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Lavori sull’A3 nel tratto Mileto-Rosarno: scoperchiato un “Vaso di Pandora” (VIDEO)

La genesi dell’inchiesta, il rischio idrogeologico mai considerato, gli errori progettuali, le varianti illegittime e le disposizioni del gip. Guarda l'intervista al procuratore Bruno Giordano

Lavori sull’A3 nel tratto Mileto-Rosarno: scoperchiato un “Vaso di Pandora” (VIDEO)

Dodici indagati complessivi, altri due “proposti” ma che hanno finito per collaborare con gli inquirenti, ed un’inchiesta che mette a nudo un “rapporto patologico” fra funzionari dell’Anas e titolari delle imprese appaltatrici dei lavori sul tratto autostradale ricompreso fra gli svincoli di Mileto e Rosarno. Un’indagine della Guardia di finanza, e coordinata dal pm della Procura di Vibo Valentia Benedetta Callea, iniziata nel dicembre 2015 e che ha finito per scoperchiare quello definito dallo stesso sostituto procuratore come “un vaso di Pandora”, con una serie di frodi nelle pubbliche forniture confermate dalle analisi tecniche sui materiali utilizzati per le opere di ammodernamento risultati scadenti. Chi doveva controllare la regolarità dei lavori, ovvero alcuni funzionari dell’Anas, secondo la Procura non l’avrebbe fatto, tanto che i formulari attestanti lo smaltimento dei rifiuti sarebbero falsi.

Oltre ai quattro titolari di imprese o legali rappresentanti finiti in carcere (Gregorio Cavalleri di Dalmine (Bg), Domenico Gallo, di Bovalino, Vincenzo Musarra di Verdello (Bg) e Carla Rota di Almè, nel Bergamasco) ed ai cinque funzionari dell’Anas finiti ai domiciliari (Vincenzo De Vita di Tropea; Giovanni Fiordaliso, 47 anni, ingegnere, di Reggio Calabria; Salvatore Bruni di Catanzaro, Consolato Cutrupi, di Reggio Calabria; Antonino Croce di Palermo) sono indagati a piede libero: Maurizio Panarello, 50 anni, di Bovalino; Dino Laporini, 58 anni, di Filattiera (Ms); Giuliano Gini, 59 anni, di Sorisole (Bg).

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Rischio idrogeologico. Secondo l’ipotesi accusatoria ed i rilievi dei magistrati, il tratto autostradale interessato dai lavori (tronco Mileto-Rosarno) e le aree limitrofe, compresa una strada provinciale, sarebbero aree interessate da un “serio rischio idraulico-idrogeologico” che non è stato “mai considerato in nessuna fase di progettazione con conseguente configurabilità del reato di crollo di costruzioni”.

La variante suppletiva. Risale al 2013, interessa il viadotto del Mesima e presenterebbe diversi profili di illegittimità poiché “non fondata su circostanze sopravvenute e imprevedibili” ma determinata esclusivamente dalla “mancata considerazione dei dati oggettivi preesistenti”. Nonostante il “documentato errore progettuale ab origine, sia il direttore dei lavori Giovanni Fiordaliso, sia il responsabile del procedimento Consolato Cutrupi, avrebbero richiesto predisposto ed ottenuto la “Perizia di variante tecnica”, cagionando così un danno all’Anas pari ad euro 3.527.689,21.

Il valore complessivo dell’appalto supera i 60 milioni di euro ed anche grazie all’omesso rilevamento da parte del gruppo di progettazione dei lavori di completamento dell’errore progettuale, si sarebbe prodotto all’Anas un ulteriore danno connesso al pagamento dei lavori inseriti illegittimamente nella variante ed eseguiti dalle società “Cavalleri Ottavio spa in liquidazione di concordato preventivo” e poi “Cavalleri Infrastrutture srl”.

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Il Gip e le disposizioni per la messa in sicurezza. Il giudice delle indagini preliminari, Gabriella Lupoli, oltre alle ordinanze di custodia cautelare ha ordinato all’amministratore giudiziario già nominato per il tratto autostradale compreso fra Mileto e Rosarno, di provvedere ad assicurare compiutamente la messa in sicurezza del sito “allo scopo di ristabilire su entrambe le corsie di marcia adeguate prestazioni del tappeto drenante onde eliminare le rilevate criticità, apponendo nelle more – su tutto il tratto interessato – adeguati limiti di velocità e segnalazioni del rischio specifico.

Fondamentali per la ricostruzione della frode si sono rivelate anche una serie di intercettazioni telefoniche e d ambientali fra gli indagati.

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