“Rinascita-Scott”: la mediazione dei Mancuso nello scontro fra Vibo e San Gregorio
La ribellione delle donne della famiglia Lo Bianco, la ritrattazione delle accuse e la rappresaglia del clan Gasparro-Fiarè-Razionale nel racconto degli inquirenti e del collaboratore Mantella
Sarebbe stato il clan Mancuso a mediare la pace fra le “famiglie” Gasparro-Razionale-Fiarè di San Gregorio d’Ippona ed i Lo Bianco di Vibo Valentia coinvolti in una faida a seguito dell’omicidio l’1 luglio del 1981 di Pino Gasparro, alias “Pinu U Gattu”, nella piazza principale di San Gregorio d’Ippona ad opera di Francesco Fortuna, detto “Ciccio Pomodoro”, di Vibo Valentia, dopo che il nipote Pasquale Franzè, detto “U Tarra”, gli aveva riferito che Gasparro si era reso responsabile del furto di alcuni animali.
E’ quanto emerge dall’inchiesta “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro e dei carabinieri che ricostruisce avvenimenti importanti anche sulla scorta delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella.
Stando alla ricostruzione degli inquirenti, supportata anche da precedenti atti giudiziari, i Mancuso nello scontro fra i Fiarè-Gasparro-Razionale contro i Lo Bianco avrebbero deciso di sostenere il clan di San Gregorio d’Ippona “allo scopo di avere il controllo della città di Vibo fino a quel momento dominata da Ciccio Fortuna”. [Continua dopo la pubblicità]
Dall’omicidio di Giuseppe Gasparro derivarono come conseguenza e risposta altri due omicidi in danno di “personaggi coinvolti nell’uccisione di Gasparro, o comunque ritenuti vicini ad elementi del gruppo avverso”: in data 31 ottobre 1981 veniva assassinato Antonio Galati (nato a Mileto il 25.10.1941), cognato di Francesco Fortuna; la moglie di Galati, testimone oculare dell’evento, accusò quali autori Salvatore Vinci, Saverio Razionale e Filippo Fiarè. Successivamente restarono feriti in altri agguati Vincenzo Lo Bianco (cl. 45) e Antonio Lo Bianco (cl. ’48), entrambi di Vibo Valentia.
In data 9 gennaio 1982 veniva invece ucciso Domenico Lo Bianco (cl. ’31) fratello di Vincenzo Lo Bianco e cugino di Antonio Lo Bianco (cl. 48), quest’ultimo arrestato ora nell’operazione “Rinascita-Scott”. Secondo Rita Lo Bianco, madre di Andrea Mantella e sorella di Domenico Lo Bianco, “l’omicidio – sottolineano gli investigatori – era motivato dal rifiuto di allontanarsi da San Gregorio d’Ippona entro tre giorni” e riparare a Vibo città imposto come rappresaglia all’omicidio di Pino Gasparro dal clan Gasparro-Fiarè-Razionale a tutti i componenti della famiglia Lo Bianco residenti a San Gregorio d’Ippona.
A seguito di tali fatti di sangue, quindi, tutti i componenti della famiglia Lo Bianco si allontanarono precipitosamente da San Gregorio d’Ippona, abbandonando famiglie, proprietà e lavoro. In ordine all’omicidio di Domenico Lo Bianco, inoltre, venne all’epoca rinviato a giudizio Pasquale Gasparro”.
Sul punto, preziose si rivelano le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella: “La guerra fra i vibonesi e quelli di San Gregorio – ha fatto mettere a verbale – ha portato all’uccisione di Domenico Lo Bianco, fratello di mia madre, e di Antonio Galati, oltre al ferimento del fratello di mia madre, Vincenzo Lo Bianco che abitava a San Gregorio, ed al tentato omicidio di Antonio Lo Bianco (cl. ’48). Alla fine di questa guerra fu trovato un accordo anche tramite i Mancuso con il gruppo Fiarè-Razionale-Gasparro, nel quale si decise che i Lo Bianco di San Gregorio dovevano tornarsene a Vibo. Successivamente ci furono degli arresti nel gruppo Fiarè-Razionale-Gasparro che scaturirono dalle dichiarazioni di mia madre relative all’omicidio del fratello Domenico Lo Bianco. Mia madre, però, a seguito di richieste continue da parte del fratello Antonino, cognato di Carmelo Lo Bianco detto Sicarro, ritrattò tutto e gli autori dell’omicidio furono prosciolti”.
L’omicidio Galati. Risale invece al 31 ottobre 1981 a Filandari l’omicidio di Antonio Galati, cognato di Francesco Fortuna, alias “Ciccio Pomodoro”. Un fatto di sangue particolarmente cruento poiché – si legge negli atti dell’operazione “Rinascita-Scott” – venne “barbaramente ucciso mentre si trovava in compagnia della figlioletta e della moglie che, fatto impensabile per l’epoca – sottolineano gli investigatori – collaborò attivamente con gli organi di polizia giudiziaria, riconoscendo in Saverio Razionale, Salvatore Vinci e Filippo Fiarè gli assassini del marito. La donna infatti riferì nel dettaglio le modalità dell’agguato, al quale lei stessa e la sua bambina erano scampate solo grazie all’accorata implorazione di lasciarle in vita rivolta ai carnefici, talmente spietati da esplodere a bruciapelo alcuni colpi d’arma da fuoco contro il coniuge e da dargli il colpo di grazia con bestiale ferocia”. La donna indicò nell’omicidio di Giuseppe Gasparro (e nella conseguente incriminazione del cognato Francesco Fortuna) il probabile movente del fatto di sangue costato l’omicidio del marito. Le indagini accertarono che Antonio Galati aveva quasi sicuramente condotto Francesco Fortuna a San Gregorio d’Ippona in occasione dell’incontro in piazza dell’1 luglio 1981 costato poi la vita a Pino Gasparro. Galati, secondo le risultanze investigative, avrebbe poi favorito la fuga di Francesco Fortuna dopo il precipitare degli eventi, per cui l’omicidio dello stesso Galati avrebbe rappresentato l’eclatante e sanguinosa punizione inflitta dal clan Fiarè-Gasparro-Razionale ai vibonesi.
Le successive indagini consentirono di deferire all’autorità giudiziaria Saverio Razionale, Salvatore Vinci e Filippo Fiarè, pur se l’allora giudice istruttore del Tribunale di Vibo Valentia, a conclusione dell’istruttoria svolta, ritenne responsabile, nella propria ordinanza di rinvio a giudizio, soltanto Salvatore Vinci, mentre gli altri due vennero assolti per insufficienza di prove.
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