venerdì,Gennaio 17 2025

Ecco come funzionava l’estorsione del 3% su 5 milioni d’appalto: l’inchiesta di Catanzaro sulle presunte richieste del clan Abbruzzese – NOMI

Nel mirino un’impresa impegnata nei lavori per il Terzo megalotto della Statale 106. Ma la denuncia di un dipendente ha fatto scattare le indagini della Dia e gli arresti di questa mattina

Ecco come funzionava l’estorsione del 3% su 5 milioni d’appalto: l’inchiesta di Catanzaro sulle presunte richieste del clan Abbruzzese – NOMI

Nel cantiere di Trebisacce la vigilanza non serviva, era assicurata di default. Dall’inizio dei lavori non si è mai registrato alcun danneggiamento, era praticamente immune. La ragione l’avrebbe compresa solo dopo però il titolare dell’impresa che aveva ottenuto il subappalto dei lavori per la realizzazione della variante del metanodotto “Pisticci – Sant’Eufemia”, due microtunnel funzionali allo spostamento del metanodotto e rientranti nelle opere del terzo megalotto della statale 106.

Il 3% sull’appalto

Cinque milioni di euro in parte da cedere, nella quota del 3%, alla società da cui aveva ottenuto il subappalto. L’imbasciata gli sarebbe arrivata dal capocantiere, Antonio Salvo, attraverso due suoi dipendenti: le ditte fornitrici imposte perché disponibili a sovrafatturare materiali e servizi.

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La gita a Lauropoli

La certezza della richiesta estorsiva sarebbe arrivata però nel settembre del 2022 quando il capo cantiere, senza dare troppe spiegazioni, avrebbe invitato uno dei due dipendenti a seguirlo in auto senza portarsi dietro lo smartphone. Direzione Lauropoli, dove sarebbe avvenuto un incontro con cinque, sei persone che senza tanti giri di parole avrebbero fatto immediatamente comprendere che per non aver problemi nel cantiere avrebbero dovuto versare il 3% del valore dell’appalto attraverso ditte da loro indicate.

Le ditte compiacenti

La Cmi per il calcestruzzo, la Smeda per il trasporto e lo smaltimento dei materiali di risulta e la Calabria Lavori per la fornitura di inerti per i piazzali del cantiere. Si tratta delle tre società sottoposte a sequestro preventivo nell’ambito dell’inchiesta istruita dalla Dda di Catanzaro e messa a segno dalla Dia che ha condotto le investigazioni.

L’inchiesta

In carcere con l’accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose sono finiti il capocantiere Antonio Salvo, Luigi Falcone, responsabile della Calabria Lavori, Domenico Basile della Cmi Calcestruzzi, Giuseppe D’Alessandro per la Smeda, Gino Cipolla e Leonardo Abbruzzese.

Il rientro da Lauropoli

Al rientro dall’incontro a Lauropoli proprio Antonio Salvo avrebbe chiesto se avesse, quindi, compreso da dove provenisse la richiesta estorsiva invitandolo a cercare su internet chi fossero gli Abbruzzese. Solo dopo aver denunciato l’estorsione, il dipendente avrebbe quindi riconosciuto, in sede di escussione, Gino Cipolla, l’autista che lo avrebbe condotto a Lauropoli e Leonardo Abbruzzese, con cui Antonio Salvo si sarebbe appartato in occasione dell’incontro.

Il metodo della sovrafatturazione

Secondo quanto ricostruito dalla Dia, le modalità per ottenere il prezzo dell’estorsione sarebbe avvenuto attraverso una ripartizione proporzionale delle sovrafatturazioni. Un piano ben congegnato e immediatamente illustrato ai dipendenti della società che aveva ottenuto il subappalto. In particolare, la Smeda avrebbe dovuto sovrafatturare circa 100mila euro, la Cmi altri 30mila e infine Calabria Lavori ulteriori 20mila euro: 150mila in tutto, il 3% del valore dell’appalto.
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