giovedì,Gennaio 9 2025

Processo Maestrale: l’evoluzione dei clan di Mileto tra faide e morti ammazzati nella deposizione del capitano Alessandro Bui

Dal comandante del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia la suddivisione del territorio, gli accordi e gli scontri tra le ‘ndrine di San Giovanni, Paravati, Calabrò e Comparni. Lo sterminio della famiglia Evolo e le alleanze con i Mancuso e i clan del Reggino

Processo Maestrale: l’evoluzione dei clan di Mileto tra faide e morti ammazzati nella deposizione del capitano Alessandro Bui

L’evoluzione criminale della ‘ndrangheta nel comprensorio di Mileto dagli anni ’80 ai giorni nostri. È toccato oggi al capitano Alessandro Bui, dall’agosto 2021 alla guida del Nucleo Investigativo dei carabinieri del comando provinciale di Vibo Valentia, illustrare al Tribunale collegiale l’attività di indagine sfociata nell’operazione antimafia Maestrale-Carthago. Un lavoro poderoso che è andato a ricostruire la genesi, i contrasti e gli attuali assetti criminali dei clan di Mileto partendo anche dalla rilettura di inchieste storiche come l’operazione “Tirreno” del 1993 ad opera della Dda di Reggio Calabria, ma anche le operazioni Genesi e Dinasty della Dda di Catanzaro. E’ il 1987 quando il boss di Limbadi, Giuseppe Mancuso, alias ‘Mbrogghja, permette la nascita del “locale” di ‘ndrangheta di San Giovanni di Mileto con a capo Enrico Zupo al quale gli subentra successivamente Giuseppe Prostamo affiancato dal fratello Nazzareno. Avvenimenti ricostruiti non solo attraverso le sentenze delle operazioni “Tirreno” e “Genesi”, ma anche dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta Maestrale-Carthago unitamente alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Michele Iannello che nel gennaio del 1995 ha deciso di “saltare il fosso” dopo essere stato arrestato nel settembre del 1994 per l’omicidio del bimbo americano Nicolas Green.

La faida a San Giovanni di Mileto

Carmine Galati
Rocco Cristello

Nel racconto del capitano Bui – sollecitato dal pm della Dda Andrea Buzzelli – ha quindi trovato ampio spazio la genesi della faida a San Giovanni di Mileto tra i Galati da un lato e i Prostamo-Iannello-Tavella dall’altro. Tutto ha inizio il 2 ottobre 1988 con Nazzareno Prostamo che ordina ad Antonio Currà di appiccare il fuoco ad una masseria dei Galati. La risposta non tarda ad arrivare, con l’omicidio dello stesso Antonio Currà ad opera dei Galati il 4 ottobre 1988. Quindi il tentato omicidio di Giuseppe Prostamo ad opera di Rocco Cristello, genero di Domenico Galati, quest’ultimo fratello del boss Salvatore Galati che sta da anni scontando la pena dell’ergastolo. “Rocco Cristello è poi emigrato in Lombardia divenendo – ha ricordato in aula il capitano Bui – il capo del locale di ‘ndrangheta di Seregno”, venendo a sua volta ucciso a Verano Brianza il 27 marzo 2008 dopo essere entrato in contrasto per ragioni di supremazia mafiosa con il cognato Antonio Stagno. Sin quando è rimasto Mileto, Rocco Cristello unitamente a Salvatore e Carmine Galati avrebbero rappresentato una “vera potenza criminale” – stando alle intercettazioni dell’operazione Maestrale-Carthago –, capaci di rappresentare da soli una “bocca di fuoco” temuta persino dai Mancuso.

Giuseppe Prostamo

Al tentato omicidio del boss Giuseppe Prostamo, i Galati avrebbero quindi risposto con il ferimento di Giuseppe Arena, detto “Peppe u killer”, personaggio di primo piano della ‘ndrangheta di Mileto legato in particolare a Salvatore Galati. L’8 agosto 1989 viene quindi ucciso Domenico Galati, il 28 gennaio 1990 la risposta con l’omicidio di Nazzareno Iannello e il 27 febbraio 1990 il ferimento di Michele Iannello (fratello di Nazzareno). Salvatore Galati chiede ed ottiene a questo punto il sostegno dei potenti Molè di Gioia Tauro per vincere la faida di San Giovanni e il 17 aprile del 1990 viene così ucciso Antonio Tavella e gravemente ferito Pasquale Pititto. Un fatto di sangue, l’omicidio di Antonio Tavella, per il quale Salvatore Galati, Giuseppe Arena, Mommo Molè, Pasquale De Maio di Gioia Tauro, e Annunziato Raso (killer dei Molè) sono stati condannati in via definitiva nel processo “Tirreno”.

