Processo sul cimitero degli orrori a Tropea, l’imputato Trecate: «Il sindaco sapeva quello che facevo e mi disse che indagava la Dda»
Il Tribunale di Vibo, su accordo di accusa e difesa, acquisisce le dichiarazioni dell’ex custode cimiteriale che spiega quanto avvenuto per anni nel luogo sacro, chiamando in causa l’ex primo cittadino, due dipendenti comunali e i titolari delle onoranze funebri


Sarà il Tribunale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Claudia Caputo, a stabilire quale peso avranno nel processo che mira a far luce sullo scandalo del “Cimitero degli orrori” di Tropea, le dichiarazioni dell’ex custode cimiteriale ed attuale imputato Franco Trecate. Vero è che nell’udienza tenuta pomeriggio al primo piano del palazzo di giustizia di Corso Umberto I, il Tribunale – su accordo delle parti, rappresentate dal pm Concettina Iannazzo per l’ufficio di Procura e dall’avvocato Giuseppe Di Renzo, difensore dell’imputato – ha acquisito i verbali con le dichiarazioni fatte da Franco Trecate agli inquirenti che entrano quindi a tutti gli effetti nel processo che si avvia alla discussione finale. E quelle acquisite dal giudice sono dichiarazioni destinate a fare parecchio “rumore” perché chiamano in causa anche l’ex sindaco, Giovanni Macrì, e alcuni dipendenti comunali, tutti fuori dal processo ma al centro delle dichiarazioni dell’imputato Franco Trecate. Violazione de sepolcri, incendio all’interno del cimitero, distruzione e soppressione di diversi cadaveri le contestazioni mosse a Franco Trecate ed al figlio Salvatore.
Fuga di notizie?

E’ l’8 marzo 2021 e Franco Trecate, arrestato da circa un mese per lo scandalo del “Cimitero degli orrori” viene sentito dagli inquirenti. “Verso la fine del 2019, inizio 2020, a seguito del mio insediamento quale nuovo custode del cimitero decidevo, unitamente al sindaco Macrì, di realizzare un cartello ove indicare il mio numero di telefono e indicare alla cittadinanza che per questioni cimiteriali potevano rivolgersi a me quale nuovo custode. E’ stato il sindaco – ha fatto mettere a verbale Trecate – ad indicarmi cosa dovevo far scrivere all’interno del cartello. Poco tempo dopo il sindaco mi chiamava per sapere se il cartello fosse stato messo al cimitero e a fronte della mia risposta positiva mi invitava ad andare al cimitero con lui. In quell’occasione mi diceva che una foto del cartello era presente all’interno di un fascicolo aperto presso la Dia o la Dda, non ricordo precisamente. Lo stesso in quell’occasione aveva voluto verificare la corrispondenza tra il cartello e quello raffigurato all’interno del fascicolo, foto che lui aveva visto. Questo episodio si è verificato un mese dopo il mio insediamento. Ho percepito – ha aggiunto Frano Trecate – che probabilmente vi era qualche indagine sul cimitero, ma non ero preoccupato perché io non avevo ancora fatto nulla al cimitero. Il sindaco non mi ha mai detto chi gli aveva fatto vedere la foto contenuta nel fascicolo della Dda relativa ad un’indagine sul cimitero. Il Macrì mi ha anche riferito dell’esistenza di un’indagine dei carabinieri di Tropea perché gli stessi si erano recati presso il Comune ad acquisire documentazione. In quell’occasione lui mi disse di stare attento”.
Trecate sapeva che sarebbe stato arrestato?

In altro interrogatorio, Franco Trecate ha invece confermato che l’ultimo “incontro con il sindaco si è verificato il 6 Febbraio 2021”, quindi due giorni prima di essere arrestato. “Confermo che prima del mio arresto – ha dichiarato Trecate – ed a seguito delle parole che mi diceva il sindaco, ho acquistato della biancheria nuova nella convinzione da lì a poco mi avrebbero arrestato. Ritenevo però si trattasse dell’indagine dei carabinieri. Si è trattato di una mia intuizione, il sindaco a parte le volte in cui mi diceva di stare attento, non ha mai fatto dichiarazioni specifiche al riguardo. Anzi, una volta sono stato io a chiedere al sindaco se dovevo temere un arresto e lui si è stretto nelle spalle. Ripensandoci, credo che lui sapesse che mi dovevate arrestare perché nell’ultimo periodo si era allontanato. Infatti, visto il nostro rapporto, sono rimasto male per come lui si è comportato a seguito del mio arresto, giungendo a cacciare mia moglie e mia figlia che si erano recate da lui per chiedergli dei consigli su come comportarsi”.
Trecate indagato per truffa ma premiato dal sindaco

