‘Ndrangheta: “Rinascita”, fra gli arrestati pure un carabiniere in servizio a Vibo
E’ accusato di aver rivelato ai clan notizie sulle indagini in corso. A scoprirlo, l’attività investigativa degli stessi colleghi dell’Arma
Clan e “talpe” al servizio dei mafiosi. Apre uno spaccato inquietante anche su uomini in divisa che avrebbero passato informazioni riservate sulle indagini in corso, l’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Rinascita- Scott”. Fra gli arrestati, infatti, c’è anche Antonio Ventura, 48 anni, nativo di Altamura (Ba), ma residente a Vibo Valentia, appuntato scelto, all’epoca dei fatti in servizio al Reparto Operativo Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Vibo Valentia.
Sono gli stessi colleghi dell’Arma, attraverso le loro indagini, a scoprire che Antonio Ventura dal 2011 ad oggi avrebbe passato notizie riservate sulle attività investigative in atto nei confronti degli esponenti di diversi “locali” di ‘ndrangheta vibonesi, commettendo – ad avviso della Dda di Catanzaro e del gip distrettuale – anche specifiche rivelazioni del segreto d’ufficio. Antonio Ventura è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e di tre ipotesi di rivelazione di segreti d’ufficio. [Continua dopo la pubblicità]
In particolare, in data anteriore e prossima al 9 aprile 2014, “violando i doveri inerenti alle sue funzioni, o comunque abusando della sua qualità”, avrebbe rivelato a Domenico Moscato, 60 anni, di Vibo Valentia notizie che dovevano rimanere segrete, svelando allo stesso Moscato (tabaccaio e zio del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato) che lo stesso era oggetto di attenzioni investigative. Domenico Moscato, alias “Mimmu U Baruni”, fra l’altro, risulta anche lui fra gli arrestati dell’operazione “Rinascita” per associazione mafiosa e nel luglio scorso è stato condannato in via definitiva a 4 anni per usura. Antonio Ventura, secondo l’accusa, era venuto a conoscenza di notizie investigative, da tenere assolutamente segrete, nello svolgimento del proprio servizio, “per avere collaborato alle operazioni di istallazione della periferica ambientale a bordo dell’autovettura in uso a Moscato”.
In altre occasioni, datate 6 febbraio 2007 e 31 ottobre 2010, Antonio Ventura avrebbe invece rivelato notizie coperte da segreto investigativo ad Andrea Mantella svelando che lo stesso era oggetto di attenzione investigativa da parte della polizia della Questura di Vibo, informando inoltre lo stesso Mantella di ulteriori indagini in corso nei confronti di componenti della consorteria mafiosa capeggiata dai Bonavota di Sant’Onofrio. Attività investigative effettivamente compiute dalla Squadra Mobile di Vibo nel caso di Mantella e dalla Compagnia dei carabinieri di Vibo nel caso del clan Bonavota.
In un terzo caso, invece, il carabiniere Antonio Ventura avrebbe fornito notizie riservate su indagini in corso al clan dei Piscopisani. Così – secondo l’accusa – nell’ottobre del 2011 con l’informazione data a Giovanni Battaglia (arrestato ad aprile nell’operazione “Rimpiazzo) di indagini nei confronti di Raffaele Moscato, Davide Fortuna e Francesco Scrugli per l’omicidio di Fortunato Patania. Nel novembre del 2011, sempre Antonio Ventura avrebbe poi svelato a Rosario Battaglia e Raffaele Moscato l’esistenza di un’indagine antidroga da parte dei carabinieri della Stazione di Vibo Marina, mentre ad agosto del 2013 avrebbe rivelato a Giovanni Battaglia i particolari inerenti le risultanze investigative sull’omicidio Patania nei confronti di Rosario Battaglia e Raffaele Moscato. Le ipotesi di reato di rivelazione di segreti d’ufficio sono aggravate dalle finalità mafiose. Oltre alle intercettazioni, ad “incastrare” il carabiniere Antonio Ventura ci sono le concordi dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Raffaele Moscato ed Andrea Mantella e, da ultimo, quelle del nuovo collaboratore di Vibo Bartolomeo Arena.
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