Comune di San Calogero e incandidabilità, Cassazione dà ragione al Viminale
Dodici fra attuali ed ex amministratori non hanno ancora scontato l’eventuale turno elettorale dopo lo scioglimento dell’ente per infiltrazioni mafiose nel 2013. Si ritorna in Appello
Sono state depositate le motivazioni con le quali nell’ottobre scorso la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero dell’Interno avverso la decisione con la quale la Corte d’Appello di Catanzaro aveva confermato il verdetto del Tribunale di Vibo che il 4 febbraio 2015 aveva dichiarato “improcedibile” la richiesta del Viminale finalizzata ad ottenere la dichiarazione di incandidabilità alle elezioni di 12 ex amministratori del Comune di San Calogero, tutti ritenuti responsabili di condotte contributive dello scioglimento degli organi elettivi dell’ente per infiltrazioni mafiose. Scioglimento datato 9 aprile 2013. La decisione della Cassazione interessa il sindaco Nicola Brosio (rieletto nel maggio 2015), l’ex vicesindaco Domenico Staropoli, gli ex assessori Giuseppe Grillo (cl.’56) e Antonino Stagno, l’ex presidente del Consiglio comunale Pietro Pugliese, gli ex consiglieri di maggioranza Saverio Iannello e Giuseppe Cannatà, Giuseppe Preiti (rieletto nel maggio 2015), Giuseppe Grillo (cl.’66), Giuseppe Cocciolo, Caterina Zinnà e Giovanni Cocciolo, ex consiglieri di minoranza.
Il Tribunale di Vibo e la Corte d’Appello avevano dichiarato “improcedibile” il ricorso ritenendo che gli interessati avessero già scontato l’eventuale turno di incandidabilità in occasione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Calabria tenute datate 23 novembre 2014. Nè i giudici di primo grado e neanche quelli d’appello erano così entrati nel merito delle “contestazioni”.
Il ricorso del Viminale e la Cassazione. La Suprema Corte ribadisce in sentenza i “paletti” sull’interpretazione da dare alla legge che regolamenta il turno elettorale da scontare per gli amministratori dichiarati incandidabili con sentenza definitiva. Secondo la Suprema Corte, il turno elettorale di incandidabilità va scontato da parte degli amministratori, ritenuti responsabili con le loro condotte di aver contribuito allo scioglimento per mafia degli organi elettivi dell’ente, sia alle prime elezioni amministrative che interessano il proprio Comune, sia alle prime elezioni provinciali e sia alle prime elezioni regionali e circoscrizionali.
Per tali motivi la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Ministero dell’Interno ed ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che si era pronunciata per “l’improcedibilità” della richiesta di incandidabilità del Viminale. L’annullamento della Suprema Corte è con rinvio del caso sempre alla Corte d’Appello di Catanzaro che, in diversa composizione, dovrà questa volta esaminare nel merito tutte le “contestazioni” mosse dal Ministero dell’Interno agli amministratori comunali di San Calogero (tutti ex, tranne il sindaco Brosio ed il consigliere di minoranza Preiti).
Il Viminale ha avanzato la richiesta di incandidabilità ritenendo gli ex amministratori responsabili dello scioglimento degli organi elettivi del Comune per infiltrazioni mafiose. Richiesta sulla cui fondatezza né il Tribunale e né la Corte d’Appello di Catanzaro si sono mai pronunciate dichiarando in via preliminare il ricorso improcedibile. In sede amministrativa, invece, il ricorso dinanzi al Tar ed al Consiglio di Stato è stato perso dall’attuale sindaco Nicola Brosio e anche dagli attuali consiglieri comunali Santo Bertuccio e Antonio Calabria (tutti rieletti nel maggio 2015).