E’ il settembre del 2020 e l’allora sindaco di Tropea, Giovanni Macrì, concedeva una pubblica benemerenza – nel corso di apposita manifestazione – per “abnegazione al lavoro” al dipendente comunale Francesco Trecate, nonostante sullo stesso pendesse già una richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Vibo per il reato di truffa in un’inchiesta sull’assenteismo al Comune. Il primo cittadino si è sempre giustificato dicendo di non essere stato portato a conoscenza di tale inchiesta della Procura di Vibo. Franco Trecate la pensa però diversamente e lo fa mettere a verbale. “Il sindaco sostiene oggi che non era a conoscenza del procedimento penale relativo all’assenteismo, ma non è così perché quando ho ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari – sostiene Trecate – mi sono recato dal sindaco per farglielo vedere e chiedere se mi potesse rappresentare”. Franco Trecate sostiene inoltre che l’allora sindaco Macrì avrebbe detto al legale dello stesso Trecate (non è l’avvocato Di Renzo) “di non chiedermi soldi per quel procedimento in quanto avrebbe provveduto lui a pagare le spese legali”.
«Il sindaco sapeva quello che facevo»

Le dichiarazioni di Franco Trecate si sono concentrate, a questo punto, su quanto avveniva al cimitero di Tropea dove la Guardia di Finanza ha portato alla luce – grazie anche a videoriprese – plurime violazioni de sepolcri, con estumulazioni illecite e la distruzione di diversi cadaveri. “L’ordinanza con la quale il sindaco ha disposto la chiusura settimanale del cimitero – ha spiegato a verbale l’imputato – è avvenuta su mia richiesta in quanto ho rappresentato che non era opportuno che effettuassi le esumazioni con gente presente nel cimitero”. Ed ancora: “Con il sindaco mi sono sempre lamentato che i Godano non mi portavano quasi mai la documentazione relativa alla salma da tumulare, documentazione che ove non era presente non avrebbe potuto consentire l’ingresso della salma al cimitero. Davanti a queste mie lamentele, il sindaco faceva spallucce. Il sindaco ha sempre saputo quello che facevo ed anche in occasione del decesso di suo zio, se non fosse intervenuto il cugino Gerardo Macrì” – in realtà è lo zio (fratello del padre) – “con cui è in pessimi rapporti, si sarebbe interessato lui stesso di come sistemare lo zio. In ogni caso io lo avevo messo al corrente della decisione del cugino di esumare la nonna e a fronte di tale informazione lui annuiva”. Gerardo Macrì, già sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, è un nome noto alle cronache e da ultimo gli sono stati confiscati beni per un milione di euro nell’ambito di indagini sui clan La Rosa e Mancuso (tra cui il bar Macrì nella piazza principale e la discoteca Casablanca).
Franco Trecate si sofferma anche sulla denuncia che aveva fatto l’avvocato Giuseppe Bordino, non avendo più ritrovato i resti del nonno nel cimitero. Il sindaco –aveva dichiarato alla Finanza l’avvocato Bordino – la prima volta, novembre 2019 mi disse che si sarebbe impegnato per trovare i resti di mio nonno, mentre la seconda volta, settembre-ottobre 2020, mi disse di non aver potuto fare nulla”. Anche su tale episodio vengono ora alla luce le dichiarazioni di Franco Trecate: “Quando l’avvocato Bordino è andato dal sindaco a lamentarsi dell’assenza del nonno, il sindaco mi ha detto di lasciare stare il Bordino e di non preoccuparmi delle sue lamentele perché aveva controllato lui stesso ed il Bordino non aveva alcuna concessione o era scaduta”. Ed ancora: “Il sindaco mi ha poi chiamato per dirmi di stare attento alla sorella del Contartese che parlava troppo in giro”.
Il figlio di Trecate impiegato al cimitero senza titolo
Franco Trecate nelle operazioni illecite di estumulazione e distruzione delle salme si sarebbe avvalso, secondo l’accusa, dell’aiuto del figlio Salvatore, già pregiudicato per armi. “Rispetto all’impiego di mio figlio, il sindaco mi ha rimproverato in quanto mi ha detto che diversi cittadini avevano lamentato il fatto che mio figlio venisse impiegato nei lavori comunali senza alcun titolo. Io gli rispondevo di comprendere che mio figlio aveva due figli, era privo di occupazione e cercavo solo di fargli guadagnare la giornata”.
L’andazzo al cimitero di Tropea

Ma come funzionava concretamente la procedura di seppellimento delle salme a Tropea dopo i funerali? E chi voleva realizzare una cappella, a chi doveva rivolgersi? E’ sempre Franco Trecate a svelarlo agli inquirenti. “La maggior parte delle cappelle private nel cimitero di Tropea sono state realizzate senza concessione. Nessuno ha mai effettuato un controllo nel cimitero, ognuno ha sempre fatto ciò che voleva anche perché fino a dieci anni fa il posto non era molto frequentato. Ci tengo a precisare che sin dal primo cadavere che io ho tumulato nelle mura di cinta, nessuno del Comune mi ha mai chiesto cosa accadesse nel cimitero e nessuno mi ha chiesto spiegazioni per comprendere come facessi io a tumulare i defunti nonostante vi fosse la piena consapevolezza da parte dell’amministrazione comunale dell’assenza di posti. I fratelli Godano, delle onoranze funebri, mi mandavano i parenti dei defunti per la scelta dei loculi da assegnare. Visto il problema dell’assenza di posti all’interno del cimitero, i Godano li mandavano da me perché in questo modo si assicuravano di poter fare il funerale. Io gli risolvevo il problema della tumulazione. Gli stessi facevano da intermediari per la muratura e i parenti dei defunti mi pagavano tramite loro. I Godano non prendevano soldi per i loculi che io assegnavo, ma sapevano come andavano le cose all’interno del cimitero ed erano a conoscenza che pagavano 1.500 euro anziché 4mila euro per via della liberazione dei loculi già occupati.

