‘Ndrangheta: omicidio Palumbo, la Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza per Michele Fiorillo
Atti al Tribunale del Riesame di Catanzaro per un nuovo esame sulla misura cautelare per uno dei vertici del clan dei Piscopisani. Il profilo e l’ascesa criminale di "Zarrillo"
La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio, per nuovo esame al Tribunale della Libertà di Catanzaro, il giudizio sull’ordinanza di custodia cautelare in carcere riguardante la posizione di Michele Fiorillo, 38 anni, di Piscopio, detenuto dal maggio scorso a seguito dell’operazione antimafia coordinata dalla Dda e denominata “Portosalvo”. In particolare, Michele Fiorillo è accusato di aver preso parte all’omicidio di Michele Palumbo, l’assicuratore ucciso nel marzo 2010 nella sua villetta di Longobardi (frazione di Vibo Valentia) e ritenuto dagli inquirenti l’uomo di fiducia del boss di Limbadi e Nicotera, Pantaleone Mancuso (alias “Scarpuni”) per quanto riguarda il controllo di Vibo Marina. La Suprema Corte ha così accolto un ricorso presentato dall’avvocato Diego Brancia. Alla base delle accuse nei confronti di Michele Fiorillo ci sono le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Raffaele Moscato Andrea Mantella e Bartolomeo Arena. Insieme a Michele Fiorillo per il delitto Palumbo sono indagati anche: Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo di Piscopio, Salvatore Tripodi, Francesco D’Ascoli e Salvatore Vita di Portosalvo.
Il profilo di Michele Fiorillo
Michele Fiorillo era stato rimesso in libertà il 21 aprile dello scorso anno dopo aver incassato l’assoluzione in Corte d’Assise a Catanzaro (difeso dall’avvocato Diego Brancia) dall’accusa di essere stato mandante dell’omicidio di Antonio De Pietro, l’impiegato della direzione provinciale del lavoro di Vibo, freddato a colpi di pistola nei pressi del cimitero di Piscopio l’11 aprile 2005. In carcere è quindi ritornato nel maggio scorso con l’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Portosalvo”.
Si tratta di un personaggio di vertice del nuovo locale di ‘ndrangheta di Piscopio aperto – secondo le sentenze – fra il 2008 e il 2009 con la “benedizione” dei vertici della ‘ndrangheta reggina (nel caso di specie i Commisso di Siderno e gli Aquino di Marina di Gioiosa Ionica). Condannato a 8 anni di reclusione nel processo nato dalla storica operazione antimafia della Dda di Reggio Calabria denominata “Crimine” del luglio 2010 (pena già scontata), Michele Fiorillo è coinvolto attualmente anche nelle operazioni “Rimpiazzo” (condannato a 12 anni in appello) mentre in Rinascita Scott in primo grado (abbreviato) è stato condannato a 5 anni mentre in appello è stato assolto.
Figlio di Giuseppe Fiorillo, rimasto ferito nel 1995 in un agguato a Briatico unitamente al boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale, Michele Fiorillo viene ritenuto nell’operazione “Rimpiazzo” tra i fondatori del nuovo “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio al quale sarebbe stato collocato al vertice Nazzareno Fiorillo, alias “U Tartaru”, zio di Michele Fiorillo. In particolare, Michele Fiorillo è accusato di aver concorso all’ideazione ed all’organizzazione degli “omicidi funzionali agli interessi della cosca, oltre a gestire l’esecuzione dell’attività estorsiva del sodalizio, stabilendo le strategie criminali da seguire e mantenendo i rapporti con le altre cosche della ‘ndrangheta”. A Michele Fiorillo in Rimpiazzo viene quindi contestata anche l’accusa di estorsione dalle modalità mafiosa ai danni dell’imprenditore Vincenzo Restuccia (ventimila euro) risalente al marzo 2012. L’imprenditore stava eseguendo dei lavori pubblici in una zona rientrante sotto il “controllo” dei Piscopisani.
Il matrimonio di Fiorillo e i reggini
Da tenere presente che, secondo quanto già emerso nell’operazione “Crimine”, al matrimonio di Michele Fiorillo – svoltosi in un hotel di Vibo Valentia – presero parte, fra gli altri, Rocco Aquino (indicato quale esponente di vertice della “Provincia” e del “locale” di ‘ndrangheta di Marina di Gioiosa Ionica), Giuseppe Commisso di Siderno (pure lui al vertice della “Provincia”) e rappresentanti delle “famiglie” Pelle e Giorgi di San Luca. Proprio in occasione del matrimonio, Michele Fiorillo avrebbe ricevuto il grado di “santista”, mentre il 13 febbraio 2010 – secondo i servizi di osservazione della Squadra Mobile reggina – avrebbe partecipato ad un summit a Bovalino alla presenza del boss Giuseppe Pelle di San Luca, alias “Gambazza”, del capo-crimine Domenico Oppedisano di Rosarno, di Giuseppe Commisso di Siderno (alias “U Mastru”), di Rocco Aquino, di Rocco Tassone (cl. ’46) di Cassari di Nardodipace, di Salvatore Giuseppe, detto “Pino”, Galati (di Piscopio, condannato nel processo “Crimine” ed anche in Rimpiazzo), di Rosario Battaglia e Nazzareno Battaglia, anche loro di Piscopio.
Nelle intercettazioni agli atti del processo “Crimine” è direttamente il boss Giuseppe Commisso a spiegare ad un suo cugino come, in realtà, il matrimonio di Fiorillo sia servito anche una vera e propria “riunione di ‘ndrangheta”, un incontro fondamentale per assegnare le cariche di “santista” sia a Michele Fiorillo che a Pino Galati. In altre intercettazioni ambientali, captate il 15 ottobre 2009 nella lavanderia “Apegreen” di Siderno, di proprietà di Giuseppe Commisso, lo stesso boss presenta ai due vibonesi, andati sin lì a trovarlo, il boss Rocco Aquino di Marina di Gioiosa Ionica come “l’amico del defunto Damiano Vallelunga”, il capo dei “Viperari” di Serra San Bruno ucciso appena quindici giorni prima a Riace dinanzi al santuario dei santi Cosma e Damiano. Un personaggio di spessore, dunque, Michele Fiorillo, detto “Zarrillo”, che resta in carcere per l’operazione “Portosalvo”, ma la cui posizione in ordine alla custodia cautelare dovrà essere rivista dal Tribunale del Riesame di Catanzaro così come ordinato dalla Cassazione.