“Rinascita-Scott”: la ‘ndrina di Cessaniti, i ruoli e gli affari illeciti
Il controllo del territorio ad opera dei Barbieri e dei Bonavena. I collegamenti con il “locale” di ‘ndrangheta di Zungri e le accuse dei pentiti
Fa luce per la prima volta anche sulla ‘ndrina di Cessaniti, l’operazione “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro e dei carabinieri. La cosca viene collocata all’interno del “locale” di ‘ndrangheta di Zungri guidato dal boss Peppone Accorinti che – come svelato dai collaboratori di giustizia Raffaele Moscato, Andrea Mantella, Emanuele Mancuso e Bartolomeo Arena – comprende anche i territori di Cessaniti, Pananconi, Mesiano di Filandari, Briatico e frazioni. In tale ultimo centro, a guidare la ‘ndrina vengono indicati Antonino Accorinti, Pino Bonavita e la famiglia Melluso.
Capo della ‘ndrina di Cessaniti viene invece ritenuto Francesco Barbieri, 55 anni, detto “Ciccio”, residente nella frazione Piana Pugliese. Quest’ultimo è fratello di Antonino Barbieri, 61 anni, di Pannaconi, detto “Carnera”, cognato del boss di Zungri, Giuseppe Accorinti, in quanto sposato con Domenica Accorinti. [Continua dopo la pubblicità]
Francesco Barbieri è accusato del reato di associazione mafiosa, in qualità di capo ‘ndrina di Cessaniti, con compiti di decisione, pianificazione delle strategie e degli obiettivi da perseguirsi e delle azioni delittuose da compiere, gestendo i rapporti con i gruppi rivali ed agendo in diretto contatto con Giuseppe Accorinti. In tal modo, Francesco Barbieri avrebbe avuto il controllo assoluto della zona di Cessaniti e Pannaconi, riscuotendo somme a titolo estorsivo, dirimendo controversie anche tra associati, compiendo reati volti a garantire al sodalizio proventi illeciti e prestigio ed autorevolezza nella popolazione locale, attraverso il mantenimento di un ordine “mafioso” sul territorio, nonché infiltrando l’economia locale.
Le indagini hanno inoltre permesso di accertare che le attività edili (ditta individuale “Surace Cristian” e ditta individuale “La Piana Giuseppe) con sede a Cessaniti “risultano essere nella disponibilità del Barbieri Francesco e “fittiziamente” intestate ai “compiacenti Cristian Surace, 27 anni,e Giuseppe La Piana, 37 anni, entrambi di Cessaniti e nipoti di Francesco Barbieri in quanto figli di due sue sorelle. Nei confronti di Cristian Surace e Giuseppe La Piana viene mossa l’accusa di intestazione fittizia di beni aggravata dalle finalità mafiose.
A collaborare con il fratello e con il cognato Peppone Accorinti ci sarebbe quindi Antonino Barbieri, anche lui come il fratello accusato del reato di associazione mafiosa e ritenuto “uno dei personaggi più importanti del sodalizio mafioso che controlla il territorio di Cessaniti”.
Associazione mafiosa è pure il reato contestato a Giuseppe Barbieri, 28 anni, alias “Peppareiu”, di Cessaniti, di fatto domiciliato a Pernocari, e Michelangelo Barbieri, 27 anni, di Cessaniti. Sono entrambi figli di Antonino Barbieri, e secondo l’accusa avrebbero collaborato direttamente e personalmente, con compiti esecutivi, alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa, contribuendo al controllo del territorio, svolgendo un ruolo attivo nel contrasto con i vicini gruppi rivali, compiendo azioni delittuose come estorsioni e detenzione di armi. Michelangelo Barbieri avrebbe inoltre svolto un ruolo anche nella detenzione e spendita di monete false, coadiuvando i vertici del clan nel settore della commercializzazione di bestiame con modalità illecite.
Giuseppe Barbieri, secondo le accuse del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, sarebbe inoltre rimasto coinvolto insieme al fratello in una rissa alla discoteca Punta Cana di Santa Domenica di Ricadi. Per la sua risoluzione, dopo un raid punitivo dei Barbieri nei confronti degli automobilisti che svoltavano al bivio di Nicotera e Limbadi sul viale del Poro, sarebbe direttamente intervenuto il boss Luigi Mancuso, il quale avrebbe chiamato Francesco Barbieri tramite Giuseppe Rizzo al fine di chiarire ogni aspetto della vicenda.
“Storico elemento di spicco della criminalità organizzata di Cessaniti, organico al sodalizio ed inserito nella c.d. Società maggiore” viene poi indicato Francesco Bonavena, 86 anni, di Pannaconi, finito agli arresti domiciliari. Il collaboratore Andrea Mantella, nell’interrogatorio del 20 ottobre 2016, lo indica come “uno dei vecchi capi di Pannaconi” e, nell’interrogatorio del 24 aprile 2015, Raffaele Moscato racconta della pretesa di “un fiore” da Bonavena da parte di un commerciante di Pannaconi.
Nell’ambito dell’operazione “Rinascita-Scott”, il giorno 27 novembre 2015 viene invece captata una conversazione nella macchina in uso a Gregorio Niglia, alias Lollo, 37 anni, di Briatico – anche lui arrestato (carcere) insieme al padre Pino Niglia, 72 anni, detto “Pino u cani” (domiciliari), per associazione mafiosa – dalla quale si comprende che Niglia e Bonavena si stanno recando ad un summit a cui avrebbe partecipato Peppone Accorinti, Antonio Vacatello di Vibo Marina nonché persone di elevato spessore criminale del vibonese. La caratura criminale di Francesco Bonavena viene inoltre confermata dai pregiudizi penali che lo stesso annovera, essendo stato condannato negli anni ’80 dalla Corte di Assise di Catanzaro a cinque anni di reclusione per associazione mafiosa nel primo maxiprocesso contro i Mancuso (Francesco Mancuso + 199). Dalle indagini dell’operazione “Rinascita-Scott” emerge infine “il diretto coinvolgimento di Bonavena nell’associazione tra Niglia, Vacatello e Accorinti, finalizzata all’importazione di sostanza stupefacente dal Sud America per il tramite di Bruno Fuduli, l’ex infiltrato del Ros nell’operazione Decollo contro il narcotraffico internazionale, suicidatosi il 18 novembre scorso.
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