Rinascita-Scott: da Sant’Onofrio e Pizzo sino in Russia ed Ungheria
Gli affari del clan Bonavota ricostruiti dai carabinieri e dalla Dda di Catanzaro. Gli investimenti nel Nord Italia ed il riciclaggio del denaro
Dal Vibonese sino in Russia, passando per l’Ungheria, il Regno Unito e la Svizzera. Il clan Bonavota di Sant’Onofrio, secondo la Dda di Catanzaro ed i carabinieri, si sarebbe mosso su uno “scacchiere” internazionale, utilizzando quelle che vengono indicate nell’inchiesta “Rinascita-Scott” come loro “pedine”. A riciclare il denaro del clan sarebbero stati – secondo l’accusa – Gaetano Loschiavo, 32 anni, di Sant’Onofrio, Giovanni Barone, 51 anni, ragioniere, nativo di Roma ma di fatto domiciliato a Pizzo e Giuseppe Fortuna, 43 anni, residente a Filogaso (arrestato). Secondo l’accusa, i tre sarebbero stati in diretto contatto con quelli che vengono ritenuti come esponenti di spicco del clan Bonavota (Nicola Bonavota e Francesco Fortuna, anche loro arrestati), occupandosi personalmente – ma rendendone conto all’organizzazione – del reimpiego e del riciclaggio di denaro, nonché dell’acquisizione o infiltrazione di attività commerciali e società (preferibilmente in condizioni di difficoltà o dissesto economico-finanziario) nel Nord Italia (Piemonte, Liguria e Lombardia) ed all’estero, in particolare in Ungheria, Inghilterra ed in Russia. L’infiltrazione di alcune ditte sarebbero servite anche per rilevare ulteriori società e creare occasioni di lavoro (reali o fittizie) per esponenti del sodalizio, consentendo loro di acquisire potere decisionale di fatto all’interno di tali realtà imprenditoriali, disponendo di risorse economiche indebitamente sottratte dai fondi delle aziende infiltrate. [Continua in basso]
Le intercettazioni, oltre a riscontrare l’acquisizione di società (anche tentate) da parte del clan Bonavota, “facevano emergere – sottolinea la Dda di Catanzaro – un aspetto a dir poco grottesco. Difatti venivano riscontrate e-mail “pubblicitarie” indirizzate all’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) della Lombardia e di Como, nonché all’Ordine degli Architetti di Milano, alle quali veniva chiesto di indicare società con un fatturato di almeno cinque milioni di euro da poter acquisire al 50 % da parte della società Liquid Finance Limited – registrata nel Regno Unito e utilizzata da Giovanni Barone – con l’obiettivo di “risanarle finanziariamente”.
L’attività investigativa ha avuto inizio a seguito del tentativo, da parte del clan Bonavota, di acquisire cantieri edili in Liguria. Gaetano Loschiavo viene indicato quale autista di Domenico Bonavota.
“I primi movimenti anomali venivano registrati verso la metà del mese di ottobre 2016, allorquando – ricostruisce la Dda – Gaetano Loschiavo si recava nel milanese in compagnia del suocero Giovanni Barone. A tale spostamento sembrava essere interessato anche Giuseppe Fortuna, il quale ha intrattenuto copiosi contatti sia con Loschiavo che con Antonio Patania di Sant’Onofrio e cercava in più occasioni di apprendere la data di ritorno di Loschiavo facendo anche riferimento ad una movimentazione di denaro tramite bonifico”.
Dalle intercettazioni, alcuni riferimenti per la Dda appaiono “abbastanza eloquenti circa la portata degli affari trattati. Venivano menzionati, infatti, lavori per venti milioni di euro e società avviate all’estero attive su mercati nordafricani.
Veniva menzionata, altresì, la Compagnia delle Opere di Milano. A ben vedere – rimarca la Dda di Catanzaro – la conversazione potrebbe rappresentare gli enormi interessi economici che la ‘ndrangheta vanta in Lombardia ed all’estero e potrebbe ricondurre all’infiltrazione mafiosa in società ed appalti. In particolare, veniva fatto riferimento ad una società attiva in Ungheria ed emergeva che Gaetano Loschiavo il 7 novembre 2016 si recava in Ungheria. In tale circostanza il viaggio ed il soggiorno veniva organizzato ed offerto da Giovanni Barone”.
