Le motivazioni della condanna di Cavallaro a 5 anni: «Ateneo Unipegaso a sua disposizione per corrompere una manager del ministero»
Il Tribunale di Napoli ricostruisce il quadro dei rapporti tra il sindacalista vibonese, il patron della Salernitana Iervolino e la dirigente pubblica che avrebbe favorito la Cisal: «Ecco le prove dell’accordo criminale»

Francesco Cavallaro, segretario del sindacato nazionale Cisal originario di Dinami, avrebbe sfruttato i suoi rapporti con l’allora capo dell’Università telematica Pegaso per far assumere il figlio di un funzionario pubblico. Lo scopo? Ottenere la divisione di un patronato in due enti distinti per avere una serie di vantaggi economici.
All’inizio di questa storia c’è, appunto, un patronato, Encal-Inpal. Da quello ne nascono due: Encal-Cisal e Inpal. Il ministero si oppone inizialmente a questa scissione, poi cambia idea e nel 2019 dà il via libera alla separazione. Secondo il Tribunale di Napoli quella decisione, che porta grossi vantaggi economici a Cisal, arriva grazie ai buoni rapporti tra Francesco Cavallaro, segretario nazionale del sindacato, e due dipendenti del dicastero – Concetta Ferrari e Fabia D’Andrea – rinviate a giudizio (il processo è in corso).
Il punto è che quei buoni rapporti sarebbero dovuti ai favori offerti da Cavallaro per ottenere l’obiettivo e conservare i vantaggi economici e patrimoniali che sarebbero andati persi in caso di mancata scissione.
«Il patronato di Cavallaro privilegiato»
Per questo motivo il sindacalista del Vibonese è stato condannato a 5 anni in rito abbreviato per corruzione. Le motivazioni della sentenza descrivono il contesto che avrebbe convinto le due funzionarie ad assecondare i desideri di Cavallaro e soprattutto le conseguenze di quella decisione. Per il gup la «ripartizione» dei due enti «privilegiava in modo sensibile il Patronato di Cavallaro, sino al triplo delle somme attribuite allo stesso rispetto all’altro ente».
Dacché la scissione era stata negata si registra «una completa giravolta» negli uffici del ministero del Lavoro «senza che alcun nuovo elemento subentrasse».
Quella «giravolta» va letta, secondo il giudice, alla luce di una «messa a disposizione della Ferrari rispetto alle richieste di Cavallaro»: la manager pubblica avrebbe costituito con il sindacalista «un ferreo, e permanente», rapporto «corruttivo che ha interessato un ragguardevole arco temporale, di cui l’assunzione del figlio della prima, Antonio Rossi, presso l’Università telematica Pegaso, a far data dall’1 aprile 2019, costituisce senz’altro l’atto più rilevante ma, come vedremo, non unico».
L’assunzione di Rossi in Unipegaso
Unipegaso, ateneo che all’epoca era di proprietà di Danilo Iervolino, proprietario della Salernitana condannato a 4 anni di reclusione nello stesso processo, è uno dei nodi centrali della storia.
Da una intercettazione riportata in sentenza emerge l’agibilità di Cavallaro nell’università telematica. Nella conversazione, il sindacalista fa cenno alla sistemazione del figlio della Ferrari e al fatto che è stato lui stesso a chiederlo personalmente a Iervolino: «Gliel’ho chiesto a Danilo, ma non per telefono, perché io andai a casa a cercarlo, tre anni fa, nel 2019, gli dissi dà una mano a sto figliolo. Danilo mi disse: “Non voglio sapere manco perché… si prese il curriculum, lo fece commutare in contratto”». Una leggerezza pagata a caro prezzo dall’imprenditore. Il contratto per Antonio Rossi, figlio della dirigente ministeriale amica del sindacalista, durerà fino al 10 giugno 2022, «quando emergono le indagini dell’Autorità giudiziaria di Napoli e l’Università telematica Pegaso non sarà più nella gestione diretta di Iervolino, avendone egli, nelle more, ceduto la proprietà».
Di anno in anno il contratto di Rossi viene rinnovato «sempre a mezzo degli specifici interventi di favore del Cavallaro». Per i giudici la convergenza di interessi del gruppo è chiara e c’è anche qualche evidenza plastica di quella vicinanza. Compare nelle testimonianze e viene riportata in sentenza: «Alla festa in Calabria, nell’estate del 2020, della secondogenita del sindacalista, la Ferrari, e la sua famiglia», erano «seduti allo stesso tavolo dello Iervolino, così come nell’anno precedente (2019) vi era stata una cena per il compleanno della Ferrari cui il Cavallaro aveva preso parte».
Il figlio della dirigente del ministero pagato per non fare niente
«Tutt’ok Rossi… tu ordini e io eseguo»: anche Mario Rosario Miele rassicura Cavallaro sul contratto a cui teneva tanto. Il gup va anche oltre per spiegare cosa facesse il figlio della dirigente ministeriale: «Per più di un triennio, il Rossi Antonio, – figlio di Concetta Ferrari -, ha percepito un compenso di prima fascia, quale professore straordinario, senza svolgere alcuna attività di docenza: in breve, è stato pagato per non fare alcunché: né in sede di indagini, né nelle diverse occasioni processuali presentatesi, è stata offerta alcuna seria smentita dì tale concreto, ed esaustivo dato documentale». Per essere ancora più chiari, dalle indagini sarebbe «emerso che, in tre anni, Antonio Rossi ha trascorso in piattaforma e-learning poco più di un’ora a fronte di una retribuzione che lo collocava – nonostante la totale assenza di titoli accademici – nella fascia più alta delle retribuzioni corrisposte ai docenti dell’ateneo».
