«Alla ‘ndragheta bisogna dire No, è adorazione del male»: quando papa Francesco in Calabria scomunicò i mafiosi
Nel giugno del 2014 il suo unico viaggio nella nostra regione dove cinque mesi prima era stato ucciso il piccolo Cocò: «Questa terra tanto bella conosce i segni e le conseguenze di questo peccato»

«Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi – tuona – non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!». Ancora riecheggiano nella memoria di tanti calabresi le parole che papa Francesco pronunciò il 21 giugno 2014. Cinque mesi prima, il 16 gennaio, era stato ucciso un bambino Cocò Campolongo, di appena 3 anni, bruciato vivo insieme al nonno e alla sua compagna, in un agguato di ‘ndrangheta. ll corpicino fu ritrovato nell’auto data alle fiamme, a Cassano allo Ionio, mentre era ancora vivo e legato al seggiolino di sicurezza.
Quel delitto scuote profondamente Bergoglio, anche per la disperazione e il disorientamento che genera nei calabresi. E per questi motivi Papa Francesco si reca in visita, per la prima e l’ultima volta, in Calabria.
Una visita pastorale in tre tappe, la prima nella casa circondariale di Castrovillari, poi nella cattedrale di Cassano per un incontro coi sacerdoti della diocesi, quindi la chiusura con la santa messa, nel pomeriggio, nel cuore della Piana di Sibari. Ricordi che riaffiorano nel giorno della morte del Pontefice.
I segnali inquietanti prima della messa
Papa Francesco viene accolto da quasi 400mila fedeli, ma nelle ore precedenti non mancano dei segnali inquietanti. Ad un certo punto in tarda mattinata, un po’ da tutti gli angoli della Sibaritide, proprio dalle vicinanza dei luoghi che di lì a poco avrebbero accolto Bergoglio, una colonna imponente di fumo nero e denso – causato dall’incendio di pneumatici – si innalza nei cieli della Piana.
La scomunica agli ’ndranghetisti
Quel macabro “messaggio” però non scoraggia nessuno e così nella spianata dell’area ex Insud di Sibari si ritrovano quasi mezzo milione di persone. L’omelia del Papa, nel corso della celebrazione eucaristica rimarrà nella storia per la scomunica agli ‘ndranghetisti.
«Prima di tutto noi siamo un popolo che adora Dio. Noi adoriamo Dio che è amore, che in Gesù Cristo ha dato sé stesso per noi, si è offerto sulla croce per espiare i nostri peccati e per la potenza di questo amore è risorto dalla morte e vive nella sua Chiesa. Noi non abbiamo altro Dio all’infuori di questo», dice papa Bergoglio.
«Quando all’adorazione del Signore si sostituisce l’adorazione del denaro, si apre la strada al peccato, all’interesse personale e alla sopraffazione; quando non si adora Dio, il Signore, si diventa adoratori del male – sottolinea con tono di voce forte – come lo sono coloro i quali vivono di malaffare e di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domandano i nostri giovani bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi – tuona – non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!».
L’umanità di papa Francesco
Il Santo Padre lascia il segno, e non è così scontato come si potrebbe pensare. Commozione, ma anche grande gioia per poter abbracciare – seppur simbolicamente – il papa da molto vicino nella spianata di Sibari.
E c’è chi lo abbraccia davvero. Con grande umiltà, a bordo di una Ford Focus, nel raggiungere Cassano papa Francesco invita il suo autista a fermare l’auto. Scenderà per abbracciare e baciare una ragazza, Roberta, diversamente abile sin dalla nascita adagiata su una lettiga lungo la strada.
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