Presunto boss dava disposizioni al vice comandante della municipale di Mileto, Tar conferma sospensione di 6 mesi dal servizio
Rigettato dai giudici amministrativi il ricorso di Renato Parrone (non indagato in sede penale) contro il provvedimento del ministro dell’Interno. La vicenda nasce da un’intercettazione con Giuseppe Mangone, condannato a 16 anni per associazione mafiosa nell’inchiesta Rinascita Scott
Sospensione cautelare dal servizio per sei mesi e conferma del provvedimento adottato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, il 17 ottobre scorso. È quanto deciso dalla prima sezione del Tar del Lazio nei confronti di Renato Parrone, attuale comandante della polizia municipale del Comune di Mileto, la cui domanda cautelare di annullamento (o, in subordine, di sospensione) del provvedimento del ministro è stata rigettata dai giudici amministrativi con apposita ordinanza. Il ricorso era stato presentato contro il Ministero dell’Interno (in giudizio con l’assistenza dell’Avvocatura dello Stato) e nei confronti del Comune di Mileto che non si è però costituito in giudizio. Il Tar, nel respingere il ricorso di Renato Parrone, ricorda che l’adozione di tale provvedimento si basa su indagini ad ampio raggio relative alla sussistenza di rapporti tra gli amministratori o i dirigenti comunali e la criminalità organizzata. Tali indagini non sono limitati a fatti aventi rilevanza penale, “trattandosi, nella specie, di atto di natura straordinaria avente uno scopo preventivo e non sanzionatorio”. Andando nel merito dei fatti “contestati” (pur non essendo Parrone indagato in sede penale), il Tar spiega quindi che il provvedimento del ministro (sospensione dal servizio per sei mesi) è basato, innanzitutto, sulle “anomale interlocuzioni” avute dal ricorrente Parrone con Giuseppe Mangone, 70 anni, di Mileto, detto “Pino u barberi”, quest’ultimo condannato in primo grado nel maxiprocesso Rinascita Scott a 16 anni di reclusione per associazione mafiosa quale elemento di collegamento fra il clan Mancuso (strettamente legato al boss Luigi Mancuso) di Limbadi ed il locale di ‘ndrangheta di Mileto. Nell’operazione Maestrale-Carthago, inoltre, la Dda di Catanzaro ha chiesto per Giuseppe Mangone (processo con rito abbreviato) la condanna a 8 anni di reclusione e la sentenza deve ancora essere emessa. Giuseppe Mangone è infine anche il padre di Armando Mangone, ex vicesindaco del Comune di Mileto (e già segretario cittadino del Pd di Mileto), nel 2013 dichiarato “incandidabile” per un turno elettorale dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose nel 2012 del Consiglio comunale di Mileto.
La decisione del Tar
I giudici amministrativi del Tar del Lazio, richiamando il provvedimento del ministro dell’Interno, spiegano quindi che nell’ambito dell’inchiesta Rinascita Scott è emersa un’intercettazione nella quale Giuseppe Mangone “impartiva disposizioni” al pubblico ufficiale Renato Parrone, “con ogni conseguenza in termini di compromissione dell’imparzialità – rimarca il Tar – e del buon andamento della pubblica amministrazione”. Giuseppe Mangone nell’intercettazione (agli atti dell’inchiesta Rinascita Scott e richiamata pure nell’operazione Maestrale-Carthago) avrebbe infatti dato le seguenti disposizioni a Renato Parrone: “La giostrina gliela facciamo mettere…la giostrina qua sopra…, gliela mettiamo di fianco…”. Il riferimento è al Carnevale del 2018 e oggetto della telefonata intercettata è una giostra a cui garantire uno spazio pubblico durante l’evento, in particolare «una richiesta ben specifica, cioè quella di installarle in piazza Italia», come da domanda fatta pervenire in Comune. Giuseppe Mangone sarebbe stato a conoscenza di tutto, dando disposizioni al riguardo all’allora vice comandante della polizia municipale (da giugno 2021 comandante) di Mileto, Renato Parrone. E proprio la promozione ottenuta da Parrone – nuovo comandante della polizia municipale al posto di Salvatore Ferrara andato in pensione – viene ricordata dal Tar per respingere il suo ricorso avverso il provvedimento di sospensione deciso dal ministro, Matteo Piantedosi, sulla scorta di un’apposita relazione della Prefettura di Vibo che segnalava in capo al Parrone la sussistenza di elementi tali da arrecare “pregiudizio all’imparzialità dell’amministrazione e da compromettere il regolare funzionamento dell’Ufficio allo stesso affidato”. I giudici amministrativi spiegano infatti che Renato Parrone a far data dal 1 giugno 2021 ha assunto “la direzione dell’area di vigilanza, Suap e sistemi demografici” del Comune di Mileto e la Commissione di accesso agli atti, nominata dal prefetto di Vibo, “ha evidenziato un’altra anomalia concernente l’assenza di un registro relativo all’attività di vigilanza edilizia, circostanza che non consente di verificare l’esistenza di eventuali irregolarità o omissioni nei controlli”. Anche l’assenza di tale registro costa, dunque, al comandante della polizia municipale il rigetto della sua domanda cautelare volta all’annullamento del provvedimento di sospensione deciso dal ministro. Per il Tar, nel caso di specie “vi sono esigenze imperative generali da dover salvaguardare, connesse al regolare funzionamento dell’ente di appartenenza del ricorrente, che prevalgono sull’interesse opposto che è stato prospettato da Renato Parrone”.
Da ricordare che la Commissione di accesso agli atti al Comune di Mileto aveva concluso i propri lavori nel luglio dello scorso anno con una relazione – fatta propria dal prefetto di Vibo Paolo Giovanni Grieco – favorevole allo scioglimento per infiltrazioni mafiose degli organi elettivi dell’ente (a Mileto si è rivotato nel giugno dello scorso anno). Proposta di commissariamento non accolta dal Ministero dell’Interno, ma che aveva comunque consentito al prefetto di Vibo – su indicazione del Viminale – di inviare il 5 novembre scorso una missiva al sindaco, Salvatore Fortunato Giordano, per invitarlo ad adottare entro 15 giorni “determinazioni concrete al fine di riorganizzare il sistema dei controlli interni volti ad assicurare nel Comune di Mileto il rispetto della trasparenza dell’azione amministrativa” ed al fine del “ripristino della correttezza e della legalità nello svolgimento delle attività amministrative dell’ente”. Il Ministero dell’Interno ha infatti evidenziato che vi sono nel Municipio di Mileto “situazioni di irregolarità sicuramente indicative di una diffusa mala gestio all’interno del Comune che hanno determinato diverse disfunzioni”.
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