«Unipegaso a disposizione di Cavallaro»
Questi dettagli e il rapporto tra il patron di Unipegaso e Cavallaro inguaiano Iervolino, che per il giudice non poteva non sapere che quell’assunzione fosse dovuta ai legami tra il sindacalista e Ferrari e avesse una «valenza corruttiva».
«È del tutto evidente – scrive il magistrato – che lo Iervolino ha messo, consapevolmente, a disposizione del Cavallaro la struttura della Università Telematica Pegaso per svolgere una funzione servente per le necessità del secondo, facendo in modo che lo stesso utilizzasse l’incarico accademico per il figlio della Ferrari come il grimaldello corruttivo di quest’ultima».
Vale anche per Mario Miele, condannato a 2 anni e 8 mesi: è il trait d’union tra Iervolino e Cavallaro. Prima direttore generale del Patronato e Presidente del Centro di assistenza fiscale della Cisal, viene nominato nel cda della Salernitana. È lui il collante tra le due sfere e, pur non avendo un ruolo in Unipegaso, segue per conto di Cavallaro «l’intero iter sia della nomina che delle successive proroghe di Rossi».
Il prezzo della corruzione
Per il gup «il prezzo della corruzione (melius, parte dello stesso) è costituito dall’assunzione del figlio della Ferrari, Antonio Rossi, presso l’Università Telematica “Pegaso”, facente capo allo Iervolino, il quale si presta alle richieste del Cavallaro, poi operativamente condotte dal Miele, nella consapevolezza che il corrotto non può essere il Rossi» che è «totalmente privo di ogni potere “contrattuale”, bensì il funzionario infedele ad esso collegato, e cioè la madre».
Se la vicenda centrale è quella dell’assunzione in Unipegaso, la sentenza racconta anche gli altri favori che Cavallaro avrebbe reso. C’è l’interessamento per l’altro figlio di Ferrari in occasione dello svolgimento degli esami orali per il concorso di Commissario della polizia di Stato. C’è poi la cessione, allo stesso uomo, di un’Audi Q3 di proprietà di una Federazione collegata al sindacato Cisal «a un prezzo vantaggioso». C’è anche la foto di una borsa Louis Vuitton «che la Ferrari invia al Cavallaro dopo averla ricevuta in dono da quest’ultimo, il quale, le chiede se fosse di suo gradimento, – perché in caso contrario avrebbe provveduto a cambiarla-, e la seconda, compiaciuta del regalo, lo rassicura sull’esito: “Mi piace moltissimo, anche il colore. Me la tengo”».
E ancora un soggiorno in Calabria a spese del capo della Cisal «documentalmente provato in atti».
«Tutte queste utilità – sottolinea il gup – costituiscono il sigillo dell’accordo corruttivo posto a presidio sia del mutamento di orientamento della struttura ministeriale riguardo alla scissione parziale asimmetrica che della ripartizione dei fondi tra i vari enti che seguirà la stessa».
«Cavallaro e Cisal favoriti, l’altro patronato respinto»
Infatti mentre Cavallaro riesce a ottenere vantaggi dalla scissione, il patronato Inpal (parte civile nel processo) ne esce con le ossa rotte: favori per Cisal, ostilità manifesta per gli altri interlocutori sindacali, tant’è che Pasquale Santoianni «si vede malamente respinto» quando tenta di incontrare Ferrari «in nome di quella correttezza e di quel distacco necessario che – a suo dire ma non a suo fare – dovrebbe esserci tra gli enti di Patronato e l’amministrazione vigilante».
Ferrari «frequenta assiduamente Cavallaro» e «si adopera anche sul piano operativo per agevolarne gli interessi» mentre «respinge con alterigia (…) le richieste dell’altro interlocutore interessato come il primo a un equo riparto delle risorse».
I cellulari dei protagonisti raccontano che dal marzo 2019 (quando arriva la seconda richiesta di scissione, dopo la prima bocciatura) iniziano i contatti tra gli imputati. Cavallaro manda la bozza della nuova richiesta a Ferrari «prima della presentazione ufficiale» e parte un giro di contatti whatsapp che porteranno al nuovo parere favorevole.
Le fibrillazioni dopo le prime convocazioni dei testimoni da parte dei pm di Napoli, il tentativo di concordare versioni di comodo e di capire in che direzione si muovesse la Procura: tutto porta a pensare all’ipotesi corruttiva. «Non è possibile nessun’altra lettura alternativa delle continuative, e pregnanti, elargizioni che il Cavallaro, all’interno del rapporto confidenziale costruito, fa copiosamente confluire verso la Ferrari nell’arco temporale che riguardava, prima, l’emissione della valutazione tecnica positiva del Ministero e, poi, la suddivisione delle risorse tra i due Patronati» che si erano scissi. Quello legato alla Cisal otterrà molte più risorse. Il Tribunale di Napoli pensa di aver capito perché.