mercoledì,Aprile 23 2025

‘Ndrangheta: processo “Assocompari”, gli affari del clan Bonavota nella deposizione del collaboratore Fortuna

La composizione del clan, gli omicidi, le estorsioni e le gerarchie nella consorteria di Sant’Onofrio

‘Ndrangheta: processo “Assocompari”, gli affari del clan Bonavota nella deposizione del collaboratore Fortuna
Francesco Fortuna e sullo sfondo l'omicidio Di Leo
Francesco Fortuna

Deposizione del collaboratore di giustizia, Francesco Fortuna di Sant’Onofrio, nel processo nato dall’operazione “Assocompari” (nota anche come “Rinascita Scott 3”) che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, il collaboratore in videocollegamento (assistito dall’avvocato Antonia Nicolini) ha delineato la sua ascesa criminale sin dalla giovanissima età, essendosi cresciuto sin da ragazzo con Domenico Bonavota, ritenuto elemento di vertice dell’omonimo clan di Sant’Onofrio. “Insieme a lui ho iniziato a commettere i primi furti in appartamento, mentre nel 1999 con Domenico Bonavota mi sono messo a spacciare cocaina. Poi sono passato al settore delle truffe e infine alle estorsioni. Avevo naturalmente anche rapporti con Nicola e Pasquale Bonavota, fratelli di Domenico. Sempre con Domenico Bonavota avevamo aperto un’attività a nome di Filippo Arcella, ordinavamo la merce ma poi non la pagavamo. Tale attività entrò in crisi – ha spiegato Fortuna – quando Michele Bonavota, cugino sia mio e sia dei fratelli Domenico, Nicola e Pasquale Bonavota, ci chiese di cambiargli un assegno che però versandolo abbiamo scoperto che risultava rubato”. Quindi la deliberazione insieme ai Bonavota (Nicola e Domenico), Domenico Cugliari e Onofrio Barbieri dell’omicidio a Pizzo di Domenico Belsito, ucciso secondo il collaboratore poiché la vittima intratteneva una relazione con una donna di Sant’Onofrio sposata che era cugina di Nicola Bonavota.

Domenico Bonavota

“Belsito è stato ucciso materialmente – ha dichiarato il collaboratore – da Salvatore Mantella, Andrea Mantella e Francesco Scrugli, tutti di Vibo Valentia. Andrea Mantella era stato da noi conosciuto dopo che lo stesso aveva avuto delle discussioni per il pascolo del suo gregge con una persona di Sant’Onofrio. Siamo intervenuti io e Domenico Bonavota, con Mantella che ci disse che aveva conosciuto bene il padre di Domenico Bonavota e da lì è nata l’amicizia”. Un legame, quello di Andrea Mantella con i Bonavota, che portò Francesco Fortuna (su incarico dello stesso Mantella e di Domenico Bonavota) ad andare a gambizzare a Vibo, con un colpo di pistola, Antonio Franzè, cognato di Mantella. Quindi i principali componenti della cosca Bonavota che, secondo il collaboratore, oltre a lui stesso comprendeva “i fratelli Domenico, Pasquale e Nicola Bonavota, Onofrio Barbieri, mentre Domenico Cugliari ne era il capo ed era pure lo zio dei fratelli Bonavota. I Bonavota a livello di ‘ndrangheta non erano formalmente riconosciuti a Polsi, ma avevano comunque stretti legami con le principali cosche del reggino come i Morabito, i Pelle, i Commisso, i Barbaro, i Romeo e gli Alvaro, mentre sul Crotonese erano alleati ai cirotani, agli Arena di Isola, ai Mannolo Zoffreo di San Leonardo di Cutro, ai Grande Aracri di Cutro ed ai Trapasso”.

Gli omicidi dei Cracolici re le estorsioni

Francesco Fortuna ha poi confermato la sua diretta responsabilità per l’omicidio di Domenico Di Leo, alias “Micu Catalanu”, ucciso il 12 luglio 2004 a Sant’Onofrio. Fatto di sangue per il quale Fortuna è stato condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione il 22 marzo 2024. “A sparare siamo stati io e Francesco Scrugli – ha ammesso il collaboratore – mentre Andrea Mantella ci portò l’auto per l’omicidio. Nell’omicidio di Raffaele Cracolici, ucciso il 4 maggio 2004 a Pizzo, gli esecutori siamo stati io e Francesco Scrugli, mentre Onofrio Barbieri guidava il furgone e Domenico Bonavota ci recuperò in auto dopo il fatto di sangue. Raffaele Cracolici è stato ucciso perché voleva vendicare l’omicidio dei fratello Alfredo Cracolici, ucciso nel 2002. L’omicidio di Raffaele Cracolici è stato deliberato da Domenico e Bruno Cugliari, Domenico Bonavota, da me, Onofrio Barbieri, mentre Vincenzino Fruci e Francesco Michienzi di Acconia di Curinga ci indicarono il luogo dove potevamo trovare Raffaele Cracolici. Il fratello Alfredo Cracolici – ha spiegato il collaboratore – è stato ucciso poiché aveva commesso dei furti ai danni di Antonino Lopreiato di Sant’Onofrio, detto Nino i Famazza, ed a volere la sua morte oltre a Lopreiato, sono stati pure Domenico Bonavota e Domenico Cugliari. I Cracolici erano un clan che dominava a Maierato e Filogaso ed aveva rapporti con i Mancuso. Dopo l’eliminazione dei fratelli Cracolici, i Bonavota iniziarono ad avere anche il controllo del territorio di Pizzo e a dividere le estorsioni con gli Anello di Filadelfia e i Mancuso di Limbadi. Tra le estorsioni ricordo quella al supermercato Sisa ed all’azienda Spi nella zona industriale di Maierato, mentre all’azienda del tonno Sardanelli abbiamo fatto un danneggiamento. Un po’ tutte le attività presenti nella zona industriale di Maierato sono state da noi toccate con le estorsioni o i danneggiamenti – ha ricordato Fortuna – ma si trattava di aziende già protette dai Mancuso e quindi alla fine ci siamo accordati imponendo a tali ditte la collocazione al loro interno dei nostri distributori automatici di snack e bevande”.

