«Martedì fanno un’operazione a Catanzaro», le soffiate agli Anello-Fruci: assoluzioni e condanne
Nelle motivazioni della sentenza del processo Imponimento i rapporti della cosca con alcuni esponenti delle forze dell’ordine
È un dato assodato che le famiglie di ‘ndrangheta cerchino sempre addentellati all’interno della polizia giudiziaria per poter avere informazioni rispetto alle indagini a loro carico. Non fa eccezione l’inchiesta Imponimento che già nel processo con rito abbreviato ha registrato la condanna 12 anni e otto mesi del sovrintendente della Guardia di finanza, Domenico Bretti, riconosciuto colpevole, tra gli altri, del reato di rivelazione di segreto d’ufficio per aver rivelato a Rocco Anello informazioni circa l’inchiesta sul cantiere Eurospin di Pizzo.
Nelle motivazioni della sentenza relativa al processo ordinario di Imponimento, istruito dalla Dda di Catanzaro contro la consorteria Anello-Fruci – attiva nel vibonese e fino al territorio di Lamezia Terme – c’è un capitolo dedicato al rapporto della cosca con le forza dell’ordine.
Le rivelazioni di Pontieri
Nel processo con rito ordinario è stato condannato a tre anni di reclusione, sempre per rivelazione di segreto d’ufficio, il finanziere Franco Pontieri perché avrebbe rivelato a Nicola Antonio Monteleone, notizie coperte da segreto d’ufficio.
A inchiodarlo sarebbe una conversazione del 18 giugno 2017 tra Monteleone e il boss Rocco Anello. Monteleone riferisce di aver appreso da un “amico finanziere” di una imminente operazione che avrebbe portato a molti arresti nel Catanzarese nei confronti di persone di etnia rom.
Il linguaggio di Monteleone è esplicito: «Martedì fanno un’operazione a Catanzaro».
Anche il boss Anello si mostra a conoscenza dell’informazione ma Monteleone dimostra di avere appreso maggiori particolari, come il numero degli arrestati. Secondo Rocco Anello avrebbero dovuto arrestare 40/45 persone ma il sodale smentisce: «Nooo… o 26 o 28 mi ha detto, lunedì sera la fanno, se prendete il giornale la mattina di martedì vedete».
In effetti il 21 febbraio 2017 è stata condotta l’operazione Safety car che ha portato all’arresto di 20 persone di etnia rom.
Non sussiste l’aggravante mafiosa
Secondo il Collegio risulta «provato che vi sia stata la rivelazione di un’informazione relativa ad un’indagine in corso e pertanto coperta da segreto d’ufficio, atteso che il Monteleone ne era a conoscenza due giorni prima della data degli arresti». Dal reato è stata esclusa l’aggravante mafiosa poiché i giudici non ritengono fornita la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, che l’informazione sia stata fornita per agevolare la cosca visto che la «notizia rivelata non aveva ad oggetto questioni rilevanti per la cosca o attinenti al programma criminale perseguito dalla consorteria».
L’assoluzione di Pietro Verdelli
Il Tribunale di Lamezia Terme ha, invece, assolto l’assistente di polizia Pietro Verdelli dalle accuse di concorso esterno e rivelazione di segreto d’ufficio.
Secondo l’accusa Verdelli, a luglio 2016, si sarebbe interessato di un controllo effettuato dai carabinieri su Nicola Antonio Monteleone e avrebbe informato l’interessato che il controllo aveva ad oggetto un incontro tra Monteleone, Rocco Anello e Nazzareno Bellissimo.
Nel corso di un interrogatorio del marzo 2020 Verdelli ha spiegato di non aver più prestato servizio per la Polizia Stradale di Vibo Valentia da ottobre 2013, essendo stato trasferito alla Questura di Cosenza all’ufficio Immigrazione.
Per quando riguarda l’episodio del controllo effettuato su Monteleone, nel corso del processo sono stati sentiti i carabinieri che lo hanno eseguito, i quali hanno affermato di aver conosciuto Verdelli quando questi si trovava a Polia, in estate, a casa del suocero e i militari erano intervenuti perché nell’abitazione del suocero era stato realizzato un furto.
«Adesso Pietro dice che s’impegnava lui»
E anche se, nel corso di una telefonata, Monteleone dice a Nazzareno Bellissimo che per la questione «adesso Pietro dice che s’impegnava lui», ed effettivamente quel Pietro risulta essere Verdelli – come si evince da altri particolari, questo non basta a dimostrare il reale impegno del poliziotto nei confronti della cosca.
Gli stessi carabinieri hanno raccontato di aver fermato e perquisito Monteleone, ma di non aver mai effettivamente indagato su di lui. Inoltre Verdelli, hanno detto, non si era mai interessato alle loro attività di indagine e solo in un’occasione avevano parlato di lavoro e il poliziotto aveva segnalato potenziali reati.
Il concorso esterno
Per quanto riguarda il concorso esterno, Verdelli avrebbe agevolato la cosca in particolare riguardo a un incidente stradale che vede coinvolto Francescantonio Anello il quale sarebbe stato favorito dal poliziotto che avrebbe ricostruito la dinamica dei fatti in favore di Anello. Allo stesso tempo Verdelli sarebbe intervenuto a favore del padre di Monteleone facendo ridurre di parecchio una multa comminata all’anziano, sorpreso alla guida di un’auto sprovvista di targa.
Secondo il Collegio, nel caso dell’incidente il contributo di Verdelli sarebbe consistito nel consentire a Francescantonio Anello di ottenere il riconoscimento del concorso di colpa a fronte di una sua totale responsabilità. Una visione dell’incidente che il poliziotto condivide con un collega che giunge alla stessa conclusione. I due poliziotti erano stati querelati per falso ideologico ma il procedimento era stato archiviato. Lo stesso maresciallo della Stazione di Polia ha dichiarato di non aver mai ricevuto sollecitazioni da parte di Verdelli al fine di convincerlo a non sottoporre più Nicola Monteleone a controlli e perquisizioni. Tutte testimonianze che hanno portato a un’assoluzione, perché il fatto non sussiste, nei confronti dell’imputato.