Operazione contro il clan La Rosa, in carcere con wifi e cellullari. Curcio: «Allarme massimo su questo fenomeno, l’Italia deve fare di più»
Il procuratore antimafia Salvatore Curcio ha illustrato l’operazione che ha portato all’arresto di 10 persone e ha rilanciato con forza il problema delle comunicazioni clandestine dai penitenziari: «In pericolo la sicurezza pubblica. Serve uno sforzo maggiore da parte del Legislatore»

«Continuano a fare i mafiosi dal carcere grazie a telefoni cellullari, tablet e addirittura collegamenti wifi. Una situazione che ormai rappresenta un vero e proprio allarme sociale». È quanto affermato dal procuratore di Catanzaro Salvatore Curcio nel corso della conferenza stampa di questa mattina, servita a illustrare gli esiti dell’operazione condotta dalla Dda di Catanzaro che ha colpito la ‘ndrina La Rosa di Tropea. Secondo quanto emerso dalle investigazioni condotte dalla Guardia di finanza di Catanzaro e Vibo Valentia il presunto capo dell’organizzazione detenuto in carcere avrebbe continuato a mantenere il suo ruolo di vertice nonostante la detenzione grazie a sistemi di comunicazione che circolavano nell’istituto penitenziario attraverso cui riusciva a impartire direttive ai sodali su attività di estorsione e la commissione di altri reati.
I comandi provinciali di Vibo Valenzia e Catanzaro, con il supporto di personale del Scico di Roma, hanno eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale nei confronti di 10 persone, di cui 7 persone sono state raggiunte da ordinanza di custodia cautelare in carcere e 3 agli arresti domiciliari.
«Attraverso l’acquisizione di gravi indizi di colpevolezza – ha detto il procuratore – è stata riscontrata l’attività criminale della ‘ndrina La Rosa, aderente alla costellazione del clan Mancuso di Limbali».
Curcio ha da subito rimarcato quella che ha definito la «peculiarità» di questa indagine: «Una problematica ormai di carattere nazionale che sta assumendo i veri e propri contorni di un allarme sociale. La tematica è quella dell’utilizzazione da parte di soggetti detenuti in carcere di dispositivi di comunicazione, nella fattispecie apparati radiomobili cellulari, ma il discorso riguarda anche tablet e addirittura l’uso del wifi».
Il procuratore ha ricordato che per affrontare il problema «il nostro legislatore nel 2020 ha introdotto nel nostro codice penale un’autonoma fattispecie di reato che punisce chi utilizza o consente l’utilizzo da parte di soggetti detenuti, di strumentazione di tale genere». Una norma che, però, ha evidenziato il magistrato, «evidentemente non è stata risolutiva».
Tant’è che «i dati diffusi dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria individuano nell’anno 2022 la scoperta e il sequestro di 1084 apparati radiomobili cellulari clandestini Nel 2023 il numero sale a 1595 e nel 2024, cioè l’anno scorso, siamo passati a 2252 apparati radiomobili cellulari individuati e sequestrati nelle carceri. Un dato oltremodo allarmante».
«Un vulnus alla sicurezza pubblica non indifferente – ha continuato -. Nel caso specifico abbiamo riscontrato l’ultra-attività di questa ‘ndrina di Tropea e Ricadi, facente capo alla famiglia La Rosa, attraverso l’utilizzo di apparati radiomobili cellulari detenuti in carcere. Un sistema di comunicazione utilizzato per impartire direttive ai propri sodali, per consumare gravi reati, estorsioni commissionate a chi stava fuori e direttive su come comportarsi». «Il fatto che questo soggetto abbia continuato a fare il mafioso dal carcere – ha continuato Curcio -, ci deve far riflettere molto. La preoccupazione per questo fenomeno è massima e riteniamo, da addetti ai lavori, che rappresenti un concreto pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico».
Tra le soluzioni prospettate dal procuratore e suggerite al Legislatore, quelle già adottate in altri Paesi, come, ad esempio, «l’adozione di accorgimenti quali per la schermatura degli istituti penitenziari, al fine di rendere impossibile di fatto l’utilizzo di questi dispositivi. Ma ci sono anche altre possibilità. In Francia sono stati utilizzati dei veri e propri dissuasori, che creano praticamente una sorta di nebbia elettronica per cui impediscono alle onde di propagarsi e quindi impediscono l’utilizzo dei cellullari. Jammer che sono utilizzati non solo in Francia, ma anche in Germania e nel Regno Unito. Negli Stati Uniti, per esempio, hanno adottato un sistema più costoso e sofisticato che sono i Managed Access Systems, i MAS, che praticamente impedisce ai cellullari non autorizzati di operare, venendo identificati e bloccati all’istante».