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Le figure ricordate dal collaboratore

Gaetano Lo Schiavo

Passando ad alcuni imputati del processo, Francesco Fortuna ha dichiarato di aver conosciuto Giovanni Barone, 56 anni, di Roma, nell’anno 2015 tramite il genero Gaetano Loschiavo, 37 anni, di Sant’Onofrio. “Loschiavo è un cugino di mia moglie – ha dichiarato Fortuna – e mi propose di lavorare al Nord con Barone il quale acquistava delle aziende in difficoltà e le svuotava. Io dovevo trovare dei lavori da assegnare ad aziende in difficoltà e con me c’era all’epoca pure Giuseppe Lopreiato di Sant’Onofrio, un altro ragazzo vicino ai Bonavota”. Fortuna ha però escluso responsabilità penali sulle figure di Gaetano Loschiavo e Giovanni Barone, così come su suo fratello Giuseppe Fortuna (cl ’77) e suo cugino Luigi Fortuna, mentre ha distinto tra due Basilio Caparrotta. Uno è il consuocero di Domenico Cugliari e non mi risulta affiliato alla cosca Bonavota, ma è stato lui a parlare con Giovanni Barone dicendogli che gli avrebbe assicurato protezione e entrature con altre consorterie di ‘ndrangheta. L’altro Basilio Caparrotta è invece lo zio di Carlo Pezzo, un ragazzo vicino ai Bonavota nonché parente degli stessi Bonavota. Questo Basilio Caparrotta, zio di Pezzo, apparteneva originariamente al clan Petrolo-Matina di Sant’Onofrio rivali dei Bonavota. Ha scontato diversi anni di carcere e grazie alle raccomandazioni di Carmelo Lo Bianco di Vibo, detto Sicarro, e ai Pelle di San Luca, quando è uscito dal carcere si è avvicinato ai Bonavota ed è divenuto organico al clan Bonavota. Questo Caparrotta – ha spiegato Fortuna – aveva commesso un omicidio a Lamezia ed è entrato a far parte della cosca Bonavota una volta uscito dal carcere. Prendeva la sua parte nelle estorsioni e partecipava alle riunioni del clan Bonavota. E’ stato lui – ha ricordato il collaboratore – a tentare, per conto dei Bonavota, di chiedere la pace tra il clan dei Piscopisani e i Patania di Stefanaconi, mentre una sera sempre Basilio Caparrotta arrivò a Sant’Onofrio con Rosario Fiorillo e Raffaele Moscato per compiere un agguato contro i Patania di Stefanaconi, ma Domenico Bonavota bloccò l’omicidio e la cosa si concluse lì. Gerardo Caparrotta è invece il fratello di Basilio Caparrotta, consuocero di Cugliari Domenico, e non mi risulta organico al clan Bonavota”. Nell’album fotografico mostrato in aula, il collaboratore ha infine riconosciuto l’imputato Francesco Santaguida, 47 anni, di Sant’Onofrio, ma residente a Torino, indicato come cognato del fratello di Francesco Fortuna, già autore di truffe e rimasto coinvolto nel processo per narcotraffico nato dall’operazione “Stupor Mundi”, quindi Domenico Cugliari, detto Scric, indicato come appartenente al clan Bonavota, così come il fratello Raffaele Cugliari. Riconosciuti in foto anche Salvatore Bonavota, “fratello più piccolo di Domenico ed anche lui appartenente alla cosca”, Antonio Patania (“mio cugino e pure lui appartenente ai Bonavota”), Domenico Ferraro (“vicino a Domenico Bonavota”), Francesco Cracolici (figlio di Alfredo) e Domenico Cracolici (figlio di Raffaele).

Gli imputati

Danilo Fiumara

Sotto processo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia ci sono: Loris Junior Aracri, 35 anni, di Pizzo; Raffaele Arone, 50 anni, nativo di Carmagnola, residente a Sommariva del Bosco (Cn); Basilio Caparrotta, 54 anni, di Sant’Onofrio; Gerardo Caparrotta, 56 anni, di Sant’Onofrio; Francesco Caridà, 57 anni, di Pizzo; Gianluigi Cecchi, 53 anni di Milano; Domenico Cichello, 45 anni, nativo di Vibo Valentia, ma residente a Varedo (MB); Anna Maria Durante, 50 anni, di Vibo Valentia, ma residente a Milano; Danilo Fiumara, 56 anni, di Francavilla Angitola; Luigi Fortuna, alias “Mastro Gino”, 59 anni, di Ionadi; Gaetano Loschiavo, 37 anni, di Sant’Onofrio; Francesco Santaguida, 47 anni, di Sant’Onofrio, residente a Torino; Antonella Silvia Serrao, 61 anni, nata a Francavilla Angitola, residente a Pizzo; Fabrizio Solimeno, 35 anni, di Torino; Marilena Ventrice, 36 anni, nativa di Soriano Calabro; Michele Vitale, 46 anni, di Chieri, residente ad Andezeno; Sona Vesholli, 32 anni, albanese, residente a Torino. Parti civili nel processo la Presidenza del Consiglio dei ministri, l’Antiracket, la Regione Calabria, la Provincia di Vibo Valentia, il Comune di Vibo Valentia, il Comune di Pizzo ed il Comune di Sant’Onofrio.

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