Giunto in Ungheria, Lo Schiavo proseguiva quindi i contatti con Barone, il quale gli forniva i dettagli su come muoversi. In particolare, lo invitava a mettersi in contatto con una donna di nome Edina, chiamata in una circostanza anche con l’appellativo “avvocato”, la quale dopo essersi recata in Tribunale avrebbe dovuto incontrarsi con Gaetano Lo Schiavo. Ad accompagnare Loschiavo in aeroporto avrebbe provveduto Giuseppe Fortuna.
Giovanni Barone (nei cui confronti per il gip non è emersa la gravità indiziaria in sede cautelare), attraverso l’utilizzo dell’utenza di nazionalità Svizzera, avrebbe infine organizzato un viaggio in Russia unitamente al genero Loschiavo, precisamente a San Pietroburgo. [Continua in basso]
AGGIORNAMENTO 15/07/2020: Stralciata la posizione di Giovanni Barone.
E’ stata stralciata la posizione di Giovanni Barone, 51 anni, ragioniere, nativo di Roma ma di fatto domiciliato a Pizzo, indagato a dicembre nell’operazione Rinascita-Scott della Dda di Catanzaro. All’atto dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari vergato dai pm della Dda, Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso, il nome di Giovanni Barone non compare infatti più fra gli indagati e la contestazione inizialmente rivoltagli – concorso in associazione mafiosa – viene ora contestata ai soli Gaetano Loschiavo, 32 anni, di Sant’Onofrio, e Giuseppe Fortuna, 43 anni, residente a Filogaso (arrestato). Era stato già il gip distrettuale a dicembre ad evidenziare che nei confronti di Giovanni Barone dall’attività investigativa raccolta non emergeva “la gravità indiziaria per il delitto di cui al capo A”, vale a dire l’associazione mafiosa.
Dopo il capo di imputazione elevato a dicembre con l’operazione Rinascita-Scott e la misura cautelare rigettata dal gip, Giovanni Barone ha quindi presentato una copiosa memoria difensiva alla Dda di Catanzaro, tesa a dimostrare la sua estraneità rispetto all’originaria ipotesi accusatoria. Argomentazioni che – alla luce dell’avviso di conclusione indagini preliminari – hanno portato allo stralcio della sua posizione ed al suo proscioglimento dall’inchiesta Rinascita-Scott. Per l’originaria ipotesi di accusa, quindi, saranno ora i soli Giuseppe Fortuna e Gaetano Lo Schiavo ad avere venti giorni di tempo per chiedere alla Dda di Catanzaro di essere interrogati o presentare eventuali memorie difensive attraverso i rispettivi legali.
Da tenere presente che – come riportato anche dal gip distrettuale – il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena, nell’interrogatorio del 6 novembre 2019, ha riconosciuto in foto Gaetano Loschiavo, “detto Buffano, soggetto – ha dichiarato il collaboratore – a disposizione dei Bonavota, ma non lo considero uno ‘ndranghetista. Quest’ultimo si presta per qualsiasi richiesta proveniente dalla consorteria santonofrese e viene utilizzato per accompagnare i sodali ad incontri. E’ da sempre gravitante in quel sodalizio ed attualmente presta attività lavorativa nell’impresa di Peppe Fortuna”. In buona sostanza, il collaboratore, secondo il gip, pur “non definendolo uno ‘ndranghetista, o meglio nonconsiderandolo tale (esprimendo sul punto una mera opinione e non una valutazione tecnico-giuridica),lo definisce soggetto a disposizione della cosca, legato a Peppe Fortuna, disposto adesaudire qualunque richiesta”. Le dichiarazioni del collaboratore secondo il gip “trovano un riscontro esternoindividualizzante negli esiti del presente procedimento, consentendo di ritenere Loschiavo come intraneo a tutti gli effetti, con un ruolo preciso, già evidenziatosi in sede intercettiva”.
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