ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nella possibilità di edificare un fabbricato destinato a residenza su un fondo a vocazione agricola” con un titolo concessorio ritenuto dagli inquirenti “nullo”.