Chi era il 50enne ucciso a colpi di pistola a Bovalino, dai traffici di droga a quell’omicidio commesso per 300mila lire
Giancarlo Polifroni era da poco uscito dal carcere e stava scontando la sua pena ai domiciliari. Nei primi anni Duemila è stato condannato mentre era latitante per l'uccisione di un giovane musicista
Aveva da poco lasciato il carcere Giancarlo Polifroni, il cinquantenne giustiziato ieri a Bovalino con almeno cinque colpi di arma da fuoco davanti alla sua abitazione. Dal luglio scorso infatti, l’uomo si trovava ristretto agli arresti domiciliari dove stava finendo di scontare un cumulo di pena per l’omicidio del musicista bovalinese Totò Speranza e per un vorticoso traffico di droga smascherato dalle inchieste Imelda e Stupor mundi della Distrettuale antimafia dello Stretto. Ed è proprio ai giudici dell’antimafia reggina che il fascicolo su questo omicidio “eccellente” potrebbe passare nei prossimi giorni. Polifroni infatti vantava un curriculum criminale di primo piano e nel mirino degli inquirenti ci era finito già nel 2000 quando, da latitante, venne accusato di avere allestito un proficuo traffico di marijuana che vedeva proprio il piccolo centro jonico come piazza principale dello spaccio. Un ordine di cattura che sarà solo il primo di una lunga serie.
L’omicidio Speranza
Ma la carriera criminale di Polifroni era iniziata prima di quell’accusa di traffico di erba. Alla fine degli anni ’90 infatti, poco più che ventenne, quello di Polifroni era un nome che iniziava ad essere ben conosciuto nel mondo degli spacciatori. Un ruolo che l’uomo si era ritagliato nel tempo, diventando presto uno dei maggiori referenti per l’acquisto di marijuana nella bassa Locride. Ed era a lui che Totò Speranza si era rivolto per comprare 200 grammi d’erba: ventottenne punk con tanto di cresta colorata (una sorta di marziano per la Bovalino di quegli anni), spirito libero, musicista e cofondatore della band degli Invece, Speranza non era mai riuscito a saldare il suo debito di 300 mila lire (poco meno di 150 euro attuali).
Un affronto che Polifroni, ormai sulla pista di lancio per diventare un vero e proprio trafficante, non poteva accettare. Speranza – diranno le indagini che lo condanneranno in via definitiva a 17 anni di reclusione – aveva provato a prendere tempo, ma inutilmente. La sera del 12 marzo del 1997 infatti Polifroni raggiunge Speranza in un bar della cittadina jonica e, forse con la scusa di parlare, lo convince a salire in auto con lui. Speranza non farà mai ritorno a casa: una telefonata anonima, il giorno dopo, farà ritrovare il suo cadavere alla periferia di Bovalino. A inchiodare Polifroni alle sue responsabilità fu il caso.
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