«A Nicotera due sparatorie per un furto alle giostre», i racconti del pentito Megna e quella volta che un uomo con i guanti entrò in un bar seminando terrore
Nei verbali del collaboratore di giustizia gli scontri nella frazione Marina tra Antonio Piccolo e i Cuturello: in un’occasione un ragazzo di Laureana avrebbe perso una gamba. Un far west di cui si interessò in prima persona anche Pantaleone Mancuso l’Ingegnere
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La scena da saloon del far west è avvenuta, guarda caso, proprio in un bar. Per fortuna senza nessuna conseguenza perché l’uomo con guanti e cappellino, dopo aver infilato la testa nel locale, non ha trovato chi cercava. La tensione, però, c’è stata e poteva finire anche male. Ma procediamo con ordine.
«Sta entrando qualcuno con i guanti». Un’informazione da niente per orecchie distratte. Un campanello d’allarme per chi vive a determinate latitudini e con certi particolari deve farci i conti tutti i giorni. Per il collaboratore di giustizia Pasquale Megna, cresciuto nell’alveo della cosca Mancuso e figlio di un pezzo apicale come Assunto Megna, sapere che in un pomeriggio caldo una persona stava entrando in un bar di Nicotera Marina con addosso un paio di guanti rappresentava un particolare più che allarmante. Perché se i guanti non fanno il paio col freddo possono fare il paio solo con un’arma da fuoco. «…mi sono allarmato immaginando che stesse per accadere qualcosa», pensa Megna.
Per questa ragione, quando la moglie del barista dice che sta entrando qualcuno con i guanti, Pasquale Megna si guarda intorno e nota che nel bar «c’ero solo io». Immagina che si tratti «di qualcuno che voleva fare qualcosa a me», dice Megna i cui verbali sono stati messi agli atti del processo d’appello Rinascita Scott contro le consorterie di ‘ndrangheta del Vibonese.
La Panda con targa bulgara
L’uomo con i guanti e un cappellino calato in testa, racconta il collaboratore di giustizia, entra nel bar si guarda intorno, poi «non vedendo nessuno», perché «inizialmente mi sono spostato nella sala adiacente», va via.
«Non appena la persona uscì dal bar – prosegue il racconto –, presi la mia macchina e andai verso casa. Per strada incontrai una Panda con la targa bulgara e con tre persone a bordo: attirò la mia attenzione la targa straniera ed il fatto che dentro la macchina c’era l’uomo che ho riconosciuto dal cappellino come lo stesso che era entrato nel bar poco prima». Quest’auto particolare, dice Megna, a un certo punto si ferma e si affianca, «sportello con sportello, ad una macchina a bordo della quale viaggiava Salvatore Cuturello».
Gli agguati
La notizia arriva alle orecchie di Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, che si mette sulle tracce di questa Panda con targa bulgara. Inizialmente Pasquale Megna non si capacita del perché di tanto interesse.
«Mi ricordo che un giorno, senza dirmi nulla, Pantaleone Mancuso, mi chiese di accompagnarlo a Gioia Tauro, perché in quel momento non aveva la patente».
Appena arrivati Megna si accorge che quel viaggio era servito per visionare una Panda con targa bulgara.
Solo in seguito il collaboratore scoprì perché tanto interesse da parte di Luni l’Ingegnere nei confronti di quello strano episodio al quale aveva assistito Megna in un caldo pomeriggio a Vibo Marina.
La ragione era da ricondurre a due sparatorie. La prima era un agguato che Antonio Piccolo, un uomo ritenuto vicino all’Ingegnere, aveva messo in atto ai danni di due nipoti di Salvatore Cuturello: «A sparare è stato Antonio Piccolo: li ha sparati nelle gambe con una pistola 9 corta, calibro 380».
In risposta a questa aggressione c’era stata un’altra sparatoria davanti a una pizzeria di Nicotera Marina «alla quale hanno partecipato, da un lato, tre ragazzi di Laureana di Borrello su una Fiat Uno e, dall’altra, Antonio Piccolo ed il fratello Davide su una Fiat Stilo. Davide guidava, pur non avendo la patente, e ha tamponato la Fiat Uno trascinandola contro un muro e, nel frattempo, Antonio sparava». L’azione però non è finita bene perché uno dei tre di Laureana di Borrello «nella sparatoria ha perso una gamba: si è salvato perché ha scavalcato il muretto ed è riuscito a scappare».
«Pantaleone l’Ingegnere avvisò Piccolo»
Secondo quello che ha potuto apprendere Megna, «i mandanti di quest’azione violenta erano Totò Campisi e Salvatore Cuturello, i quali si volevano vendicare dell’agguato subito da parte Antonio Piccolo». Dunque, l’uomo con i guanti e con il cappellino entrato nel bar stava molto probabilmente cercando Antonio Piccolo – che da quel locale era uscito poco prima – «per aggredirlo». L’interesse di Pantaleone Luni l’Ingegnere, dice Megna, nasceva «in virtù del suo rapporto con Antonio Piccolo».
Il far west a causa di piccoli furti
Sarebbe stato, infatti, Pantaleone Mancuso ad avvertire Piccolo che lo stavano cercando per un agguato «e quindi si era organizzato per rispondere al fuoco».
Ma perché questi agguati feroci?
A Megna lo avrebbe raccontato lo stesso Antonio Piccolo: «… mi aveva riferito che lo picchiavano quasi tutti i giorni e lo accusavano di un furto alle giostre, ma non so dire se fosse un furto di gasolio o di qualche altra cosa».
«Tutto ciò per dirvi – conclude il collaboratore – che, a Nicotera, da un semplice furto di non so cosa, forse di gasolio, si è arrivati a tutto questo, con un ragazzo che ha perso la gamba».