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Sparatoria a San Gregorio d’Ippona, condanna definitiva

La Cassazione respinge il ricorso e conferma la condotta di tentate lesioni personali aggravate dall’uso delle armi

Sparatoria a San Gregorio d’Ippona, condanna definitiva

Tre anni e tremila euro di multa. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Francesco Gasparro, 48 anni, di San Gregorio d’Ippona, ritenuto responsabile del reati di tentate lesioni personali aggravate dall’uso delle armi, detenzioni e porto illegale di armi (una pistola calibro 45) e danneggiamento. Reati tutti avvinti dal vincolo della continuazione. Vittima dell’azione di Francesco Gasparro, il compaesano Domenico Grande. Secondo l’accusa, Gasparro avrebbe esploso alcuni colpi di pistola, intorno alle ore 17 del 15 febbraio 2017 in pieno centro abitato a San Gregorio d’Ippona, all’indirizzo dei fratelli Egidio e Domenico Grande. Ma dall’accusa di tentato omicidio ai danni di Egidio Grande, l’imputato era già stato assolto in primo grado. Gasparro avrebbe aperto dapprima il fuoco contro Domenico Grande, che si trovava a bordo della sua auto e poi anche contro la sua vettura (una Mitsubishi L200) e quella di Egidio Grande (una Mercedes ML) ed un’altra vettura (Ford Focus) parcheggiate sulla pubblica via. Le auto rimanevano danneggiate dai colpi di pistola calibro 45, rendendole in tutto o in parte inservibili. [Continua dopo la pubblicità]

La Corte di Cassazione

La testimonianza dei Grande si è rivelata fondamentale per risalire a Gasparro. Un contributo alle indagini era arrivato anche dalle telecamere di sorveglianza. Anche per la Cassazione, che ha depositato le motivazioni della sua decisione, la condotta posta in essere da Gasparro è da ritenersi “idonea ed univocamente diretta a provocare lesioni alla parte offesa, evento che non verificatosi solo perché quest’ultimo è riuscito a darsi alla fuga. Il giudice di merito, infatti, ha ritenuto che la modalità della condotta (la parte offesa, alla guida dell’autovettura, era stata affiancata dall’imputato), le caratteristiche del mezzo impiegato (una pistola perfettamente funzionante) e la zona nella quale erano stati esplosi i colpi (uno all’altezza dei pedali e l’altro all’altezza della maniglia, a ridosso di due sportelli del lato guida) permettevano di ritenere integrata la materialità delle tentate lesioni ai danni di Domenico Grande.

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