‘Ndrangheta: “Costa pulita”, gli affari a Vibo Marina ed i presunti rapporti fra mafia ed imprenditori
Le accuse a Giuseppe Lopreiato, la vicenda dell’interdittiva e le dichiarazioni del collaboratore Raffaele Moscato
Prova a gettare un fascio di luce anche sulle dinamiche criminali che hanno interessato – ed ancora interessano – Vibo Marina, l’operazione antimafia “Costa pulita”, giunta sabato scorso alla chiusura delle indagini preliminari ad opera dei pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso, con la super-visione del procuratore Nicola Gratteri e l’aggiunto Giovanni Bombardieri.
Fra gli indagati a piede libero vi è infatti anche l’imprenditore Giuseppe Lopreiato (cl. ’51), nativo di Maierato, titolare a Vibo Marina del ristorante L’Approdo e dell’hotel “Cala del porto”. E’ accusato del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, in concorso con il boss Cosmo Michele Mancuso di Limbadi al quale l’imprenditore viene ritenuto dalla Dda come “contiguo”. Ad avviso dei magistrati antimafia, Giuseppe Lopreiato e Cosmo Michele Mancuso avrebbero tentato nel 2001 di entrare nella compagine di una società dell’imprenditore Francesco Cascasi avente per oggetto sociale la gestione di un pontile nel porto di Vibo Marina. Mancuso e Lopreiato, con il loro ingresso in società – poi non avvenuto – avrebbero garantito l’assenza di problemi per ottenere i necessari provvedimenti autorizzativi per la gestione del pontile.
Lopreiato e l’informativa della Gdf. Non è la prima volta che il nome di Giuseppe Lopreiato finisce tuttavia sotto la “lente d’ingrandimento” degli investigatori. Era infatti accaduto nel 2007 con la relazione del generale della Guardia di Finanza, Gaetano Giancane (su delega dell’Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione), che ha poi portato nel 2010 il Ministero dell’Interno a chiedere ed ottenere dal Consiglio dei ministri lo scioglimento dell’Asl di Vibo Valentia per infiltrazioni mafiose, in accoglimento di una proposta inviata dall’allora prefetto di Vibo Luisa Latella. In tale relazione si spiegava che fra le ditte con le quali l’Azienda sanitaria vibonese era entrata in rapporti commerciali vi era anche il ristorante l’Approdo e l’hotel “Cala del Porto”, società segnalate dallo Scico della Finanza per presunti rapporti con Antonio e Giovanni Mancuso. La segnalazione non aveva comunque portato a successivi sviluppi sul piano giudiziario.
L’interdittiva antimafia e la sentenza del Tar. Più recente è invece l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Vibo nei confronti della ditta “Lo Preiato Giuseppe Sas con insegna Cala del Porto” per possibili tentativi di infiltrazione mafiosa nell’impresa. L’interdittiva comporta l’impossibilità per la nota struttura alberghiera e di ristorazione di intrattenere rapporti con la pubblica amministrazione. Nell’aprile 2016 l’interdittiva antimafia è stata poi confermata dal Tar di Catanzaro a cui l’imprenditore Giuseppe Lopreiato aveva fatto ricorso.
Era stato un grosso ente nazionale a richiedere alla Prefettura di Vibo (settore Ordine e sicurezza pubblica) informazioni sulla società di Vibo Marina e, sulla scorta della risposta fornita dall’allora prefetto Giovanni Bruno, a comunicare al ristorante L’Approdo di Giuseppe Lo Preiato la risoluzione di un precedente accordo stretto fra le due società. Alla base della decisione assunta dal prefetto, alcune comunicazioni delle Forze dell’ordine sul conto dell’amministratore unico della società, Giuseppe Lo Preiato.
Le “contestazioni”. Innanzitutto, gli investigatori sottolineavano che dall’ottobre 2013 Giuseppe Lo Preiato è stato sottoposto ad avviso orale di pubblica sicurezza, mentre nel settembre del 2013 è stato posto agli arresti domiciliari per furto aggravato di energia elettrica. Nel caso di specie, secondo l’accusa, avrebbe sottratto due milioni di Kw/h a favore dell’albergo “Cala del porto” e del ristorante “L’Approdo”, cagionando all’Enel un danno di circa 500mila euro. Per il Tar, tuttavia, tali elementi non sono indicativi di “pericoli di infiltrazione mafiosa”, ma sono da ritenere comunque utili per evidenziare “la rappresentazione completa dei precedenti del soggetto cui afferiscono gli elementi ritenuti rilevanti ai fini della misura interdittiva”.
Le Forze dell’ordine avrebbero infatti controllato nel 2012 Giuseppe Lo Preiato in compagnia di un sorvegliato speciale ed elemento di peso della famiglia Mancuso di Limbadi. Per il Tar tale incontro è “particolarmente significativo” anche perchè avvenuto “in presenza di altro soggetto a cui carico figurano precedenti non irrilevanti” . Per il Tar, l’incontro fra Giuseppe Lo Preiato e tale membro di spicco della famiglia Mancuso non deve essere considerato un “incontro isolato, giacché esisteva tra le parti un rapporto di affari con fornitura di vini” e l’esistenza del “rapporto di fornitura presuppone necessariamente – ad avviso dei giudici amministrativi – se non una vera e propria frequentazione, perlomeno l’instaurazione di un certo rapporto stabile”.
Le dichiarazioni di Moscato. A fare infine il nome di Giuseppe Lopreiato è stato da ultimo il collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, originario proprio di Vibo Marina, ex killer ed esponente di spicco del clan dei Piscopisani. Secondo Moscato, i colpi di fucile prima, e di pistola poi, esplosi nel maggio 2010 contro le vetrate dell’hotel “Cala del Porto” sarebbero la diretta conseguenza dei mutati assetti criminali sul territorio di Vibo Marina. Nuovi accordi mafiosi in base ai quali tutte le attività commerciali ed ogni affare, lecito ed illecito, sarebbero passati dal gruppo guidato dal boss Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni” (che avrebbe agito su Vibo Marina attraverso il “fidato” Nazzareno Colace di Porto Salvo, pure lui con Mancuso coinvolto nell’inchiesta “Costa Pulita”) ai Piscopisani (“famiglie” Battaglia e Fiorillo) alleati dei Tripodi di Portosalvo. In tale scenario criminale, ad avviso di Raffaele Moscato, Giuseppe Lopreiato avrebbe preferito rimanere sotto la “protezione” dei Mancuso, rifiutandosi di pagare la “mazzetta” ai Piscopisani ed ai Tripodi. Da qui la decisione di tale consorteria mafiosa emergente di sparare contro le vetrate dell’hotel “Cala del porto”.