Nel 60 per cento delle occasioni in cui abbiamo provveduto a liberare le tombe per tumulare altri soggetti – ha aggiunto Trecate – sono stati i fratelli Godano, Antonio e Vincenzo, a fare da intermediari per poter effettuare i funerali corrispondendo le somme dei parenti direttamente a me nella consapevolezza di quello che io facevo. I costi erano di 200/300 euro solo per la tumulazione, di mille euro quando occorreva fare anche le esumazioni. I Godano prendevano anche dei soldi sul mio lavoro nel senso che tutti i soldi che gli stessi riscuotevano dalle famiglie dei defunti per mio conto, loro facevano sempre una trattenuta di cento, duecento euro. Io prendevo sempre la somma che i Godano indicavano alle famiglie dei defunti, anche se loro in realtà chiedevano sempre qualcosa in più perché, come detto, trattenevano sempre qualcosa per loro. I Godano erano non solo a conoscenza delle esumazioni, ma spesso erano loro a chiedermelo, soprattutto quando le tumulazioni dovevano essere effettuate nei periodi in cui, per legge, non si potevano fare le esumazioni, perché altrimenti non avrebbero potuto far svolgere i funerali”.
Le tumulazioni nel muro di cinta
Gli inquirenti, nel corso dell’interrogatorio di Franco Trecate, si sono concentrati con le loro domande anche sulle esumazioni dei cadaveri dal muro di cinta del cimitero di Tropea. “Dopo aver visto le immagini ricordo di aver effettivamente tolto dal loculo i resti di una bara, trattandosi di loculo chiuso, del quale non si leggeva il nome. I realtà i resti del cadavere ivi tumulato erano già stati raccolti all’interno di una cassettina. I resti ivi presenti sono stai versati nell’ossario comunale. Di tutte le volte che ho dato loculi presenti nelle mura di cinta del cimitero, ne ricordo all’incirca 23, in pochissime circostanze abbiamo trovato cassettine già presenti nei loculi. Quelle volte le cassettine sono state svuotate nell’ossario comunale”.
Trecate e gli altri dipendenti comunali
Franco Trecate nelle sue dichiarazioni non ha mancato di citare anche il dirigente comunale Gabriele Crisafio e altro dipendente. “La somma di 350 euro che mi veniva chiesta per la tumulazione nelle mura di cinta del cimitero – ha spiegato Trecate – è stata concordata con l’architetto Crisafio, somma che veniva pagata con i bollettini del Comune. Subito dopo aver deciso il prezzo con l’architetto, ci ha raggiunto Peppino Adilardi che mi ha fornito la modulistica prestampata. Al Crisafio non ho mai precisato se i posti ove avvenivano le tumulazioni fossero liberi o meno. In realtà era lui insieme ad Adilardi che dovevano verificare se il posto fosse libero o meno, dovendo avere consapevolezza dei posti liberi al cimitero. Anche Peppino Adilardi era a conoscenza di quello che facevo all’interno del cimitero. Era lui il dipendente comunale che avrebbe dovuto trovare il posto per la tumulazione ed i cittadini si rivolgevano a lui appena avveniva un decesso”.
L’estumulazione di tre salme su richiesta del sindaco e di Crisafio

Nell’interrogatorio del 30 marzo 2021 alla presenza del procuratore Camillo Falvo, del pm Concettina Iannazzo e del luogotenente della Guardia di finanza, Marcello Amico, a Franco Trecate è stata quindi mostrata la mappa del cimitero di Tropea recante il timbro comunale e la firma dell’architetto Crisafio. “A domanda sulla collocazione dell’edicola di tre piani, in ordine alla quale furono fatte le prime estumulazioni di tre salme su richiesta – annotano gli inquirenti – del sindaco Macrì e dell’architetto Crisafio, il Trecate la indica sulla mappa e si procedere ad evidenziarla”. Franco Trecate sul punto ha quindi ricordato e fatto mettere a verbale che “la ditta che è stata incaricata di eseguire i lavori dell’edicola suddetta per conto del Comune è quella di La Torre Antonio, della famiglia soprannominata I Lattari”. Sin qui le dichiarazioni dell’imputato Franco Trecate. Spetterà ora all’autorità giudiziaria pronunciarsi sulla loro attendibilità o meno. L’1 aprile prossimo il processo è fissato per la discussione della pubblica accusa. Il Comune di Tropea figura parte civile nel processo ed è assistito dall’avvocato Michele Accorinti.
LEGGI ANCHE: Inchiesta sul cimitero di Tropea, la denuncia di un avvocato chiama in causa il sindaco
Inchiesta sul cimitero di Tropea, fra interrogatori di garanzia, nomine e imbarazzi