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Anche Filadelfia evita lo scioglimento per mafia, l’ex sindaco di Capistrano: «Nuovo approccio, rivedere le decisioni passate»

Il suo Comune è stato sciolto a ottobre 2023 ed è attualmente in corso la battaglia davanti ai giudici amministrativi. Alle luce degli ultimi sviluppi sull'Ente guidato da Anna Bartucca, Marco Martino chiede di verificare se i precedenti provvedimenti che hanno accertato la presenza di infiltrazioni della criminalità organizzata «fossero davvero giustificati»

Anche Filadelfia evita lo scioglimento per mafia, l’ex sindaco di Capistrano: «Nuovo approccio, rivedere le decisioni passate»
Una veduta di Capistrano e, a destra, Marco Martino

Dopo Nicotera e Mileto, anche Filadelfia evita lo scioglimento per mafia. La decisione del ministero dell’Interno è stata comunicata ufficialmente pochi giorni fa al sindaco, agli esiti del lavoro della commissione d’accesso agli atti arrivata in municipio a febbraio scorso. Alla luce dell’esperienza di questi tre Comuni, l’ex sindaco di Capistrano Marco Martino auspica ora che «il ministero dell’Interno e il Consiglio dei ministri valutino attentamente anche i casi passati, per verificare se gli scioglimenti degli organi elettivi fossero davvero giustificati». Il Comune di Capistrano è stati sciolto per infiltrazioni mafiose ad ottobre 2023, un provvedimento poi confermato lo scorso agosto dal Tar della Calabria che ha respinto il ricorso degli ex amministratori.

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Il “lieto fine” per Nicotera, Mileto e Filadelfia rappresenta ad avviso di Martino un segnale di quanto «fosse discutibile» l’invio da parte della Prefettura «di numerose commissioni d’accesso in molti comuni del territorio», che avrebbe «reso la provincia un simbolo nazionale della fragilità normativa sullo scioglimento degli enti locali».

«Il governo, come dichiarato pubblicamente negli ultimi mesi – afferma l’ex sindaco -, sembra intenzionato a riformare la legge vigente, spesso ritenuta controversa, per garantire maggiore chiarezza e giustizia. Gli esiti delle indagini commissariali, infatti, hanno frequentemente evidenziato l’assenza di elementi concreti a sostegno delle ipotesi di condizionamento mafioso nei confronti degli enti locali. In molti casi, i dati raccolti non hanno giustificato lo scioglimento degli organi elettivi, evidenziando così un approccio approssimativo e talvolta infondato».

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Secondo Marco Martino, «L’archiviazione delle indagini sui comuni di Filadelfia, Nicotera e Mileto suggerisce un cambio di atteggiamento rispetto alle decisioni precedenti, dove scioglimenti basati su relazioni delle commissioni e del prefetto si sono rivelati privi di sufficienti elementi probatori. Questa nuova attenzione rappresenta un’opportunità per riflettere sui limiti di un sistema che, in passato, ha penalizzato i sindaci e le amministrazioni senza un’effettiva base fattuale. Le preoccupazioni sollevate dai sindaci colpiti, spesso vittime di un “clima da caccia alle streghe” – sottolinea – , sembrano aver indotto il Ministero competente a una maggiore prudenza nelle valutazioni. Gli amministratori locali, investiti di enormi responsabilità, si sono trovati a operare in un contesto caratterizzato da decisioni sommarie e da valutazioni distanti dalla realtà quotidiana delle loro comunità».

Martino cita poi le parole del nuovo prefetto di Vibo Valentia, che al suo insediamento ha affermato che «lo scioglimento di un Comune per mafia rappresenta una sconfitta della democrazia». Parole che l’ex sindaco di Capistrano definisce significative: «Questo richiamo, profondamente apprezzato, sottolinea la necessità di un approccio responsabile e rispettoso del mandato politico affidato dagli elettori».

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E ancora, prosegue Martino: «Il ruolo degli enti locali non può ridursi a mere macchine di gestione tributaria; essi devono garantire servizi essenziali e promuovere il benessere delle comunità. L’incapacità di adempiere a queste funzioni, lasciando spazi vuoti, può effettivamente favorire l’infiltrazione della criminalità organizzata, generando l’effetto opposto a quello desiderato. La normativa vigente, sancita dal Testo Unico sugli Enti Locali (D.Lgs. 267/2000), dovrebbe tutelare la rappresentanza democratica, evitando conflitti che mettono lo Stato contro sé stesso. Troppe volte, però, la gestione degli scioglimenti è apparsa più come una “guerra tra poveri” che come un’effettiva tutela della legalità, con i cittadini come principali vittime. Episodi come quello di Capistrano, in cui a un sindaco si è contestato un colloquio con un ambulante o con un dipendente di un altro comune, evidenziano l’assurdità di certe decisioni. È dunque legittimo chiedersi: chi ha realmente tratto vantaggio da tali interventi? E quali sono stati i motivi che hanno spinto a scelte così dannose per la rappresentanza democratica?», si chiede.

Da qui la richiesta di rivedere le decisioni passate. «I tribunali amministrativi sono oggi teatro di dure battaglie legali, spesso causate da interpretazioni normative lacunose e da decisioni affrettate. La speranza è che si possa avviare una riflessione seria, capace di restituire dignità e funzionalità agli enti locali, pilastri fondamentali della legalità e della gestione del territorio. Il nuovo prefetto, con le sue prime dichiarazioni – conclude Martino -, sembra aver intrapreso una direzione più equilibrata, promuovendo un dialogo costruttivo tra amministrazioni e cittadini. Questo cambio di rotta appare oggi indispensabile per sanare le ferite del passato e per ripristinare la fiducia nei confronti delle istituzioni locali, garantendo una gestione più trasparente e rispettosa del mandato democratico».

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