Pizzo, la nuova barriera frangiflutti distrutta dalla prima mareggiata: un go down da 3,5 milioni di euro
Era in fase di allestimento e ora le lastre pesanti tonnellate sono ammucchiate alla rinfusa. I fondi per la riqualificazione e la messa in sicurezza dell’area sotto la rupe sono stati stanziati nel 2019
Come tessere del domino andate giù. Go down. Ma queste sono tessere pesanti migliaia di tonnellate e costate milioni di euro. È disarmante lo spettacolo che ha offerto la Marina di Pizzo all’indomani della mareggiata che il 20 e il 21 novembre scorsi ha devastato il lungomare della nota cittadina vibonese, trasformando in uno scenario di guerra uno dei luoghi più iconici della costa calabrese.
I pannelli paraonde che erano stati posizionati da pochissimo tempo, appena qualche giorno fa, non hanno retto alla prima, forte mareggiata che si è abbattuta sulla costa. Lastre di cemento pesanti tonnellate e incastrate come mattoncini Lego sono state spazzate dalla forza del mare e ora – come mostrano le foto – giacciono alla rinfusa ai piedi della rupe sulla quale sorge il castello Murat.
Si rischia di diventare presuntuosi a vedere queste foto, oltrepassando inopinatamente il confine delle proprie competenze. Ma la domanda che si fa strada oltre ogni ragionevole cautela è: com’è possibile progettare, spendere soldi e mettere in atto un intervento così claudicante, destinato a essere vanificato alla prima occasione?
Eppure, la barriera in questione è stata oggetto di una specifica perizia di variante approvata dal Comune appena un mese fa, il 18 ottobre 2024. Nella determina che ha come oggetto “lavori di messa in sicurezza del lungomare tra la Marina e la Seggiola”, si ricorda l’importo complessivo dello stanziamento statale, quasi 3,5 milioni di euro che nel 2019 furono assegnati a Pizzo per riqualificare l’intera area ai piedi del costone e creare così un collegamento pedonale tra la Marina e la Seggiola, il porticciolo dei pescatori sul quale da decenni si concentrano aspettative di rilancio turistico puntualmente negate. Un angolo di straordinaria bellezza dove il tempo sembra essersi fermato agli anni 50. Qui i turisti ci arrivano per caso spinti dalla curiosità di scoprire cose c’è laggiù, in quella insenatura che intravedono dalla strada e dal parcheggio Papa.
Il soldi dovevano servire a recuperare finalmente un’area splendida da un punto di vista paesaggistico e urbanistico, ma oggetto nel corso dei decenni di interventi fallimentari, come la costruzione di una darsena per approdi turistici realizzata negli anni ’10 e mai entrata in funzione. I lavori di riqualificazione furono assegnati nel 2021 a un’Associazione temporanea d’imprese (Ati) che nell’aprile 2022 ha firmato il contratto d‘appalto e un mese dopo si è vista affidare ufficialmente i lavori.
Ma prima di qualunque altra cosa c’era e c’è da fare i conti con la forza del mare, che in quel punto è diventata più devastante a causa del progressivo innalzamento del fondale. E, come si sa, minore è la profondità, maggiore è l’altezza delle onde che si infrangono su qualunque costa. Dunque, messa da parte ogni ambizione a viali alberati e passeggiate ai piedi della rupe, ci si è concentrati sulla necessità di proteggere quelle poche centinaia di metri di litorale da un moto ondoso sempre più insidioso. L’ultimo intervento in ordine di tempo è stata proprio la realizzazione di una sorta di muraglia con centinaia di lastroni posizionati fuori dall’acqua che potessero proteggere l’area. Per far questo, come accennato, appena un mese fa il Comune ha approvato una variante in corso d’opera da 278mila euro. Ma è bastata una forte mareggiata a mandare tutto all’aria, barriera e progetti, determine e soldi pubblici.
«La soluzione l’aveva data anni fa un pool di architetti e ingegneri dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria – racconta l’attivista Danilo Zimatore, da sempre attento osservatore di ciò che accade a Pizzo -. Nel corso di un convegno che si svolse alla Tonnara di Pizzo, gli esperti avevano caldeggiato la realizzazione di barriere sommerse al largo, in modo da rompere il moto ondoso e nello stesso tempo liberare le spiagge da quelle “catene al collo” che sono le brutte scogliere frangiflutti che sono costate e costano per il loro ripascimento milioni e milioni di euro, ma che non risolvono il problema della difesa del territorio. Purtroppo, la politica, anche se partecipa a questi incontri, non mette mai in pratica i consigli che vengono dati da chi ne sa di più».
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