“Stammer”: la deposizione a Vibo della collaboratrice Verman
I traffici con la cocaina e la marijuana nel racconto della compagna di Salvatore Pititto. I viaggi da Mileto a Bari sino in Albania ed i contatti con i Fiarè ed i rosarnesi
Deposizione della collaboratrice di giustizia Oksana Verman nel processo nato dall’operazione antidroga “Stammer 2” in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Nazionalità ucraina, in Italia dal novembre del 2000 ed ex amante di Salvatore Pititto, 50 anni, di San Giovanni di Mileto, la donna ha deciso di collaborare con la giustizia subito dopo il suo arresto avvenuto nel gennaio del 2017 nell’ambito dell’operazione della Guardia di finanza, con il coordinamento della Dda di Catanzaro, contro il traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
Arrivata in Italia tramite un’amica, Oksana Verman trova lavoro in una cooperativa agricola vicino Mileto attraverso l’aiuto di Salvatore Pititto per poi trasferirsi in una famiglia del luogo a fare la badante. Dinanzi al Collegio presieduto dal giudice Tiziana Macrì, rispondendo alle domande del pm Antonio De Bernardo la collaboratrice ha spiegato di aver iniziato “ad avere una relazione con Salvatore Pititto nel 2002. Ho così appreso – ha riferito la donna collegata in videoconferenza – che Salvatore Pititto trafficava cocaina e marijuana. Nel 2014 mi ha portato delle persone a casa, cioè John Peludo e tale Jota Jota. Salvatore Pititto mi disse che prendeva la marijuana a Bari e in Albania dove si recava unitamente a Massimo Pannaci”. Si tratta dello stesso Massimo Pannaci, di 52 anni, di Vibo Valentia, condannato a 10 anni di reclusione nell’aprile dello scorso anno nel troncone in abbreviato del processo “Stammer 2”. [Continua dopo la pubblicità]
Quindi il racconto delle trasferte in Albania di Salvatore Pititto “fermato una volta dalla polizia albanese dopo essersi recato in montagna, accompagnato da persone armate, a vedere le piantagioni di marijuana. A Mileto, invece, era venuto a far visita un emissario degli albanesi. L’intenzione di Salvatore Pititto – ha raccontato la Verman – era quella di comprare una grande imbarcazione per trasportare lo stupefacente dall’Albania in Italia, atteso che alcuni motoscafi che portavano marijuana erano stati scoperti e fermati dalle forze dell’ordine. Altra accordo per il narcotraffico era stato stipulato poi da Salvatore Pititto con Salvatore Paladino”, il 61enne di Rosarno imputato nel processo in corso a Vibo.
Un rapporto strettissimo e di subordinazione, Salvatore Pititto avrebbe invece avuto con il cugino Pasquale Pititto, dal 1992 sulla sedia a rotelle per via di un agguato ad opera del clan rivale dei Galati di San Giovanni di Mileto e che sta scontando l’ergastolo quale esecutore materiale dell’omicidio di Pietro Cosimo, avvenuto nel 1991 a Catanzaro su mandato del boss dei Gaglianesi Girolamo Costanzo, il quale pagò all’epoca cinque milioni di lire proprio a Pasquale Pititto ed a Nazzareno Prostamo (pure lui di San Giovanni di Mileto) per portare a termine la missione di morte.
“Non so dove Salvatore Pititto prendeva i soldi per il narcotraffico – ha riferito la Verman – ma ricordo che si era indebitato ed aveva portato quarantamila euro a Milano. Anche Salvatore Paladino reclamava da lui del denaro per la cessione di cocaina e per i traffici realizzati insieme. Pasquale Pititto non l’ho mai visto di persona, ma so che si sentiva spesso con il cugino Salvatore Pititto attraverso messaggi telefonici con frasi del tipo Amore mio mi manchi… Salvatore Pititto mi disse che doveva riferire tutto ciò che faceva al cugino Pasquale anche se non si poteva recare a casa di quest’ultimo”. Pasquale Pititto, per un certo periodo fuori dal carcere per motivi di salute, era infatti comunque sottoposto agli arresti domiciliari.
Altri acquisti di sostanza stupefacente, secondo la collaboratrice di giustizia, Salvatore Pititto (già condannato in abbreviato a 12 anni di reclusione) avrebbe poi fatto “dal dottore Fiarè”, vale a dire il dentista Francesco Fiarè, 40 anni (già condannato in abbreviato a 3 anni e mesi di reclusione), figlio del boss di San Gregorio d’Ippona Filippo Fiarè. “A Pasquale Pititto – ha sottolineato poi la collaboratrice – spettava una parte del ricavato dal traffico di cocaina e marijuana, ma non conosco Antonio Prostamo, né Francesco Paladino e neppure Leonardo Florio”.
Nel corso del controesame dell’avvocato Mario Santambrogio (difensore di Paladino) è infine emerso che Salvatore Paladino e Salvatore Pititto si occupavano pure delle sagre del paese e della sistemazione in tale occasioni delle sedie per i partecipanti.
Il controesame della collaboratrice di giustizia ad opera degli altri difensori (erano presenti in aula anche gli avvocati Bruno Vallelunga, Marianna Zampogna, Giuseppe Grande, Diego Brancia, Francesco Sabatino, Giovanni Marafioti e Francesco Capria) proseguirà il 5 febbraio.
Gli imputati sono: Antonio Prostamo, 31 anni, di San Giovanni di Mileto; Pasquale Pititto, 52 anni, di San Giovanni di Mileto (detenuto a Parma); Mario Calesse, 47 anni,di Sant’Eufemia d’Aspromonte, residente a Muggiò (Mb); Leonardo Florio, 56 anni, di Vibo Marina; Francesco Paladino, 29 anni, di Rosarno; Salvatore Paladino, 60 anni, di Rosarno; Michell Vincenzo Piperno, 36 anni, di San Costantino Calabro.
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