domenica,Dicembre 22 2024

Ragazza morta in un incidente nel Vibonese, per la Cassazione gli imputati vanno condannati in sede civile

La Suprema Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza assolutoria di secondo grado ai soli effetti civili. La Procura di Vibo in sede penale non aveva appellato le assoluzioni del primo grado

Ragazza morta in un incidente nel Vibonese, per la Cassazione gli imputati vanno condannati in sede civile
la Cassazione

Annullata dalla Cassazione – ai soli effetti civili – la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro (in sede penale) nel maggio scorso aveva confermato le assoluzioni dal reato di omicidio colposo decise in primo grado dal Tribunale di Vibo nei confronti del dirigente della Provincia di Vibo, Isaia Capria e di Gianfranco Fabiano, titolare della Edil Fabiano, la ditta esecutrice dei lavori sulla strada provinciale lungo la quale la mattina del 4 ottobre del 2011 Elisabetta Arena, 22 anni, di Zungri, precipitava con la sua auto in un dirupo, profondo un centinaio di metri. La giovane stava percorrendo la strada provinciale che collega il comune di Zambrone con quello di Parghelia per recarsi al lavoro. Una morte che si sarebbe potuta evitare se solo su quel tratto di strada fossero stati segnalati i lavori in corso e che l’arteria viaria – non idonea al traffico veicolare – era stata chiusa. Mancava poi la collocazione di idonee barriere per impedire il transito su una strada interdetta alla circolazione. Dopo un processo di primo grado durato otto anni che si concludeva con l’assoluzione degli imputati, la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato nel maggio scorso la pronuncia assolutoria. L’avvocato Carmine Pandullo, che assiste la famiglia Arena, costituitosi parte civile, ha quindi impugnato il verdetto assolutorio in Cassazione (ai soli effetti civili, non avendo la Procura di Vibo impugnato la sentenza assolutoria di primo grado) che ha accolto il ricorso annullando la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro con rinvio per la responsabilità civile degli imputati e, in tale sede, l’eventuale quantificazione del danno da risarcire alla famiglia della ragazza deceduta. La Procura Generale della Cassazione aveva chiesto l’inammissibilità del ricorso proposto dall’avvocato Pandullo e la conferma del verdetto assolutorio di secondo grado.

L’accusa e la mancata impugnazione della Procura

La Procura di Vibo aveva sostenuto in primo grado che il 4 ottobre del 2011 la vittima si trovava a bordo della sua automobile e stava percorrendo la strada provinciale quando il mezzo era finito in un burrone non essendo stato segnalato che l’arteria viaria era chiusa per lavori in corso poichè danneggiata dal maltempo. I tre imputati – per i quali l’ufficio di Procura di Vibo aveva chiesto la condanna – erano stati assolti dal reato di omicidio colposo. Per il reato di falsità ideologica si era invece registrata l’estinzione della contestazione per via del decesso dell’imputato Francesco Teti (altro dirigente della Provincia di Vibo). Prescrizione già in primo grado, infine, per l’ulteriore reato di violazione di sigilli contestato a Gianfranco Fabiano. All’esito della decisione della Cassazione, l’avvocato Carmine Pandullo ha espresso soddisfazione per “aver reso giustizia ai familiari della giovane donna, tristemente scomparsa”. Al tempo stesso il difensore ha sottolineato l’importanza del risultato giudiziario raggiunto, trattandosi di un ricorso avverso una “doppia conforme”  pronuncia assolutoria “non gravata dalla Procura di Vibo Valentia che non aveva inteso proporre appello – ha ricordato l’avvocato Pandullo – avverso la sentenza di primo grado sebbene ritualmente sollecitata dalla difesa. È stato infine superato anche il parere sfavorevole della Procura Generale della Cassazione che aveva concluso con una declaratoria di inammissibilità del ricorso”.

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