Omicidio Belsito, le rivelazioni del neo pentito Fortuna al processo: «Ucciso perché la sua relazione portava ombre sulla cosca»
In Corte d’Assise il neo-collaboratore ha puntato il dito contro il clan Bonavota. Le auto rubate per i delitti nascoste nel centro di Sant’Onofrio, «tranne per il delitto Cracolici dove venne usato il capannone di Pasquale Bonavota». I gossip rimandati al mittente
Collegato da sito remoto Francesco Fortuna, visto di spalle, appare più magro di quanto dimostri la foto che circola sui siti internet. È vestito di scuro, ha i capelli neri tirati indietro con il gel.
«Avevo intenzione di collaborare già dal 2016». Esordisce così, in aula di Corte d’Assise a Catanzaro, il neo collaboratore di giustizia, 44 anni, ex componente di spicco della cosca Bonavota di Sant’Onofrio. Ieri mattina si è tenuta l’udienza sull’omicidio di Domenico Belsito avvenuto nel 2004. Nel processo con rito ordinario sono imputati Domenico Bonavota, Salvatore Mantella e il collaboratore di giustizia Onofrio Barbieri.
Francesco Fortuna- che ha anche dichiarato che già all’epoca del processo Uova del Drago aveva avuto un ravvedimento – ha cominciato a rendere dichiarazioni alla Dda di Catanzaro dal 30 agosto scorso. Attualmente è nella fase dei 180 giorni di dichiarazioni e si trova in programma di protezione provvisorio.
Il collaboratore ha dichiarato di non aver saltato il fosso già nel 2016 perché il figlio della sua compagna all’epoca era ancora minorenne e lui ha aspettato la sua maggiore età.
«Belsito ucciso perché la sua relazione portava un’ombra sulla cosca»
Fortuna conferma – rispondendo alle domande del pm Antonio De Bernardo – quanto già dichiarato nel corso di due interrogatori del 30 agosto e tre ottobre: Domenico Belsito è stato ucciso per decisione dei Bonavota-Cugliari a causa di una relazione extraconiugale che aveva intrapreso con la sorella di uomo vicino alla cosca, Antonio Serratore. Secondo il collaboratore questa relazione «era di dominio pubblico», lo sapevano anche marito e moglie dei due amanti. Però questo legame, dal quale è nata anche una figlia, «portava delle ombre» perché gettava un torto su una persona molto vicina ai Bonavota.
L’agguato al marito che si era ripreso la moglie
E l’onore da salvaguardare era così forte che quando lei, per un periodo, tornò dal marito e questi la riaccolse venne punito anche lui con un atto intimidatorio sparando contro la sua macchina. Queste informazioni, dice il collaboratore nel corso del controesame con l’avvocato Diego Brancia, le ha apprese attraverso gli atti processuali del procedimento Uova del Drago.
Delitto Belsito: dalle parole ai fatti
Passarono circa quattro anni da quando era stato espresso l’intento di lavare l’onta del disonore fino a quando il delitto si concretizzò. Fortuna, oggi assistito dall’avvocato Antonia Nicolini, racconta che si parlò a lungo del proposito nel corso di incontri che la cosca teneva nell’entroterra delle campagne di Sant’Onofrio: «Lasciavamo l’auto nella casa di campagna di uno dei Bonavota, per esempio, e poi camminavamo per chilometri per non essere intercettati».
All’inizio era un pour parler, si commentava il fatto e i Bonavota erano concordi nel sostenere che bisognava fare qualcosa.
Un anno prima del delitto la decisione viene approvata ufficialmente da Domenico Bonavota, Pasquale Bonavota, Nicola Bonavota, Bruno Cugliari, Domenico Cugliari.
