‘Ndrangheta e narcotraffico dal Vibonese alla Lombardia: requisitoria della Procura generale di Milano
Processo d’appello per l’operazione Medoro contro le ramificazioni in Lombardia del clan Mancuso
Requisitoria della Procura generale di Milano dinanzi alla Corte d’Appello nel processo di secondo grado nato dall’operazione “Medoro” che vede coinvolti anche diversi imputati del Vibonese. Associazione mafiosa e associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico i principali reati contestati ma dai quali in primo grado gli imputati sono stati assolti e condannati solo per i reati-fine. Sei imputati hanno chiesto un concordato di pena. Richiesta sulla quale dovranno pronunciarsi i giudici d’appello e che interessa in particolare: Luigi Aquilano, 46 anni, di Nicotera, residente a Milano (genero del boss di Limbadi Antonio Mancuso), condannato in primo grado a 12 anni e 60mila euro di multa. Per lui in primo grado erano stati chiesti 18 anni (difeso dall’avvocato Paride Scinica); Luciano Lioniello, 48 anni, nato a Roma, residente ad Ibiza (condannato in primo grado a 2 anni e 8 mesi); Ylber Mezja, 48 anni, albanese residente a Baranzate (condannato in primo grado a 4 anni e 20mila euro di multa); Alessandro Marangi, 52 anni, di Milano (condannato in primo grado a 4 anni e 16mila euro di multa); Giorgio Mariani, 66 anni, di Milano (5 anni e 30mila euro di multa); Giuseppe D’Angelo, di 45 anni, di Nicotera (avvocato Francesco Capria, condannato in primo grado a 4 anni). Unica riforma della sentenza di primo grado è stata chiesta dalla Procura generale di Milano nei confronti di Francesco Orazio Desiderato, 50 anni, di Nicotera, residente a Berlassina (Mb) per il quale è stata invocata l’assoluzione in luogo dei 2 anni e 8 mesi rimediati in primo grado. Desiderato è difeso dall’avvocato Francesco Capria che già in primo grado era riuscito a ridimensionare le accuse, atteso che la richiesta di pena della Dda ammontava a 9 anni di reclusione.
Queste invece le condanne di cui la Procura generale di Milano ha chiesto la conferma ai giudici d’appello: 2 anni e 4 mesi, più 20mila euro di multa per Damiano Aquilano, 40 anni, di Milano, residente a Solaro (Mi) (già coinvolto nell’operazione “Ossessione” della Dda di Catanzaro); 3 anni Nazzareno Calaio, 55 anni, di Milano; 4 anni Salvatore Comerci, 39 anni, (genero del boss Mancuso Antonio) di Nicotera (difeso dagli avvocati Paride Scinica e Giuseppe Di Renzo); 4 anni Rosario D’Angelo, 40 anni, di Nicotera, residente a Bresso; 5 anni e 24mila euro di multa per Giuseppe Di Giacco, 39 anni, di Badia di Limbadi, residente a Milano (avvocato Michelangelo Miceli); 2 anni Cosimo Michele Iozzolino, 63 anni, di Corigliano Calabro, residente a Milano chiesti 3 anni (avvocato Paride Scinica); 4 anni e 20mila euro di multa Nicola La Valle, 54 anni, nativo di Reggio Calabria ma residente a Milano; 2 anni e 8 mesi Massimiliano Mazzanti, 52 anni, di Milano; 3 anni e 6 mesi Paolo Mesiano, 48 anni, di Mileto, residente a Monza (imputato anche nell’operazione Maestrale Carthago, difeso dagli avvocati Michelangelo Miceli e Leopoldo Marchese); 3 anni e 6 mesi Antonio Messineo, 43 anni, di Locri; 3 anni e 4 mesi Fortunato Palmieri, 39 anni, di Mileto (difeso dagli avvocati Gianfranco Giunta e Michelangelo Miceli); 4 anni e 16mila euro di multa Vito Scravaglieri, 49 anni, di Nova Milanese; 2 anni e 8 mesi Giovanni Vecchio, 66 anni, di Nicotera (difeso dall’avvocato Paride Scinica). Tutti gli imputati in primo grado erano stati condannati al pagamento delle spese processuali. Tre anni di libertà vigilata erano poi andati a Luigi Aquilano, due anni a Salvatore Comerci, Francesco Orazio Desiderato, Giuseppe Di Giacco, Nicola La Valle, Giorgio Mariani e Giovanni Vecchio. Un anno di libertà vigilata per: Nazzareno Calaio, Giuseppe D’Angelo, Rosario D’Angelo, Alessandro Marangi, Massimiliano Mazzanti, Paolo Mesiano, Antonio Messineo, Ilber Mezja, Fortunato Palmieri, Vito Scravaglieri. Assoluzioni per alcuni capi di imputazione avevano incassato in primo grado Giuseppe Di Giacco, Luigi Aquilano e Ilber Mezja. Per altri episodi emersi nell’indagine il giudice di primo grado (celebrato con rito abbreviato) aveva disposto la trasmissione degli atti alla Dda di Catanzaro in merito alle posizioni di Luigi Aquilano e Salvatore Comerci.
Le accuse
A Luigi Aquilano, Salvatore Comerci, Francesco Orazio Desiderato, Giuseppe Di Giacco, Nicola La Valle, Giorgio Mariani e Giovanni Vecchio veniva contestato originariamente il reato di associazione mafiosa avendo operato in Lombardia – secondo l’accusa – per conto di alcuni locali di ‘ndrangheta. In particolare, Luigi Aquilano avrebbe mantenuto contatti con il clan Mancuso di Limbadi mentre l’associazione avrebbe creato un collegamento pure con Ibiza, in Spagna. L’associazione avrebbe cercato di assicurarsi il controllo di diverse attività economiche, in particolare nel settore della somministrazione di alimenti e bevande, oltre a i servizi di sicurezza in Italia ed all’estero. Promotore e vertice dell’associazione dedita al narcotraffico veniva indicato Luigi Aquilano, che ha sposato una figlia del boss Antonio Mancuso (cl ’38). Avrebbe inoltre partecipato ad una riunione con esponenti di altra famiglia di ‘ndrangheta allo stato non identificati, al fine di dirimere una controversia sorta per un debito contratto da Giuseppe Baratta per la fornitura di stupefacente. A Luigi Aquilano sarebbero finiti pure i soldi provento dei delitti dell’associazione.
Il denaro sarebbe stato distribuito dallo stesso Aquilano fra gli associati, provvedendo anche al sostentamento dei detenuti e al pagamento delle spese legali. Salvatore Comerci, anche lui genero del boss Antonio Mancuso per aver sposato altra figlia, era accusato di aver coadiuvato il cognato Luigi Aquilano nel comando dell’associazione mafiosa e nel traffico di sostanze stupefacenti. Nicola La Valle sarebbe stato, invece, uomo di “massima fiducia” di Luigi Aquilano.