mercoledì,Gennaio 15 2025

Pressioni su Emanuele Mancuso, la Cassazione deposita i motivi dell’annullamento per tre posizioni

In un caso accolto il ricorso della Procura generale sul riconoscimento delle sole aggravanti mafiose in una contestazione mossa a Giuseppe Mancuso, mentre per i genitori del collaboratore vengono accolte le ragioni dei difensori

Pressioni su Emanuele Mancuso, la Cassazione deposita i motivi dell’annullamento per tre posizioni
La Cassazione e in foto a sinistra Emanuele Mancuso, a destra Pantaleone e Giuseppe Mancuso
Giovanna e Rosaria Del Vecchio, madre e zia di Emanuele Mancuso

Sono state depositate dalla prima sezione penale della Cassazione le motivazioni della sentenza emessa all’epilogo di un’inchiesta della Dda di Catanzaro che mira a far luce sulle pressioni rivolte dai familiari ad Emanuele Mancuso per farlo recedere dalla collaborazione con la giustizia. Il verdetto è del 20 settembre scorso e la vicenda giudiziaria si occupava anche della latitanza di Giuseppe Mancuso, fratello di Emanuele e figlio del boss Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”.  La Cassazione ha accolto il ricorso della Procura generale di Catanzaro per quanto riguarda la sola aggravante delle finalità mafiose in relazione ai reati di detenzione illegale di armi e ricettazione contestati a Giuseppe Mancuso, 39 anni, di Nicotera (che in appello era stato condannato a 4 anni e un mese con la caduta delle aggravanti). Per lui sarà quindi necessario un nuovo processo di secondo grado per la determinazione delle sole aggravanti. Accolto, invece, il ricorso dei difensori ed annullate con rinvio (quindi anche per loro sarà necessario un nuovo processo d’appello) le condanne ad un anno e 4 mesi a testa per Pantaleone Mancuso, di 64 anni, e per Giovanna Del Vecchio, di 57 anni, di Nicotera (padre e madre di Emanuele Mancuso). Confermate, infine, le assoluzioni per Rosaria Del Vecchio, di 59 anni, di Nicotera e Desiree Mancuso, di 33 anni, di Nicotera (rispettivamente zia e sorella di Emanuele Mancuso).

Le motivazioni della Cassazione

Per quanto riguarda l’accoglimento del ricorso della Procura generale di Catanzaro, la Cassazione sottolinea che Giuseppe Mancuso (fratello di Emanuele) «non era semplicemente un cittadino armatosi per difendersi dalla possibile invadenza della criminalità, bensì un capomafia latitante. Un soggetto, quindi – sottolinea la Suprema Corte – che intendeva continuare a esercitare il proprio potere in campo malavitoso e, a tal fine, aveva necessità di difendersi da probabili aggressioni (portategli, queste ultime, non per questioni estranee all’associazione mafiosa, ma proprio in quanto capo della stessa). Non affrontato neppure il tema della natura stessa delle armi (quindi, della capacità lesiva delle stesse), che il Tribunale di Vibo aveva ritenuto evocativa di un’ampia capacità di inserirsi e gestire le dinamiche ed il controllo sul territorio». Da qui l’accoglimento del ricorso della Procura generale per Giuseppe Mancuso.

Pantaleone Mancuso

Quanto invece all’accoglimento del ricorso dei difensori per Pantaleone Mancuso e Giovanna Del Vecchio (genitori del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso), imputati per il reato di violenza privata, la Cassazione sottolinea che «l’intera azione di induzione ascritta agli imputati, se riguardata nella sua globalità e secondo il suo sviluppo diacronico, si permea di un connotato di vaghezza, risolvendosi in una generica manifestazione di volontà, contraria all’intrapreso percorso collaborativo». La sentenza della Corte d’Appello è però giunta alla conferma dell’esistenza del reato di violenza privata affidandosi alla «ritenuta attendibilità del racconto di Emanuele Mancuso quanto alle pressioni esercitate nei suoi confronti dai familiari affinchè uscisse dal percorso di collaborazione. I giudici di merito, correttamente, hanno poi ritenuto non necessario procedere alla ricerca di riscontri rispetto a tale narrato, stante la semplice veste di testimone attribuibile a Emanuele Mancuso.
La motivazione adottata dalla Corte d’Appello – sottolinea la Cassazione – è però carente nella parte in cui non evidenzia la specifica concretizzazione di un’attività violenta o minacciosa ascrivibile agli imputati. In sostanza – rimarca la Cassazione – la Corte territoriale manca di sviscerare l’effettiva portata e di analizzarne – sotto il profilo contenutistico, nonché con riferimento agli effetti prodottisi sul destinatario – le effettive attitudini alla coartazione. Occorrerà procedere a colmare tale lacuna motivazionale – conclude la Cassazione – ovviamente con piena libertà degli esiti». Da qui l’accoglimento del ricorso dei difensori e l’annullamento con rinvio delle condanne per Pantaleone Mancuso e Giovanna Del Vecchio.  

I difensori

Giuseppe Mancuso è difeso dall’avvocato Francesco Capria; Rosaria Del Vecchio dall’avvocato Francesco Capria; Giovanna Del Vecchio dagli avvocati Francesco Capria e Giosuè Naso; Pantaleone Mancuso dagli avvocati Francesco Capria e Mario Santambrogio; Desiree Mancuso era assistita dall’avvocato Francesco Capria.

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