‘Ndrangheta, ritrovato morto il cane dei testimoni di giustizia Grasso e Franzè: era già successo
Nuova intimidazione nei confronti dei coniugi che hanno sfidato la criminalità organizzata vibonese offrendo un importante contributo a inchieste come Black Money e Rinascita Scott
È stato ritrovato morto il cane di Giuseppe Grasso e Francesca Franzè, testimoni di giustizia in alcune delle più importanti operazioni antimafia sul territorio vibonese a partire dagli inizi degli anni 2000. A renderlo noto è l’avvocato Rosalia Staropoli evidenziando come «i Signori Grasso e Franzè, testimoni di giustizia in alcune tra le più importanti operazioni antimafia come “Breccia due”, “Odissea”, “Purgatorio,” Libra”, “Black Money” e “Rinascita Scott”, la mattina del 9 gennaio scorso hanno ritrovato morto il proprio cane che custodivano nel giardino accanto alla propria abitazione».
Immediata – come riportato da ANSA – la denuncia alle forze dell’ordine che hanno avviato le indagini per risalire ai responsabili del barbaro gesto commesso nei confronti di un animale indifeso. I coniugi Grasso, originari di San Leo, frazione del Comune di Briatico, da qualche hanno deciso di rientrare dal nord Italia nella propria terra ma una volta tornati hanno nuovamente fatto i conti con problemi che li avevano accompagnati in passato subendo una lunga serie di atti intimidatori.
Come l’avvelenamento, in precedenza, di altri due cani. Uno dei quali ritrovato agonizzante e trasportato immediatamente in clinica veterinaria dove però non era deceduto per via dell’ingestione di un boccone di carne avvelenato, mentre nei giorni precedenti la coppia ha rinvenuto un fazzolettino intriso di sangue sulla maniglia della propria autovettura.
«Depositeremo un atto di denuncia-querela per quanto stanno continuando a subire i signori Giuseppe Grasso e Francesca Franzè che chiedono venga fatta luce non soltanto su questo episodio ma anche su quelli pregressi che finisce col minare ripetutamente la loro tranquillità. Sono due persone che hanno deciso nel corso degli anni di affidarsi allo Stato per denunciare le angherie subite dalla criminalità organizzata vibonese pagando un caro prezzo e adesso non vogliono ritornare a vivere quell’incubo» ha fatto sapere l’avvocato Staropoli.