giovedì,Gennaio 30 2025

Processo Maestrale, il clan Mancuso e la preoccupazione di Ascone dopo un articolo de Il Vibonese: «Distruggete tutto, qui arriva l’esercito»

Deposizione del maresciallo Osso del Nucleo Investigativo di Vibo. I riscontri alle dichiarazioni dei collaboratori e l’intercettazione che ha captato i commenti e i timori alla pubblicazione di un pezzo da parte della nostra testata

Processo Maestrale, il clan Mancuso e la preoccupazione di Ascone dopo un articolo de Il Vibonese: «Distruggete tutto, qui arriva l’esercito»
In foto Salvatore Ascone

Ancora di scena il maresciallo capo, Francesco Osso – in servizio al Nucleo Investigativo dei carabinieri di Vibo Valentia –, nel maxiprocesso nato dalle operazioni antimafia denominate Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium. Dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, il teste (tra i firmatari di una importante informativa agli atti del processo) si è soffermato stamane sulla figura dell’imputato Salvatore Ascone, 59 anni, di Limbadi, alias “U Pinnularu”, per quanto attiene gli elementi di prova e di riscontro sulla sua partecipazione attiva al clan Mancuso. Diversi i collaboratori di giustizia citati dal teste, le cui dichiarazioni si sono rivelate importanti per inquadrare il ruolo di Salvatore Ascone nel contesto associativo della ‘ndrangheta di Limbadi. Ad iniziare dal vibonese, Andrea Mantella, che nel 2020 si è soffermato con gli inquirenti su Salvatore Ascone dando così indiretto riscontro ad un’intercettazione nella quale era stato lo stesso “Pinnularu” a “confessare” di essere stato in passato un “soldato” dei Mancuso, “con i quali si era cresciuto”, continuando poi negli anni a scalare le gerarchie mafiose della ‘ndrina di Limbadi. Andrea Mantella ha inoltre riferito – in un comune periodo di detenzione in carcere a Viterbo con Diego Mancuso – che Salvatore Ascone risultava particolarmente vicino proprio al boss Diego Mancuso, alias “Addeco” o “Mazzola”, circostanza raccontata pure dal collaboratore Giuseppe Giampà dell’omonimo e potente clan di Lamezia Terme.

Quindi i riscontri rispetto alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Antonino Belnome, intraneo al clan Gallace di Guardavalle ma posto a capo negli anni 2000, con la dote di “Padrino”, del “locale” di ‘ndrangheta di Giussano. Autore materiale dell’omicidio del boss Carmelo Novella (ucciso in un bar di San Vittore Olona il 14 luglio 2008) – che voleva attuare la secessione della ‘ndrangheta lombarda dalla “casa madre” calabrese -, Antonino Belnome ha reso dichiarazioni pure sulla figura di Salvatore Ascone, collocandolo all’interno del clan Mancuso e quale soggetto interessato all’acquisizione di terreni agricoli a Limbadi. Non sono poi mancati i riscontri degli uomini del Nucleo Investigativo di Vibo e del maresciallo capo Francesco Osso anche rispetto al dichiarato del collaboratore di giustizia, Vincenzo Albanese, quest’ultimo genero di Rocco Bellocco di Rosarno, il quale ha raccontato della stretta vicinanza di Ascone al clan Mancuso e dell’interessamento per il traffico di droga. Sulla figura mafiosa di “U Pinnularu” ha infine reso importanti dichiarazioni pure il collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, nel corso di due interrogatori (23 ottobre 2018 e 16 luglio 2021).

Ascone, l’articolo de Il Vibonese e il timore di essere arrestati

Salvatore Ascone
Emanuele Mancuso

Il maresciallo capo, Francesco Osso, ha quindi raccontato in aula quanto accaduto a Limbadi alla lettura di un articolo della nostra testata che dava conto delle nuove dichiarazioni del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso depositate nel processo d’appello per l’operazione “Black money” (LEGGI QUI: ‘Ndrangheta, Emanuele Mancuso: «Roberto Soriano macinato col trattore da Giuseppe Accorinti»). E’ Rocco Ascone, figlio di Salvatore, a leggere l’articolo de Il Vibonese.it – spiega in aula l’investigatore dell’Arma – alla presenza del cugino Francesco Ascone, di Salvatore Ascone e del rumeno Gheorge Laurentiu Nicolae. Emergeva chiaramente la preoccupazione dei presenti rispetto a ciò che poteva accadere a Salvatore Ascone a seguito delle dichiarazioni di Emanuele Mancuso, in quanto l’articolo riportava il suo dichiarato in relazione all’omicidio (“lupara bianca”) di Roberto Soriano di Filandari, macinato con la fresa del trattore. Salvatore Ascone esclamava che si doveva ormai guardare e si preoccupava del fatto che Emanuele Mancuso potesse riferire circostanze anche sul suo conto”. Relativamente invece alle spese legali che Emanuele Mancuso prima della collaborazione si era offerto di pagare (settemila euro) per aiutare il suo amico, Giuseppe Soriano (figlio di Roberto, scomparso per “lupara bianca”), Salvatore Ascone nelle intercettazioni commentava l’articolo della nostra testata aggiungendo che si trattava di “soldi che sono dello zio Luigi”, alludendo a Luigi Mancuso, zio di Emanuele. Al termine della lettura dell’articolo, infine, le imprecazioni di Salvatore Ascone contro Emanuele Mancuso e l’ordine ai suoi interlocutori: “Ora qui mi fanno l’arresto, mi spaccano, qui arriva l’esercito, distruggete tutto là”, con chiaro riferimento – ha concluso il maresciallo Osso – alla distruzione di sostanza stupefacente occultata e ad una pistola.

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‘Ndrangheta, Emanuele Mancuso: «Roberto Soriano macinato col trattore da Giuseppe Accorinti»

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