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Belsito ucciso per «levare la vergogna», condanna dimezzata in appello per il presunto mandante Nicola Bonavota

Per il delitto commesso nel 2004 la Corte ha riconosciuto l’attenuante della collaborazione per Francesco Fortuna e della continuazione per il pentito Andrea Mantella. L'omicidio sarebbe stato commesso per punire la relazione extraconiugale con la sorella di un sodale

Belsito ucciso per «levare la vergogna», condanna dimezzata in appello per il presunto mandante Nicola Bonavota

Dai 30 anni in primo grado ai 18 anni e 8 mesi inflitti in appello. Una condanna quasi dimezzata per uno dei presunti mandanti dell’omicidio Belsito.
La Corte d’Appello di Catanzaro ha parecchio rideterminato la sentenza di primo grado, pronunciata con rito abbreviato, relativa all’omicidio di Domenico Belsito, 34 anni, avvenuto il 18 marzo 2004 a Pizzo.
La Corte ha riconosciuto le attenuanti generiche nei confronti di Nicola Bonavota la cui condanna è stata rideterminata in 18 anni e 8 mesi di reclusione in luogo dei 30 anni comminati in primo grado.
Otto anni sono stati inflitti a Francesco Fortuna, difeso dall’avvocato Antonia Nicolini, neo collaboratore di giustizia che proprio sull’omicidio Belsito ha cominciato a rendere le prime dichiarazioni. A Fortuna, condannato anche lui a 30 anni in abbreviato per concorso in omicidio, è stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione.
Due anni, in continuazione con le altre condanne inflitte, sono stati comminati al collaboratore Andrea Mantella che era stato condannato a otto anni in primo grado come esecutore materiale del delitto.

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Il delitto

Domenico Belsito è stato ucciso sulla via Nazionale di Pizzo davanti a un bar poco dopo essere sceso dalla propria auto. A sparargli materialmente sarebbe stato Francesco Scrugli (a sua volta vittima di un agguato di stampo mafioso nel 2012 a Vibo Marina) mentre è accusato di aver guidato l’auto per l’omicidio Salvatore Mantella (cugino di Andrea Mantella imputato nel processo con rito ordinario).
Andrea Mantella, che si sarebbe occupato di organizzare il delitto mettendo a disposizione i propri uomini, avrebbe stretto un patto con i Bonavota per ricambiare il favore ricevuto dalla cosca di Sant’Onofrio che si era prestata (per mano di Francesco Fortuna) a gambizzare il cognato di Mantella, Antonio Franzè.
Anche le lesioni personali a Franzé – reato caduto in prescrizione – sono contemplate nel processo con rito ordinario che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro che vede imputati Salvatore Mantella (chiesto l’ergastolo), Domenico Bonavota (chiesto l’ergastolo) e il collaboratore di giustizia Onofrio Barbieri (chiesti 12 anni).

Secondo l’accusa e le dichiarazioni di Fortuna, Belsito sarebbe stato ucciso perché aveva una relazione extraconiugale con la sorella di una persona vicina al clan. Una relazione dalla quale è nata anche una bambina ma che non veniva vista di buon occhio dalla consorteria che avrebbe così inteso «levare la vergogna», per usale le parole di Fortuna, uccidendo un uomo di soli 34 anni.

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