La faida di Laureana e lo sterminio degli Evolo di Paravati

Giuseppe Mancuso
Michele Iannello

Se Salvatore Galati di San Giovanni, Carmine Galati (poi morto a metà anni ’90 in un incidente con il trattore) di Comparni e Rocco Cristello hanno trovato sostegno nell’alleanza con i Molè di Gioia Tauro, i Prostamo sarebbero invece rimasti legati al boss di Limbadi Giuseppe Mancuso, camminando così le dinamiche criminali di Mileto di pari passo – per come spiegato in aula dal capitano Alessandro Bui – con quelle della vicina Laureana di Borrello dove nel frattempo era scoppiata un’altra faida: da un lato i Cutellè, sostenuti dai Mancuso, dall’altra i Lamari e i Chindamo, alleati agli Albanese di Candidoni, alleati ai Molè-Piromalli di Gioia Tauro. Non è un caso, quindi, che i Cutellè di Laureana avrebbero voluto uccidere Salvatore Galati. La tregua delle ostilità tra i Galati e i Prostamo-Iannello si consuma quindi sulla pelle degli Evolo di Paravati, un clan inviso a tutta la ‘ndrangheta di San Giovanni di Mileto senza distinzioni, ma anche ai Mancuso. È il 4 marzo 1989 quando “Pasquale Evolo – ha riferito il capitano Bui – tenta di uccidere senza successo Carmine Galati”, mentre il 7 settembre 1989 lo stesso Carmine Galati, unitamente a Gennaro Vecchio (indicato come il boss di San Calogero, successivamente ucciso), attenta alla vita di Vincenzo Evolo che rimane ferito. Il 17 settembre 1989 è Salvatore Evolo a trovare la morte in un agguato che, secondo le risultanze investigative ricordate in aula dal capitano Bui, sarebbe stato compiuto da Carmine Galati. Il 13 settembre 1990 a cadere in un tranello e ad essere ucciso è stato invece Antonino Evolo, freddato in auto con un colpo di pistola alla nuca da Pasquale Pititto, Michele Iannello e Nicola Pititto, quest’ultimo a sua volta eliminato dagli Evolo il 23 novembre 1990. Il 7 dicembre 1990 viene ucciso Vincenzo Evolo, mentre Pasquale Evolo lascia la Calabria e altri due agguati contro ulteriori componenti della famiglia Evolo non vanno a buon fine in data 13 gennaio 1990 e nel 1996. Il 4 luglio 1997 viene infine ucciso a Paravati Domenico Evolo.

La spartizione del territorio di Mileto

Franco Mesiano
Pasquale Pititto

Sterminati gli Evolo, il potere mafioso su Paravati sarebbe passato ai Galati di Comparni e San Giovanni di Mileto, con un ruolo sempre maggiore acquisito nel tempo da Michele Galati, figlio dell’ergastolano Salvatore Galati, ma divenuto nel tempo anche un “fidatissimo” del boss di Zungri Giuseppe Accorinti. Sulla frazione Calabrò e su Mileto paese acquista sempre più potere la famiglia Mesiano, guidata da Giuseppe Mesiano (ucciso il 17 luglio 2013 da Giuseppe Corigliano, condannato per il delitto a 21 anni di reclusione) e dai figli Franco Mesiano (che ha scontato la condanna per l’omicidio di Nicolas Green), Fortunato, Antonello, Paolo, Saverio e Pasquale Mesiano, attivi con dei forni nella produzione del pane ma anche nel traffico di armi e droga tra Lombardia e Calabria ed inseriti – ha riferito il capitano Bui – nella ‘ndrangheta con riti e affiliazioni”. Dal 2005 al 2008 i contrasti avrebbero invece interessato Pasquale Pititto (posto agli arresti domiciliari per motivi di salute nonostante la condanna all’ergastolo) e i Tavella di San Giovanni di Mileto, con la sparizione (è stata ritrovata solo l’auto bruciata) il 7 ottobre 2005 di Antonio Galati (nipote di Pasquale Pititto) ed il ferimento a colpi d’arma da fuoco di Benito e Michele Tavella, quest’ultimo poi ucciso il 7 ottobre 2006 sulla sedia del barbiere a Mileto. A tentare di vendicare l’omicidio di Michele Tavella sarebbe stato il fratello Benito, a sua volta però rimasto paralizzato sulla sedia a rotella a seguito di altro attentato portato a termine dai Pititto. Di rilievo – per come evidenziato dal capitano Bui – l’alleanza dei Tavella con i Bellocco di Rosarno, tanto che il boss Giuseppe Bellocco (condannato all’ergastolo) è stato catturato il 16 luglio 2007 proprio nelle campagne di San Giovanni di Mileto.

Gli attuali assetti criminali

Michele Galati

Il 4 giugno 2011 a San Costantino Calabro viene ucciso il boss Giuseppe Prostamo e per tale delitto è stato condannato quale killer Francesco Pannace, indicato quale fedelissimo del boss Rosario Fiarè di San Gregorio d’Ippona. Il 31 ottobre 2012, invece, Fortunato Mesiano apre il fuoco a Mileto (ma la pistola era caricata a salve) contro Michele Tavella (omonimo del cugino ucciso sulla sedia del barbiere), mentre l’11 luglio 2013 viene ucciso Giuseppe Mesiano. A seguito delle operazioni antidroga denominate “Stammer 1 e 2” del 2017, nel “locale” di Mileto prendono quindi il sopravvento i Galati di Comparni quali nuovi vertici della struttura di ‘ndrangheta e nella suddivisione dei proventi illeciti delle estorsioni (nonostante l’astio mai placato) rientrano però anche i Pititto di San Giovanni di Mileto. Emergono a questo punto e sino all’attualità tre figure – ha spiegato il teste Bui – che sono: Michele Galati, figlio dell’ergastolano Salvatore, Vincenzo Corso che ha sposato una figlia di Giuseppe Mesiano, e Michele Silvano Mazzeo, nipote di Carmine Galati e del fratello ergastolano Ottavio Galati”. A farne le spese delle nuove alleanze criminali, anche la ditta addetta alla raccolta dei rifiuti nell’intero territorio comunale di Mileto, presa di mira con diverse estorsioni, danneggiamenti e assunzione di personale.   

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