Stefanaconi, l’ex sindaco Solano presenta ricorso contro lo scioglimento: «Il Comune sì e la Provincia no, perché?»
La lunga e articolata istanza al Tar rimarca una presunta incongruenza per il diverso destino toccato all’Amministrazione provinciale che il primo cittadino presiedeva. Negati i condizionamenti della criminalità organizzata: «Provvedimento basato solo su un pregiudizio geografico»
Mancanza di «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso». È questo l’architrave sul quale poggia il ricorso al Tar contro lo scioglimento del Comune di Stefanaconi, da parte dell’ex sindaco Salvatore Solano e degli ex consiglieri comunali Francesco Chiarella, Domenico Pondaco, Domenico Barbalaco, Fortunato Cugliari, Emanuele Franzè, Francesca Isaia e Alessandra Policaro, tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Oreste Morcavallo.
Nelle premesse di diritto del ricorso, si sottolinea che, per la legittima applicazione dell’articolo 143 del Tuoel, quello che prevede l’extrema ratio dello scioglimento del Consiglio comunale, non basta «un semplice collegamento con la criminalità organizzata, ma è necessario che i collegamenti siano “concreti”, cioè non frutto di mere supposizioni o di congetture o di probabilità, ma di eventi realmente verificatisi; “univoci”, cioè concordi e non ambigui nella esternazione di legami e rapporti con la criminalità organizzata; “rilevanti”, e dunque non limitati a singole, modeste e sporadiche occasioni, ma rinvenibili in atti e procedure rilevanti per contenuto economico e amministrativo».
Il ricorso continua rimarcando con forte rammarico la lacunosità tecnica della relazione prefettizia, in base alla quale è stato adottato il provvedimento di scioglimento: «Il documento è stato oscurato nella sua totalità, non essendo rese conoscibili neppure le conclusioni prefettizie, senza che di tale necessità sia stata fornita alcuna motivazione». Di qui l’esigenza, «al fine di tutelare il diritto di difesa del ricorrente, che venga disposta l’esibizione della relazione prefettizia, onde accertare se la proposta ministeriale si sia discostata dalle conclusioni contenute nella relazione prefettizia, eventualmente travisandone le risultanze».
Insomma, quasi una sorta di ricorso al buio, sulla base dei pochi dati in possesso dei ricorrenti. Abbastanza comunque per intravedere, a loro parere, «un intento punitivo, in quanto il provvedimento di scioglimento viene proposto in considerazione della collocazione geografica del Comune di Stefanaconi nella provincia di Vibo Valentia, in cui sono emerse forme di criminalità organizzata di stampo mafioso». Presenza che, con riferimento al Comune di Stefanaconi, «si riferisce ad un contesto storico assai risalente nel tempo, come reso evidente dal riferimento allo scioglimento conseguitone nel 1992 ed alla Gestione commissariale perdurata sino al 1994, seguita dall’amministrazione Carullo dal 1994 al 2002. Dal 2002 in poi il Ministro nulla invece riferisce, asserendo ma non dimostrando l’attualità delle interferenze della criminalità riguardo alla figura dell’attuale sindaco, alla guida del comune sin dal 2017». «Neppure viene ravvisata o denunciata – insiste il ricorso – la presenza di cosche nel territorio comunale, non sussistendo alcun collegamento dell’amministrazione con qualsivoglia operazione di polizia per reati di mafia interessanti il territorio comunale».
«L’insussistenza dei presupposti per lo scioglimento degli organi comunali – si legge ancora – appare evidente anche sotto diverso profilo, laddove si rilevi che l’unico circostanziato, ma inveritiero, addebito mosso al Solano riguarda l’ipotesi del reato di scambio elettorale politico mafioso, da cui è stato assolto (condannato a un anno e 50 euro di multa per corruzione elettorale, in giudizio cadde l’aggravante mafiosa, ndr), per aver accettato la promessa di ricevere voti utili alle elezioni provinciali (…). La contestazione non spiega perché la misura dissolutoria sia stata adottata nei confronti del Comune di Stefanaconi e non della Provincia di Vibo Valentia, sebbene i fatti contestati si riferiscano alla sola amministrazione provinciale».
E ancora: «La proposta del ministero appare infatti quasi unicamente incentrata sul rapporto parentale e di vicinanza del ricorrente, Sindaco del Comune di Stefanaconi sin dal 2017 e riconfermato all’esito delle elezioni del 12 giugno 2022, con due imprenditori ritenuti affiliati alla locale di `ndrangheta di Piscopio». Premessa che serve a mettere a fuoco il successivo passaggio: «È lo stesso Ministro a riferire che gli amministratori eletti tra gli anni dal 1994 al 2002, succeduti al periodo commissariale, sono stati vittima di ripetuti atti intimidatori. Ed allora lo stesso Ministro avrebbe dovuto riconoscere che l’amministrazione succeduta alla prima gestione commissariale (1992-1994) non è stata in alcun modo connivente o condizionata dalla criminalità locale. Ebbene, l’amministrazione cui si riferisce il Ministero era guidata dal Sindaco Elisabetta Carullo, cugina di primo grado del Sindaco Solano. Erano poi vittima di minacce e attentati, oltre al sindaco Carullo, gli amministratori comunali», tra cui anche alcuni degli attuali ricorrenti come, Fortunato Cugliari, e i suoi familiari, «nonché il ricorrente Francesco Chiarella, consigliere comunale dell’amministrazione Solano ed ex amministratore della Giunta Carullo». All’epoca, si sottolinea nel ricorso, vittime di atti intimidatori furono anche «i genitori del Sindaco Solano: D’Amico Rosa e Solano Nicola».
«Non si vede perché – argomenta l’avvocato nel ricorso – debba essere valorizzato un rapporto di parentela del ricorrente con un imprenditore “ritenuto” affiliato alla locale cosca e non invece altro eguale rapporto con un sindaco apprezzato dallo stesso Prefetto per l’operato amministrativo ritenuto immune da qualsivoglia critica».