L’evento di Libera a Vibo, il magistrato Salvatore Dolce (Dna): «Il 416 bis non funziona più, la mafia oggi è collusione»
Nel primo giorno dell’appuntamento nazionale organizzato nella Scuola di polizia tanti spunti di riflessione. Ma colpivano i vuoti in platea. Sciarrone (Università di Torino): «Pochi rappresentanti istituzionali»
«Com’è possibile che una Asp venga sciolta nuovamente dopo 14 anni?». È uno degli indici dello stato delle amministrazioni pubbliche. Ma è anche uno degli interrogativi che si pone Rocco Sciarrone, sociologo e docente all’università di Torino. Nel corso del panel “La Calabria, le Calabrie. Con un piede nel passato, il cuore nel presente e lo sguardo dritto al futuro”, all’interno della tre giorni “Contromafiecorruzione” organizzata a Vibo da Libera, le amministrazioni pubbliche non hanno brillato nelle parole dei relatori. Giuseppe Pulicanò, vicesindaco di Polistena e coordinatore regionale di Avviso Pubblico ha tracciato un quadro severo: su quasi 400 scioglienti di enti pubblici per mafia, oltre 300 sono avvenuti in Calabria. E anche se la presenza delle mafie si attesti ormai anche fuori dai confini delle regioni meridionali, il dato è che il 96 percento dei Comuni sciolti per infiltrazioni si trova nelle quattro regioni del Mezzogiorno. «Le mafie – ha detto Pulicanò – sono capaci di inserirsi nel processo di politico di formazione delle liste per le elezioni e molte infiltrazioni avvengono nei piccoli Comuni, quelli con meno di 20mila abitanti». Non è un caso che uno degli obbiettivi di Avviso Pubblico sia quello di rendere pubbliche le relazioni delle commissioni di accesso, perché i cittadini prendano contezza e coscienza di quello che avviene nei loro territori.
Certo, accanto ai collusi, l’altra faccia della medaglia è quella degli amministratori intimiditi.
Dolce: «Riscrivere l’articolo 416 bis»
Restando sul tema della ‘ndrangheta che inquina il tessuto politico (e quello economico) il magistrato della Direzione nazionale antimafia Salvatore Dolce ha affermato che bisognerebbe «riscrivere l’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr), una norma nata 50 anni dopo la nascita del codice penale». La ragione? «Le mafie – spiega Dolce – hanno oggi abbandonato il metodo violento e abbracciato quello collusivo».
Anche secondo il magistrato vi è poca attenzione al fenomeno mafioso. Basti pensare che «la Procura di Catanzaro dal 1992 fino a quando non è arrivato Nicola Gratteri ha avuto solo sei magistrati in Dda. Io sono stato da solo su Crotone per dieci anni».
In tempi più recenti è emerso dal progetto Capturing Calabria, spiegato dal docente dell’università di Pisa Alberto Vannucci, il fenomeno della cattura dello Stato da parte delle organizzazioni mafiose. La capacità di piegare la volontà dell’attore pubblico, i Comuni in particolare, ai desiderata della criminalità. Non è un caso che una delle ricette vincenti per sconfiggere la mafia sia quella di far funzionare bene la Pubblica Amministrazione.
«La ‘ndrangheta non è una priorità politica di questa regione»
Eppure, nonostante i numeri e le indagini, è opinione del professore Sciarrone che la ‘ndrangheta venga più studiata all’estero che non in Calabria. «La ‘ndrangheta non pare essere una priorità politica di questa regione», affonda il professore in riferimento alla platea dell’evento, povera di rappresentati istituzionali.
Il docente pone una serie di quesiti ancora irrisolti sul fenomeno della ‘ndrangheta. Primo tra tutti: perché è stata così tanto sottovalutata negli anni passati tanto da permetterle di crescere a livello globale? «Incapacità? Incompetenza? Collusione? Calcolo?», si chiede Sciarrone che è convinto che oggi la disattenzione nei confronti della ‘ndrangheta prosegua sotto altra veste.
«L’attenzione mediatica è alta ma vi è poca attenzione analitica, poco ricerca e poca analisi».
Gli interrogativi si moltiplicano: in Calabria il fenomeno mafioso non è diffuso ovunque allo stesso modo e anche questo fenomeno andrebbe meglio approfondito. Come andrebbero meglio analizzate le varie forme di ndrangheta che esistono. E, allo stesso tempo, andrebbe verificato il carattere familistico, da sempre attribuito alla ‘ndrangheta, che avrebbe forgiato il mito dell’invincibilità del fenomeno.
«Io non nego il carattere familistico – dice Sciarrone – ma non vi è ricerca».
«La Calabria è di chi ci è nato, dei ragazzi e non della ‘ndrangheta»
Una cosa è certa ed emerge dalle parole di Lorena Di Galante, vicedirettore operativo della Direzione investigativo antimafia: «La ‘ndrangheta ha capito l’efficacia del sistema delle holding per inquinare il sistema economico. Si sostituisce all’imprenditore onesto che soccombe, prende il controllo delle attività commerciali».
Importante è capire che la Calabria «è di chi ci è nato, dei ragazzi e non della ‘ndrangheta».
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