La «palla al balzo» dopo la gambizzazione di Franzè
La cosca poi «prese la palla al balzo» dopo aver aiutato Andrea Mantella nella gambizzazione del cognato Antonio Franzè, delitto che i Bonavota commissionarono a un 24enne Francesco Fortuna nel 2004. In seguito Domenico Bonavota andò nella masseria di Mantella e gli chiese supporto per l’omicidio Belsito. Mantella, oggi collaboratore di giustizia, accettò di ricambiare il favore.
Gli incontri con Andrea Mantella prima del delitto
Fortuna ha raccontato in aula che due furono gli incontri propedeutici per organizzare il delitto. Uno avvenne tra i Bonavota (Fortuna non ricorda la presenza di Pasquale Bonavota) e Andrea Mantella con Francesco Scrugli «che stava sempre insieme a Mantella». Al secondo incontro partecipò anche Salvatore Mantella che venne presentato come colui che avrebbe guidato l’auto del commando.
Domenico Bonavota, dice Fortuna, diede tutte le indicazioni sulla vittima a Mantella: chi fosse, dove abitava, che macchina guidasse, quali luoghi frequentasse. In particolare venne indicata la via Nazionale di Pizzo Calabro.
Le auto rubate nascoste nel centro di Sant’Onofrio o nel capannone di Pasquale Bonavota
Le auto rubate per i delitti venivano generalmente nascoste nelle strade più interne di Sant’Onofrio. Solo in una occasione, per l’omicidio di Raffaele Cracolici, dice Fortuna, l’auto venne nascosta «nel capannone di Pasquale Bonavota».
L’auto già attrezzata di pistola
L’auto, procurata da Onofrio Barbieri, venne fatta trovare già attrezzata di pistola. Fortuna non sa dire chi fornì materialmente l’arma. Dice solo che la cosca aveva due fornitori usuali, F.L. e G.T.
Andrea Mantella aveva il compito di recuperare i due killer subito dopo il delitto, dopo che l’auto dell’agguato era stata data alle fiamme.
Il tentativo andato a vuoto e l’alibi di Bonavota e Fortuna
Domenico Belsito è stato vittima di un agguato il 18 marzo 2004. Il giorno prima, dice Fortuna, un tentativo di rintracciarlo andò a vuoto. L’uomo venne raggiunto sulla via Nazionale di Pizzo «vicino alla colonnina».
Al momento del delitto Domenico Bonavota e Francesco Fortuna si presentarono in piazza a Sant’Onofrio per farsi vedere e crearsi un alibi. Seppero che l’agguato era avvenuto perché la notizia li raggiunse, passando di bocca in bocca, nel bar di Nicola Bonavota.
Il racconto di Scrugli sull’agguato
Fu in seguito, a cena, che Francesco Scrugli (ucciso nel 2012) raccontò come andarono le cose: raggiunta la vittima su via Nazionale la sorpassarono di qualche centinaio di metri, poi fecero inversione bloccarono la vittima e Scrugli aprì il fuoco. Il problema fu che l’arma si inceppò e Belsito morì qualche giorno dopo nell’ospedale di Vibo Valentia.
L’omicidio Belsito venne commissionato a Mantella, racconta il collaboratore nel corso del controesame degli avvocati Tiziana Barillaro e Vincenzo Gennaro – per «procurare un alibi ai Bonavota». Una formula che «si era cercato di applicarla» anche in seguito «ma poi c’è stata necessità e non si è applicata».
Momenti di gossip
Nel corso del controesame l’avvocato Barillaro ha paventato l’ipotesi che una ex fidanzata di Fortuna – che dopo la rottura tra i due nel 2001/02, ha intrapreso una relazione con Domenico Bonavota – avesse in realtà allacciato il legame con Bonavota ancora prima di chiudere con Fortuna.
Uno spaccato da gossip criminale che Fortuna ha subito rimandato indietro: «Io e Domenico Bonavota – è il succo della risposta – dal 2002 in poi abbiamo commesso tre omicidi, estorsioni e altri delitti. Se avessi saputo una cosa del genere non avremmo mantenuto questo rapporto».