Incandidabilità per mafia: Cassazione accoglie il ricorso contro ex amministratori del Comune di San Gregorio d’Ippona
La Suprema Corte fa propri i motivi prospettati dal Ministero dell’Interno e annulla con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro che si era invece pronunciata favorevolmente nei confronti dell’ex sindaco Pannia e di due consiglieri comunali
Dovrà nuovamente pronunciarsi la Corte d’Appello di Catanzaro in ordine alla richiesta di incandidabilità – in base alla legge antimafia – avanzata dal Viminale nei confronti dell’ex sindaco di San Gregorio d’Ippona, Michele Pannia, e di due ex consiglieri comunali, Michele Gioffrè e Nicola Cullia, facenti parte degli organi elettivi dell’ente sciolti per infiltrazioni mafiose nel maggio del 2018. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso del Ministero dell’Interno avverso la sentenza con la quale nell’ottobre dello scorso anno la Corte d’Appello di Catanzaro aveva deciso di ribaltare il verdetto del Tribunale di Vibo Valentia (arrivato il 13 giugno 2022), accogliendo i reclami dei due ex consiglieri comunali ritenuti in primo grado tra i responsabili dello scioglimento del Comune di San Gregorio d’Ippona per infiltrazioni mafiose e, in quanto tali, da punire con la dichiarazione di incandidabilità per un turno elettorale (da scontare nelle successive elezioni comunali, provinciali e regionali). La stessa Corte d’Appello (sezione civile) aveva infine respinto il ricorso del Viminale finalizzato a far dichiarare incandidabile anche l’ex sindaco Michele Pannia (dichiarato candidabile anche in primo grado dal Tribunale di Vibo). La decisione della Corte d’Appello di Catanzaro è stata ora ritenuta totalmente errata dalla Cassazione in punta di diritto e per questo annullata con rinvio degli atti ad altra sezione della Corte in diversa composizione che dovrà riesaminare le posizioni dei tre ex amministratori di San Gregorio alla luce di diversi rilievi.
L’accoglimento del ricorso del Viminale
Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello di Catanzaro ha nel caso di specie ha “erroneamente utilizzato parametri di giudizio inidonei a verificare le condizioni di incandidabilità”. Infatti – ricorda sempre la Cassazione – la “misura interdittiva elettorale non richiede che la condotta dell’amministratore dell’ente locale integri gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa o concorso esterno nella stessa, essendo sufficiente che egli sia stato in colpa nella cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze e alle pressioni delle associazioni criminali locali”. La Corte d’Appello di Catanzaro si è posta invece, nel caso di specie, quasi nell’ottica propria del giudice penale “quando non vi era alcuna necessità – ribadisce la Cassazione – di acclarare una simile responsabilità, in ragione dell’autonomia del processo di applicazione della misura in discorso e della diversità dei presupposti della stessa rispetto a ipotesi di carattere criminoso. Era, invece, sufficiente accertare l’esistenza di un’oggettiva situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, tale da rendere possibili ingerenze esterne nel suo ambito e un concreto asservimento dell’amministrazione alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali”.
La posizione di Michele Gioffrè
Secondo tale prospettiva, la Suprema Corte ricorda così che nei confronti dell’ex consigliere comunale Michele Gioffrè è emerso il suo “coinvolgimento nella contestata gestione del servizio di raccolta differenziata, quale titolare firmatario dell’omonima impresa individuale ad insegna «Ecologia del Fare», destinataria di provvedimento interdittivo (diniego di iscrizione nella white list), essendo utilizzati mezzi dell’azienda gestita dal Gioffrè”. Lo stesso Gioffrè, inoltre, “risultava tra gli amministratori evasori dei tributi, nella specie la Tari. Tutti elementi da contestualizzare nell’ambito di un’amministrazione – ricordano i giudici della Cassazione – fortemente condizionata delle consorterie locali”.
Cullia e l’ex sindaco Pannia
Nell’accogliere il ricorso del Ministero dell’Interno, la Cassazione sottolinea poi che l’ex consigliere comunale Nicola Cullia risulta “coinvolto direttamente nella vicenda relativa alla costruzione dell’impianto sportivo polivalente del Comune di San Gregorio d’Ippona, i cui lavori erano stati appaltati, dopo vari recessi e con scorrimento della graduatoria di gara, alla Costruire Group, che si avvaleva in buona parte di personale della Edil Max, di cui era socio lo stesso Nicola Cullia” , mentre l’appaltante Costruire Group aveva “assunto varie persone, tutti soggetti contigui alla criminalità ovvero parenti dell’amministratore Cullia”.
Per la Suprema Corte, infine, nella dichiarazione di incandidabilità “non poteva ritenersi estraneo il sindaco Pannia, per l’evidente violazione da parte dell’amministratore, anche solo per colpa, degli obblighi di vigilanza, indirizzo e controllo, essendo risultato – rimarca la Cassazione – che pressoché tutti i settori dell’azione amministrativa si caratterizzavano per una cattiva gestione”. E’ inoltre emerso che “tra gli amministratori evasori di tributi figurava lo stesso sindaco Pannia, mentre numerosi erano gli abusi edilizi nel territorio riferibili a parenti dei vari amministratori oppure a soggetti vicini alle consorterie mafiose, cosicché, anche in questo caso, l’azione di contrasto da parte dell’ente risultava pressoché inesistente o addirittura contra ius, consistendo, in alcuni casi, nella concessione del permesso di costruire in sanatoria”.
Alla luce di tali elementi, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero dell’Interno e cassato con rinvio la precedente sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro.
Da ricordare che in sede amministrativa lo scioglimento del Consiglio comunale di San Gregorio d’Ippona per infiltrazioni mafiose (precedente amministrazione rispetto a quella attuale) è stato confermato anche dal Tar del Lazio che nel luglio del 2019 che ha respinto il ricorso presentato dall’ex sindaco Michele Pannia e da altri ex amministratori comunali.
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