“Rinascita-Scott”: le accuse nei confronti di quattro imprenditori di Vibo
Fra gli indagati Mario Lo Riggio, Antonio Lopez Y Royo, Raffaele Lo Schiavo e Vittorio Tedeschi. I rapporti con gli Artusa e l’ombra dei clan
Figurano diversi imprenditori di Vibo Valentia fra gli indagati dell’operazione “Rinascita-Scott” condotta dalla Dda di Catanzaro e dai carabinieri. Posizioni differenti che in alcuni casi vedono gli stessi imprenditori parte lese per alcune vicende, indagate per altre. E’ il caso di Antonio Lopez Y Royo, 46 anni, di Vibo Valentia, parte lesa per la vicenda dello sconto preteso dalla “Lo Schiavo catering” in occasione del matrimonio degli sposi atterrati in elicottero a Nicotera (Antonio Gallone ed Aurora Spasari), ma anche indagato insieme agli imprenditori Mario e Maurizio Artusa, Gianfranco Ferrante ed Emma Scarpino, per il reato di turbata libertà degli incanti aggravata dalle finalità mafiose. Al fine di impedire la vendita a terzi di un’autovettura Range Rover, modello Evoque, di proprietà della società “A s.r.l.” (società dei fratelli Artusa) – dichiarata fallita dal Tribunale di Vibo Valentia con sentenza del 9 maggio 2014 – nel corso della procedura di vendita dei beni del patrimonio societario e, in particolare della suddetta autovettura, con mezzi fraudolenti avrebbero presentato a nome di Antonio Lopez Y Royo (in realtà – secondo l’accusa – mero prestanome dei fratelli Artusa) un’offerta d’acquisto pari ad 21.500,00 euro, senza avere realmente intenzione di provvedere al saldo del prezzo, ma solo al fine di evitare che altri si aggiudicassero il bene e di consentire che, successivamente, si procedesse nelle forme della trattativa privata. [Continua dopo la pubblicità]
Antonio Lopez Y Royo insieme a Mario Artusa è poi indagato anche per il reato di trasferimento fraudolento di valori per l’intestazione fittizia di tale auto (con l’aggravante mafiosa) avvenuta nel maggio del 2017, mentre altra contestazione si riferisce al reato di ricettazione (sempre aggravato dalle finalità mafiose). Al fine di procurare a Mario Artusa un profitto, Antonio Lopez Y Royo “dopo avere acquistato o, comunque, ricevuto da Ruffa Francesco l’autovettura Range Rover, modello Evoque, di illecita provenienza, a lui nota, in quanto provento della estorsione a danno di Mondella”, avrebbe sostituito la targa originariamente apposta con una nuova, ostacolando così l’identificazione della provenienza delittuosa dell’autovettura”.
I rapporti con gli Artusa costano la contestazione del reato di turbata libertà degli incanti anche a Raffaele Lo Schiavo, 49 anni, di Vibo, commerciante nel settore dell’abbigliamento. In questo caso, nel luglio del 2016 al fine di impedire la vendita a terzi di uno stock di abbigliamento uomo/donna, di proprietà della società “A s.r.l.” degli Artusa – dichiarata fallita – nel corso della procedura di vendita di tale stock, sarebbe stata presentata a nome di Raffaele Lo Schiavo (ritenuto in realtà dagli inquirenti un mero prestanome dei fratelli Artusa) un’offerta d’acquisto pari a tremila euro, “senza avere realmente intenzione di provvedere al saldo del prezzo, ma solo al fine di evitare che altri si aggiudicassero il bene e di consentire che, successivamente, si procedesse nelle forme della trattativa privata”.
Fra gli indagati c’è poi Vittorio Tedeschi, 77 anni, gioielliere di Vibo Valentia. E’ indagato per concorso in tentata estorsione. Secondo l’accusa, tramite “l’avvicinamento di Vittorio Tedeschi, “amico” di Luigi Mancuso nonché di Vincenzo Brancia, gli indagati Maurizio e Mario Artusa, Gianfranco Ferrante ed Emanuele La Malfa” avrebbero tentato di convincere il Brancia a locare l’immobile di proprietà della nobildonna Anna De Riso Paparo, sito a Vibo Valentia, in via Vittorio Emanuele III, n. 14 nel quale gli Artusa avevano intenzione di allestire il proprio negozio di abbigliamento.
Associazione mafiosa (clan Razionale-Fiarè-Gasparro di San Gregorio d’Ippona e Lo Bianco-Barba di Vibo) è invece l’accusa per l’imprenditore Mario Lo Riggio, 59 anni, di Vibo (arrestato). Ad avviso del gip, Mario Lo Riggio avrebbe messo le sue imprese ed i suoi rapporti imprenditoriali e finanziari alle dirette dipendenze di Gregorio Gasparro di San Gregorio d’Ippona e dei Lo Bianco-Barba di Vibo “in modo sistematico al fine di raggiungere gli obiettivi della consorteria”, finanziando le attività di Paolino Lo Bianco, Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, erogando prestiti. Ad accusarlo di essere stato in affari con Paolo Lo Bianco, ritenuto al vertice dell’omonimo clan, anche il pentito Andrea Mantella.
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