Maestrale: la Cassazione ordina un nuovo Riesame per Pasquale Pititto
I difensori fanno leva sulle condizioni di salute del detenuto e le cure da prestare. Già condannato all’ergastolo in via definitiva per altre vicende, dal luglio scorso si trova detenuto in regime di carcere duro
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro che, rigettando l’appello proposto dalla difesa di Pasquale Pititto, 56 anni, di San Giovanni di Mileto – difeso dagli avvocati Giovanni Vecchio e Luca Cianferoni – aveva confermato la custodia cautelare in carcere nell’ambito dell’operazione Maestrale-Carthago. Pasquale Pititto, già condannato definitivamente all’ergastolo (dal luglio scorso il Ministero della Giustizia ha deciso per lui il carcere duro, ovvero l’applicazione del regime previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario), è detenuto nell’ambito del processo Maestrale-Carthago, in corso di celebrazione dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, in quanto accusato di essere il capo promotore di un’organizzazione mafiosa operante nel territorio del comune di Mileto. La vicenda cautelare nasce in particolare dalla presentazione di un’istanza difensiva tesa a ottenere la sostituzione della misura cautelare in ragione delle condizioni di salute dell’imputato che, a seguito di un agguato, si trova costretto su una sedia a rotelle fin dai primi anni ’90. Tale condizione, unita a una molteplicità di altre patologie, ad avviso della difesa comprovano l’incompatibilità di Pasquale Pititto con il circuito penitenziario. Il Tribunale del Riesame, a fronte della relazione sanitaria dell’istituto penitenziario di Catanzaro che aveva attestato la compatibilità col carcere delle condizioni di salute di Pititto e l’adeguatezza delle cure che gli venivano assicurate, su richiesta dei difensori aveva proceduto alla nomina di un perito, le cui conclusioni avevano smentito quelle della direzione sanitaria del carcere. In particolare, l’esperto nominato dai giudici aveva rilevato l’inadeguatezza delle cure riservate al detenuto nel carcere catanzarese e la sua incompatibilità col circuito penitenziario. Nelle more della decisione del Tribunale del Riesame, tuttavia, Pasquale Pititto veniva sottoposto dal Ministero della Giustizia al carcere duro, ovvero del regime previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario e trasferito nel carcere di Milano-Opera. A seguito di tale decisione, i giudici del riesame avevano richiesto una relazione sanitaria al nuovo istituto penitenziario che, al pari di quello calabrese, aveva segnalato la compatibilità con il carcere e l’adeguatezza delle cure. La difesa di Pasquale Pititto, nell’evidenziare che il perito nominato dal Tribunale aveva segnalato l’assoluta incompatibilità con il carcere (e non col singolo istituto penitenziario catanzarese), aveva rilevato che la situazione nel carcere di Milano-Opera si era addirittura aggravata, non essendo garantite quel minimo di cure che venivano precedentemente apprestate al detenuto. Pertanto la difesa aveva insistito nella richiesta di sostituzione della misura cautelare avanzando la richiesta, subordinata, di un’integrazione peritale. Il Tribunale del riesame di Catanzaro, tuttavia, ha rigettato tutte le richieste difensive. Avverso tale decisione, i difensori hanno interposto ricorso per Cassazione censurando le motivazioni in cui, a loro dire, sarebbero incorsi i giudici calabresi laddove, contrariamente alle conclusioni del perito da loro nominato, avevano ritenuto le condizioni di salute dell’imputato compatibili con il carcere. Tali argomentazioni sono state positivamente accolte dalla Corte di Cassazione che ha annullato l’ordinanza disponendo un nuovo giudizio di rinvio innanzi al Tribunale di Catanzaro.
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